Attualità

Fiat resta in Italia. Ma come?

 

 

La Fiat resta in Italia, ma gli investimenti sono rinviati al 2014, quando è prevista la ripresa del mercato europeo dell’auto; di conseguenza ci saranno altri due anni di cassa integrazione o contratti di solidarietà (60 per cento del salario-base, senza le indennità); a Mirafiori significa toccare gli otto anni di cassa, un record assoluto nella storia della Fabbrica italiana automobili Torino, un onere pesante per i 5 mila dipendenti e per l’indotto.

Ilva: troppe responsabilità

 

Quello che sta succedendo all’Ilva di Taranto è la storia di irresponsabilità collettive, da sempre tollerate, che ora rischiano di scaricarsi sull’ultimo anello della catena, ossia i dipendenti del siderurgico, i quali potrebbero rischiare anche il posto di lavoro. L’evenienza è da tutti scongiurata, se non si corre in fretta ai ripari. La preoccupazione in città è grande e alimenta un clima di tensione. Persino l’arcivescovo, mons. Filippo Santoro, aveva invocato «senso di responsabilità nella direzione del bene comune perché sarebbe irreparabile un’improvvisa disoccupazione di massa».

Segnali di ripresa. Come realizzarli

 

Nell’imminenza della ripresa dei lavori parlamentari e nella prospettiva della non lontana chiusura della legislatura s’è avuto qualche accenno d’ottimismo, sia pure temperato da una giusta prudenza: al Meeting di Rimini, nei giorni scorsi, il presidente del Consiglio ha detto di cominciare a vedere segnali di ripresa, mentre il ministro Fornero ha asserito che il governo ha rimesso il Paese su una buona strada per cui tocca agli imprenditori sposare il cammino della crescita attraverso gli investimenti.

Fiat: più Detroit, meno Torino

Il segretario dei metalmeccanici Cisl, Chiarle, ha sempre sostenuto, contro la Fiom-Cgil, la linea degli accordi separati con la Fiat, con l’obiettivo di favorire il progetto Fabbrica Italia. Oggi, con molta determinazione, ha contestato Sergio Marchionne per due ragioni: per la dichiarazione dell’ad Fiat sulle eccedenze produttive («in Italia c’è una fabbrica di troppo») e per il blocco temporaneo delle nuove linee produttive a Mirafiori.

Markel ha perso ma non rinuncia

Angela Merkel sta per festeggiare il settimo anno alla Cancelleria, e mostra qualche segno di stanchezza, scrivono i giornali tedeschi. In Germania non si attendevano che «Madame Non», il soprannome che si è conquistato ai vertici internazionali, si mostrasse così arrendevole nei confronti dei “peccatori dell’euro”, il nostro Monti, lo spagnolo Rajoy e il francese Hollande.

La Spagna sta pagando un'edilizia eccessiva

 

«La Spagna, come si sa, vive una gravissima crisi economica. Il nostro sistema creditizio si è inceppato, i conti pubblici si sono deteriorati, la disoccupazione è cresciuta a livelli insostenibili. Per di più, tra la gente comincia a farsi strada, e forse è anche inevitabile che ciò accada, una sfiducia generalizzata sulle prospettive future, terreno fertile per quei germi dell’antipolitica e del populismo, sempre pronti a farsi avanti nei momenti di crisi».

Papà separato, dormo in auto

Stefano, 50 anni, libero professionista. «Avevo un buon lavoro che garantiva a me e alla mia famiglia una vita dignitosa. Poi la separazione e la caduta lenta, ma inesorabile verso il baratro. Un terzo dello stipendio in meno, l’affitto della nuova casa, le spese per gli anziani genitori e gli affari che cominciano a diminuire… Oggi, e mi vergogno a dirlo, non dormo mai una settimana di seguito nello stesso posto. All’inizio in albergo, poi a casa di amici, infine dai miei genitori. Ho anche toccato il fondo e trovato riparo in macchina. La verità, è difficile ammetterlo, è che appartengo alla nuova categoria di poveri: quella dei padri separati. Ho bisogno di aiuto».

