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Angelo e Karol sugli altariLunedì 8 ottobre 1962 mancano tre giorni all’apertura del Concilio. L’anticamera è affollata di cardinali e vescovi in attesa di incontrare papa Giovanni. Passa il segretario di Stato cardinale Amleto Cicognani. Passa il cardinale Antonio Caggiano, arcivescovo di Buenos Aires. Passa l’arcivescovo Gino Paro, presidente della Pontificia accademia ecclesiastica. Passa l’arcivescovo Egidio Vagnozzi delegato apostolico negli Stati Uniti. Poi è la volta, annota Roncalli sul diario, di una «importante e cara udienza al cardinale Stefan Wyszynski, arcivescovo di Varsavia. Prima solo e poi con i vescovi polacchi, nobile stuolo di prelati distinti che circondai di ogni più cortese cordialità». Il più giovane è Karol Wojtyla. Fu il loro primo e unico incontro: il polacco ha 42 anni; il bergamasco di anni ne ha quasi 81. Nove mesi dopo, il 3 giugno 1963, Papa Giovanni muore. Sedici anni e 8 giorni dopo, il 16 ottobre 1978, il polacco sale sul Soglio di Pietro, e succede a Giovanni XXIII, Paolo VI e Giovanni Paolo I. Giovanni Paolo II il 3 settembre 2000 proclama beato il predecessore, dopo averne visitato la casa natale a Sotto il Monte (Bergamo) nel 1981, come il giovane don Angelo aveva visitato Cracovia nel 1912. Benedetto XVI il 1° maggio 2011 proclama beato Giovanni Paolo II. Il 27 aprile, II domenica di Pasqua della «Misericordia Divina», papa Francesco, con una celebrazione più unica che rara, proclamerà santi Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II. Nella percezione popolare ognuno ha una caratteristica: Giovanni XXIII è il Papa della bontà; Paolo VI il Papa della riflessione; Giovanni Paolo I il Papa del sorriso; Giovanni Paolo II il Papa del dialogo con ogni uomo; Benedetto XVI il Papa della Parola di Dio; Francesco il Papa della misericordia e della tenerezza. Papi uniti dal grande «sogno» del Concilio. La sera dell’apertura, 11 ottobre 1962, dopo il famoso «discorso della Luna», papa Giovanni confida ai collaboratori e al segretario Loris Francesco Capovilla: «Non mi aspettavo tanto. Mi bastava averlo annunciato il Concilio. Invece Dio mi ha permesso di avviarlo. Grazie a Lui, grazie a tutti. Basta. Buona notte. Leggetevi l’”Imitazione di Cristo”, libro terzo, capitolo quinto, numero quattro». Capovilla corre ad aprire l’«Imitazione» e legge: «Chi possiede l'amore, corre, vola, pieno di gioia, libero da ogni impaccio. Egli dà tutto in compenso del Tutto che possiede perché il suo cuore riposa nell'Essere sommo». In sapiente equilibrio fra tradizione e sensibilità ai problemi contemporanei, Giovanni avverte fortissima la paternità spirituale, cerca sempre «ciò che unisce di ciò che divide», attua il motto episcopale Oboedientia et pax, mutuato dal grande vescovo-pastore san Carlo Borromeo. Resta un’icona di speranza per tutti. La festa liturgica dei due santi pontefici sarà a ottobre. L’11 per papa Giovanni, a ricordo dell’inaugurazione del Concilio. Il 22 per Giovanni Paolo II perché in quel giorno nel 1978 iniziò il servizio di vescovo di Roma e di pastore della Chiesa universale. «Non abbiate paura! Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo!». In quelle parole sta il segreto della sua vita e del suo pontificato. Benedetto XVI ha stabilito che la festa fosse il 22 ottobre. Disse ancora in quella ispirata omelia: «Non abbiate paura di accogliere Cristo e di accettare la sua potestà. Aiutate il Papa e tutti quanti vogliono servire Cristo e, con la potestà di Cristo, servire l’uomo e l’umanità intera. Alla sua salvatrice potestà aprite i confini degli Stati, i sistemi economici come quelli politici, i vasti campi di cultura, di civiltà, di sviluppo. Cristo sa cosa è dentro l’uomo, nel profondo dell’animo e del cuore. L’uomo è invaso dal dubbio che si tramuta in disperazione. Vi imploro con umiltà e fiducia: permettete a Cristo di parlare all’uomo. Solo lui ha parole di vita eterna». Il segreto di Wojtyla? Una fede che smuove le montagne e una paternità che abbraccia il mondo. Visse il profondo rapporto con Dio, la passione per il Vangelo e per l’uomo, il ripudio delle ideologie, lo slancio missionario. Lo dice con chiarezza il suo successore Benedetto XVI emerito in un’intervista scritta nel volume «Accanto a Giovanni Paolo II» (Ares): «Ho cercato di portare avanti la sua eredità. Compresi che era un santo negli anni della collaborazione con lui». Pio XII il 4 luglio 1958 nomina Wojtyla, 38 anni, vescovo ausiliare di Cracovia e, morto l’arcivescovo Eugeniusz Baziak, è eletto vicario capitolare. Paolo VI il 13 gennaio 1964 lo nomina arcivescovo di Cracovia e il 26 giugno 1967 lo crea cardinale, con Michele Pellegrino, arcivescovo di Torino. Dieci anni dopo, il 24 marzo 1977, Paolo VI nomina il professore di teologia Joseph Ratzinger arcivescovo di Monaco e il 27 giugno cardinale. Giovanni Paolo II nel 1980 sceglie Ratzinger come relatore al Sinodo dei vescovi «I compiti della famiglia cristiana nel mondo contemporaneo» e il 25 novembre 1981 lo chiama a Roma come prefetto della Congregazione per la dottrina della fede: resta 24 anni, un record. Non c’è da stupire se il Papa emerito sia un testimone-chiave della santità wojtyliana: «Aveva un intenso rapporto con Dio, viveva immerso nella comunione con il Signore. Da qui veniva la sua letizia e il suo coraggio. Non chiedeva applausi, né si è mai preoccupato di come le sue decisioni venivano accolte e giudicate. Ha agito sempre in base alla sua fede e alle sue convinzioni. Il coraggio della verità è per me il criterio di prim’ordine della santità. Il suo impegno fu instancabile nei grandi viaggi e giorno dopo giorno, dalla Messa del mattino sino a tarda notte. Spesso avrebbe avuto motivi per biasimarmi o per porre fine al mio incarico di prefetto, e invece mi sostenne con fedeltà e bontà. Ho provato sempre grande venerazione e simpatia per lui. Nel preconclave del 1978 analizzò in modo stupefacente la natura del marxismo. Ma quello che mi ha sempre impressionato era come pregava». Pier Giuseppe Accornero
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