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L'utopia della bellezzaPer scoprire il nuovo e cogliere l’essenza della modernità bisogna recuperare i modelli della tradizione. E’ questa una regola che sta alla base non solo del postmoderno, ma dell’intera evoluzione storica dell’arte e della letteratura. Il movimento artistico che meglio ha interpretato questo fenomeno è quello dei preraffaelliti, oggetto di una splendida mostra aperta a Torino nelle sale di Palazzo Chiablese dal 19 aprile al 13 luglio. Il sottotitolo, «l’utopia della bellezza», è il filo rosso che orienta il visitatore sul senso di questa pittura. Grazie a un allestimento sobrio e funzionale, si possono ammirare, per la prima volta in Italia, settanta quadri provenienti dalla Tate Gallery di Londra e ora approdati a Torino, tappa conclusiva di un tour che ha portato i pittori vittoriani da Washington a Mosca a Tokyo, con un successo strepitoso concretizzato in un milione di visitatori. La Confraternita dei Preraffaelliti nasce nel 1848 a Londra e ha come nume tutelare il critico d’arte John Ruskin. I suoi esponenti sono Dante Gabriel Rossetti, figlio di un esule garibaldino, John Everett Millais e William Holman Hunt, a cui si aggiunsero più tardi Edward Burne-Jones, Ford Madox Brown e altri. Questi pittori, pur diversi tra loro, erano accomunati dall’insofferenza per il progresso tecnologico e l’alienante società industriale e vagheggiavano un ritorno al Medioevo, al simbolismo, al sogno, al misticismo e al naturalismo dei pittori primitivi quattrocenteschi, dal Beato Angelico a Botticelli. Sotto l’influenza del pensiero di Ruskin, che auspicava il ritorno ai metodi di produzione artigianale delle corporazioni medioevali e combatteva l’uso recente della riproduzione in serie, nasce nel 1888 il movimento Arts and Craft di William Morris, che influenzerà la nascita del Modern Style e la diffusione del simbolismo di Crane e Beardsley. Morris, artista eclettico, presente in questa mostra con uno dei suoi rari quadri di sicura attribuzione, dove è evidente l’inclinazione per lo stile medievaleggiante e una visione estetica sublime del femminile, «La bella Isotta» (1858), o «La regina Ginevra», titolo che aveva, se non ricordo male, nelle sale della Tate Gallery, si dedicò alle arti applicate, mobili, tappezzerie, suppellettili, stoffe d’arredamento, vetrate dove predomina l’arabesco floreale, raffinate edizioni di libri illustrati. Scrisse anche un interessante romanzo utopistico, «Notizie da nessun luogo» (1891), e una storia fantasy ispirata alla mitologia nordica che influenzerà Tolkien, «La storia della Pianura Seducente» (1893). Il percorso è articolato in sette nuclei tematici: la Storia, la Religione, il Paesaggio, la Vita moderna, la Poesia, la Bellezza, il Simbolismo. Sono evidenti i modelli letterari che stanno alla base dei personaggi e delle storie raccontate nei dipinti: il Medioevo goticizzante, le storie arturiane dei cavalieri della Tavola rotonda, Dante, Chaucer, Shakespeare, la Bibbia, il romanzo nero e la ghost story, come ne «La casa infestata dai fantasmi» (1849) di Hunt. Anche in un quadro poco preraffaellita come «La stanza dove nacque Shakespeare» (1853) di Henry Wallis, dove libri, fogli, carte sono disseminati sulle sedie e sugli scaffali della biblioteca, sono evidenti le tecniche della miniatura impiegate nei manoscritti medievali. Entrando nella prima sala, sulla destra, campeggia «Ofelia» (1852) di Millais, il quadro-icona della mostra, manifesto dell’estetismo decadente. Una sinfonia di tonalità di verde accoglie il corpo supino della fidanzata di Amleto, con le mani aperte e sollevate, il volto di una bellezza estenuata, annegata nell’acqua di uno stagno in mezzo all’indifferente trionfo della natura. Il modello di Ofelia è Elisabeth Siddall, musa e ispiratrice della pittura di Rossetti, sua amante e poi moglie, lei stessa pittrice, di cui sono esposti due acquerelli. Elisabeth, dai fluenti capelli rossi, commessa in un negozio di cappelli, morirà suicida nel 1862, a trentadue anni, per aver ingerito una dose eccessiva di laudano. L’audio-guida, però, spiega che Lizzie, com’era chiamata familiarmente, costretta a posare immersa a lungo in una vasca piena d’acqua, si sarebbe presa una brutta polmonite le cui conseguenze l’avrebbero portata a una fine prematura. Dopo la morte di Elisabeth Siddall, Rossetti amò varie donne, poi fu stregato da Jane Burden, la bellissima bruna moglie di Morris che gli ispirerà «Proserpina» (1874), uno dei quadri più affascinanti della mostra. Le pieghe blu dell’abito e i capelli corvini che le coprono la fronte fanno risaltare il bianco levigato del volto. Le donne di Rossetti, come quelle di Burne-Jones, sono figure androgine che anticipano Virginia e Vanessa Woolf del gruppo di Bloomsbury, donne fatali e conturbanti, con lunghe chiome, profili angolosi e labbra sensuali, e incarnano il fascino magnetico e distruttivo della belle dame sans merci, descritta con sapienza ineguagliabile da Mario Praz nelle pagine del suo saggio «La carne, la morte e il diavolo». «Beata Beatrix» (1870), a cui Rossetti lavorò per sette anni, è un inno al misticismo dell’amore attraverso la figura della moglie scomparsa e nasce dalla passione per Dante, di cui tradusse la «Vita nova», dove protagonista è appunto Beatrice. Al fascino della mostra contribuisce un allestimento perfetto, per asciuttezza e precisione, con le pareti delle sale intonate nel colore agli oli ed acquerelli esposti. Dal punto di vista tecnico, i preraffaelliti preparavano la tela con un fondo bianco per mettere in evidenza il cromatismo delle figure. Usavano colori puri, non mescolati, brillanti, levigati e nitidi come quelli dei pittori fiamminghi, a cui guardavano sia per il tratteggio del paesaggio sia per il gusto del dettaglio. Un merito non secondario, che va loro attribuito a pieno titolo, è quello di aver anticipato una tendenza del gusto, un rinnovamento di stile e di temi che saranno poi tipici del simbolismo, del liberty e del decadentismo, da Moreau e Odilon Redon, da Beardsley a Klimt. «Preraffaelliti. L’utopia della bellezza». Orari: lunedì 14,30-19,30; martedì, mercoledì, domenica 9,30-19,30; giovedì, venerdì, sabato 9,30-22,30. Prezzo biglietto con audio guida gratuita € 13, ridotto € 11.
Massimo Romano
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