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Persona, anima e donoIl lungo e faticoso cammino dell’umanità alla ricerca di valori capaci di dare regole e un senso al vivere comune nell’età contemporanea ha raggiunto, almeno nel mondo occidentale, un approdo di capitale rilevanza: la centralità dell’individuo o della persona. Grazie a tale acquisizione è diventato urgente il tema dei diritti che appartengono alla persona-individuo in quanto tale. Gran parte del dibattito filosofico e sociologico oggi gravita attorno a tale questione: che diritti ha l’uomo? Una questione di straordinaria importanza, perché, come risulta evidente, dalla risposta che verrà data discenderanno una serie di implicazioni, con riflessi significativi sulla vita dei singoli e delle comunità. Il saggio «La sacralità della persona» di Hans Joas, appena edito da Franco Angeli, fornisce in questa prospettiva un contributo su cui vale la pena soffermarsi. Sociologo e filosofo tedesco di fama mondiale, Joas insegna a Friburgo e a Chicago e si è affermato come uno dei maggiori studiosi dei diritti umani. Come annuncia il titolo del suo lavoro, la sua tesi di fondo è che la persona è sacra. Perché? Su cosa poggia tale affermazione? Constatiamo anzitutto che anche per lui, quindi, la persona-individuo è il valore di riferimento, il risultato di un lungo processo storico attorno a cui si è coagulato un ampio consenso. A questo punto, tuttavia, diventa decisivo capire come lo definiamo, di quali contenuti riempiamo questo concetto essenziale. Qui la tesi di Joas è originale e stimolante: sono i concetti di anima e di dono a connotare la persona, a renderla sacra, a costituirla nella sua essenza più profonda. Dire che la persona è sacra in quanto anima equivale ad affermare che possiede un nucleo inviolabile e indisponibile, che niente e nessuno può o deve colpire, attaccare, ferire. Dire che ogni persona è sacra in quanto dono equivale a sostenere che l’uomo non è mera fattualità, bensì relazione, rimando ad altro da sé, incluso quello a una trascendenza, come dimostra il fatto che nessuno si è dato da solo la vita. La persona, insomma, è sacra in quanto anima e dono. Prima di analizzare più a fondo la portata di questa teoria, vale la pena precisare che Joas non si muove in un ambito teologico, ma puramente speculativo. E’ cioè quel lungo e faticoso processo di evoluzione storica menzionato all’inizio che, progressivamente, fra mille ricadute e giravolte, spesso dolorose, ha finalmente imboccato questa strada, nel cui alveo emerge come sacra la persona, intesa come anima e come dono. Certo, difficilmente si sarebbe giunti a questa acquisizione senza l’avvento del cristianesimo, ma per il nostro pensatore non si tratta di assorbire semplicemente una data tradizione storica, bensì di assimilarne diverse, il cristianesimo insieme alla filosofia, alla rivoluzione francese e all’illuminismo (per citare alcune fra le più importanti tappe storiche in relazione ai diritti umani) riappropriandosene, affinché sia possibile coglierne i riverberi sul tempo presente. Tale modalità di procedere è il metodo di ricerca di Joas, definito «genealogia affermativa». Che cosa significa affermare che il processo storico confluisce sul concetto-valore di sacralità della persona-individuo, inteso come anima e dono? La portata della tesi emerge confrontandola con la visione di chi concorda nel porre come fulcro dei diritti l’individuo-persona (un dato ormai incontrovertibile, nella società occidentale), identificando però nella libertà e nella totale capacità di autodeterminazione il suo fondamento. Si fa cioè riferimento, potremmo dire, a un’idea di persona assolutamente libera, ma non sacra (nell’accezione di Joas). Con ripercussioni pesanti, ad esempio, sui temi dell’eutanasia e dell’aborto. In questa direzione si muove ad esempio, in Italia, la ricerca di Stefano Rodotà, non a caso studioso dei diritti. Se l’individuo è depositario di diritti e se egli è libero di disporre di se stesso, la scelta sulla fine della sua vita spetta solo a lui. Se invece riteniamo che, sì, la persona è titolare di diritti, ma intesa come anima e come dono, ne consegue che essa deve custodire la vita fino in fondo, in quanto dimensione indisponibile, persino a se stessa. Lo stesso ragionamento si può applicare all’aborto, alle biotecnologie e a tante questioni etiche che oggi scuotono le coscienze. Se la persona è sacra, nessuno, nemmeno i genitori, hanno la facoltà di “cancellarla” non appena essa prende forma. Se invece ciò che conta è la libera autodeterminazione, allora i genitori sono “padroni” della vita incipiente. Anche se, a ben vedere, l’autodeterminazione del soggetto più debole qui non è messa sullo stesso piano di quella del soggetto più forte. Parte della tradizione filosofica ha definito l’uomo come l’essere razionale, l’essere capace di autocoscienza. A rigore, dunque, bambini, anziani, chi soffre di determinate malattie, i portatori di certe disabilità non risultano pienamente umani. Al contrario, la visione dell’uomo costituito da anima e dono impegna a difendere ogni persona, anche se malata, ancora in formazione o in declino… La persona è sacra e inviolabile in quanto tale, a prescindere dalle sue caratteristiche. Oltre alla ragione, storicamente la razza, la religione, l’ideologia, il colore della pelle, le prestazioni fisiche e tanti altri parametri sono stati assunti come criterio discriminante per riconoscere un individuo, causando totalitarismi, persecuzioni, intolleranze, ingiustizie, umiliazioni, perché contrapponevano una categoria umana ad altre, ritenendola superiore. Ora invece sappiamo che è la persona in quanto centro inviolabile a essere sacra e degna di diritti, quindi nessuno può vantare maggiori diritti sugli altri: ogni uomo e ogni donna, in quanto tali, sono sacri e hanno “diritto ad avere diritti”. Facendo riferimento al dibattito contemporaneo, che, pur convergendo nel sostenere il primato della persona, contrappone una visione individualistica a quella espressa da Joas, il curatore del volume, Andrea Maccarini, giustamente rileva l’esistenza di un conflitto non tanto fra civiltà, bensì all’interno della nostra civiltà. A essere in gioco, perlomeno dei confini del mondo occidentale, è l’idea di uomo, con tutto ciò che comporta. Prevarrà la visione della “persona sacra”, cioè indisponibile a tutti, incluso se stesso, o quella dell’individuo padrone assoluto della sua vita? Paolo Perazzolo
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