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L'Europa che serve all'ItaliaRomano Prodi, parlando con «Avvenire», davanti alla tragedia degli affondamenti dei barconi carichi di uomini, donne, bambini destinati a morire nel Mediterraneo mentre si illudevano di sbarcare nel nostro Sud e di potere poi trovare come rifugiati una vita nuova e vera nel resto d’Europa, ha detto una frase che merita di essere citata, alla vigilia del voto per il Parlamento europeo: «In un’Europa della solidarietà, quale noi vogliamo, un problema del Nord o del Sud deve diventare un problema per tutta l’Europa. La gente non emigra per sfizio, ma per disperazione. Non per nulla una nuova ondata di immigrati arriva da Paesi come la Siria, dove non c’è da mangiare. Lì ci vuole davvero una politica europea: accordi con i Paesi africani per aiutare un’immigrazione guidata, selettiva, ordinata e per fare una vera lotta ai trafficanti di uomini. Vorrei però anche dire che se fossimo fuori dall’Europa i profughi a Lampedusa arriverebbero lo stesso». Ecco, il punto dolente è proprio quest’ultimo. Domenica 25 maggio si vota per il rinnovo del Parlamento di Strasburgo ed è diffuso fra i commentatori politici italiani ed europei un timore assoluto: che i partiti più chiaramente anticomunitari ottengano almeno un terzo dei parlamentari, o anche di più, e che diventi ancora più forte di quanto non sia ora la tendenza a preparare la fine della moneta unica, o perlomeno il suo abbandono da parte di alcuni Paesi, fra i quali potrebbe esserci, grazie a Beppe Grillo e alla Lega, anche l’Italia. In quella medesima intervista al quotidiano della Cei l’ex premier e soprattutto ex commissario europeo e ora ricercatore internazionale della situazione africana Romano Prodi, così ha risposto alla domanda «cosa succederebbe all’Italia se uscisse dall’euro?»: «Inflazione alle stelle, fuga dalle banche con ritiro dei risparmi, crack bancario, altissimi tassi di interesse, il nostro debito pubblico che fa default, perché con questi nostri interessi non si riuscirebbe a pagare i debiti che vanno pagati in euro. Il risultato immediato è uno shock, una tragedia. E nel medio e lungo periodo la perdita della gara con gli altri». E ha aggiunto: «Ho sostenuto la necessità di entrare nell’euro perché da anni l’Italia si avvitava in una spirale perversa di deficit, inflazione, caduta qualitativa della nostra produzione. (…) Non potevamo certo continuare a essere produttori di scarpe a basso costo o di abbigliamento standard». All’interno di questo numero i lettori trovano la prima puntata di una coppia di articoli dedicati al medesimo argomento, perché domenica prossima non si avveri il timore di tanti: che vincano Grillo e la Lega, accanto a un forte astensionismo dalle urne elettorali, in modo che possa risultarne una conferma evidente all’anti-euro. Non ci mancherebbe altro, a un’Italia che la scorsa volta abbiamo definito «da brivido»: e ancora non si erano scoperti i traffici corrotti intorno all’Expo 2015 di Milano (a cui dedichiamo questa volta la seconda e la terza pagina). In sintesi: un’Italia in lite con Bruxelles per coordinare meglio le immigrazioni dei richiedenti asilo politico ed evitare il proseguimento dello scandalo disumano denunciato da Renzi: «L’Europa ci lascia soli. Non può salvare gli Stati, le banche e poi lasciare morire le madri con i bambini». L’Esposizione mondiale di Milano non può naufragare nel disprezzo internazionale della nostra corruzione infinita, che sta addirittura cercando di mistificarsi paragonandosi al lobbysmo parlamentare degli Stati Uniti. L’euro a rischio di sparire e di essere sostituito dal ritorno di una lira dallo spread più disastroso di quello alla fine dell’ultimo governo Berlusconi. E tutto grazie a un comico che prenderebbe in maggioranza soprattutto i voti dei sottoquarantenni: guarda caso, proprio quelli fra i quali quasi uno su due è senza lavoro stabile. E Grillo o la Lega, una volta fuori dall’euro, non potrebbero farci assolutamente nulla per aiutarli a trovarne uno. Beppe Del Colle
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