Ecco perchè la crescita non ce la fa

 

Nel clima concitato di questi giorni, nei quali si dibatte sulla pretesa contrapposizione tra rigore nei conti pubblici e crescita, si rischia di non rendersi conto che questa seconda non può derivare, nell’immediato, da un semplice allentamento del primo.

Più Europa per salvare l'euro

«L’Unione europea ha un’unica strada per uscire dalla crisi che l’attanaglia: avviare la sua trasformazione in un sistema federale. L’ha detto bene il governatore Ignazio Visco nella relazione all’ultima assemblea della Banca d’Italia: l’eurozona è una realtà di 300 milioni di persone con 20 milioni di imprese. Il disavanzo annuo e il debito pubblico sono rispettivamente al 3 e al 90 per cento del Pil. Si tratta di numeri assolutamente sostenibili, soprattutto se si pensa che la ricchezza delle famiglie ammonta a tre volte il loro reddito annuo e che l’indebitamento delle imprese è pari al valore di quanto producono in un anno. Il problema, però, è che questa entità è virtuale, esiste soltanto sulla carta».

Devis e la vita nuova

 

Devis non ha l’ambizione di diventare un guru né di creare un mito intorno a sé. Eppure da un po’ di tempo i media si stanno interessando a questo ragazzo di Raveo, paesino della Carnia in provincia di Udine, che dal 2003 ha deciso di cambiare vita e di dare le sue braccia alla campagna. Della sua avventura adesso ne ha fatto un libro, «Pecoranera. Un ragazzo che ha scelto di vivere nella natura» (Marsilio, pp. 208, euro 15,50), nato su richiesta della casa editrice che ha visto nella sua esperienza un paradigma nuovo, soprattutto una vicenda vissuta intensamente, con tanto sudore e spirito di ricerca.

La spending review: i rischi e i vantaggi

 

Disoccupazione alle stelle, salari bassi e consumi ridotti al minimo. Sono drammatici i dati dell’Istat usciti nelle ultime settimane. Ad aprile il tasso dei senza lavoro è salito al 10,2 per cento, con un incremento di 2,2 punti percentuali su base annua. Ma è soprattutto la situazione dei giovani a far preoccupare. Gli ultimi dati parlano del 35,2 per cento di senza lavoro tra i 15 e i 24 anni, in aumento del 7,9 per cento su base annua.

Ma in Piemonte con la Tav e la Fiat

«In Piemonte, come in larga parte dell'Italia, le maggiori difficoltà sono quelle legate al comparto manifatturiero e ad essere più penalizzate sono le aziende che lavorano pressoché col mercato interno. Tengono meglio le imprese che si rivolgono verso l’estero, operando in mercati in espansione. A queste problematiche congiunturali si aggiungono poi alcuni nodi, per così dire, strutturali del Paese, ad esempio la carenza di investimenti dovuta anche a tassi di interesse più elevati di quelli di molti altri concorrenti».

Giuseppe Gherzi, direttore dell'Unione industriale di Torino, non nasconde le proprie inquietudini per un quadro piuttosto fosco. Nel contempo prova a guardare oltre l'attuale orizzonte di crisi, individuando nei lavori per la Tav e negli investimenti Fiat due possibili assi strategici per la ripresa.

Così si fa crescere l'economia

Negli scorsi anni, prima del fatidico autunno del 2008, si stava discutendo di etica e di economia con frequenza quasi sorprendente. Si parlava di codici etici delle imprese e persino di certificazione etica. Si rifletteva sul modo per trovare un criterio di giudizio che separasse ciò che è bene da ciò che non lo è. Nel farlo, talvolta, si sfiorava il gran tema del relativismo etico, chiedendosi se e come ci si potesse accordare sulla morale, quali che fossero culture e interessi. Si era capito, per la verità, che l’unico riferimento possibile era l’attenzione agli altri, anche se ciò talvolta finiva con l’apparire un po’ astratto e forse troppo semplice.

La Terra non ha più risorse per tutti

Siamo a debito. Lo sono molte famiglie italiane, che non riescono più ad arrivare alla fine del mese. Lo è l’intero Paese, che vede il proprio deficit pubblico aumentare nonostante (o a causa di?) una politica tutta tagli, sacrifici e lacrime.

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