Il trionfo di Pasqua col mondo

Dalla Quaresima, che col Messaggio di papa Francesco ha rivelato Dio all’uomo non «attraverso la ricchezza, ma attraverso la povertà di Cristo», povertà che non è «miseria, né pietismo filantropico, né elemosina, ma amore», amore di Dio per l’uomo, i credenti sono pervenuti alla luce, al trionfo e agli osanna delle Palme, alla gloria della Resurrezione, passando per gli eventi dolorosi dell’arresto di Gesù nell’orto degli ulivi, il tradimento di Giuda, le negazioni di Pietro, il processo-farsa da Erode e Pilato, la salita al Calvario e la crocifissione. 

Pasqua, cuore della fede cristiana. Una settimana Urbi et orbi. Anzi due settimane. La città e il mondo. Roma è il mondo. Il mondo è Roma. Centomila fedeli in piazza San Pietro la domenica delle Palme a sentire il drammatico racconto evangelico della Passio, la Passione dell’Uomo-Dio e a interrogarsi, insieme a Francesco, «Chi sono io?».

Papa Francesco fa questo esame di coscienza con dolore, quasi prostrato, lentamente. Non ha davanti un testo scritto. Le parole escono dal profondo dell’animo. Colpiscono la grande folla che in silenzio s’interroga con lui. «Sono come Giuda o Pilato, o come Maria, o il Cireneo, che pur stremato di fatica aiuta Gesù a portare la Croce, o le donne che rimasero con Gesù fino alla sua morte?». E «A quale di queste persone io rassomiglio?». Una domanda che è una fitta nelle viscere.

Papa Francesco sembra stanco. La folla è muta e compenetrata. Non è stanchezza. Lo si vedrà dopo, quando s’immerge in mezzo ai giovani. È dolore, è compartecipazione. La folla è muta con i rami delle palme e degli ulivi in mano, strette al petto. Papa Francesco alle 9.30 è tra la folla seduto in silenzio sulla giardinetta scoperta, senza il solito sorriso allegro, il manto rosso sulle spalle, significato e simbolo della gravità della celebrazione.

«Chi sono io? Chi sono io, davanti al mio Signore? Chi sono io, davanti a Gesù che entra di festa in Gerusalemme? Sono capace di esprimere la mia gioia, di lodarlo? O prendo distanza? Chi sono io, davanti a Gesù che soffre?». Scende dalla jeep, si appoggia al pastorale che è di legno d’ulivo ed è stato intagliato per lui dai detenuti del carcere di Sanremo. Così come dalla Liguria e dalla Puglia vengono i rami di palme e di ulivo nelle mani dei centomila, insieme al libretto della Messa a rivivere il trionfale ingresso di Gesù a Gerusalemme e passo passo il cammino verso l’iniquo processo e la Crocifissione. È una tavolozza di colori per tutta la piazza, con il rosso dei cardinali e dei vescovi. Francesco incalza. Sono come quel «gruppo di dirigenti, sacerdoti, farisei, maestri della legge, che avevano deciso di ucciderlo» o come Giuda che lo vende per 30 monete?

«Sono io come Giuda?», o sono come i discepoli? «I discepoli che non capivano niente.  Si addormentavano mentre il Signore soffriva. La mia vita è addormentata?  Sono io come Giuda, che fa finta di amare e bacia il Maestro per consegnarlo, per tradirlo? Sono io, traditore? Sono io come quei dirigenti che di fretta fanno il tribunale e cercano falsi testimoni: sono io come loro?».

E ancora: «Sono io come Pilato, che quando vedo che la situazione è difficile mi lavo le mani e non so assumere la mia responsabilità e lascio condannare, o condanno io, le persone?». O sono come quelli del popolo che si fanno beffe di Gesù? «Sono io come quella folla che non sapeva bene se era in una riunione religiosa, in un giudizio o in un circo, e sceglie Barabba? Per loro è lo stesso: era più divertente, per umiliare Gesù. Sono io come i soldati che colpiscono il Signore, sputano addosso a Lui, lo insultano, si divertono con l’umiliazione del Signore?». Sono domande strazianti che chiedono risposta. Da meditare per tutta la Settimana Santa.

La Comunione distribuita nella piazza da centinaia di sacerdoti e poi l’Angelus che conclude la celebrazione. Francesco si immerge tra i giovani, prima quelli brasiliani, i protagonisti della Gmg della scorsa estate, e poi tra i polacchi che celebreranno la prossima a Cracovia. È festa, è entusiasmo. Francesco ritrova il sorriso, la gioia. Si fa travolgere. Francesco ricorda Giovanni Paolo II, Karol Wojtyla, che fra due domeniche proclamerà santo, insieme a Giovanni XXIII. Wojtyla, il Papa dei giovani, l’inventore della Gmg, le Giornate della gioventù, di cui ora per decisione di Francesco diventa il Patrono.

E ai giovani il Papa annuncia il viaggio in Corea: «Ho la gioia di annunciare che, a Dio piacendo, il 15 agosto prossimo, a Daejon, nella Repubblica di Corea, incontrerò i giovani dell'Asia nel loro grande raduno continentale». Un’iniziativa straordinaria, un avvicinamento all’Asia, alla Cina, dove i cattolici soffrono. In tutto questo entusiasmo, non dimentica Francesco i malati, che passa a salutare e abbracciare, così come bacia i bambini, prolunga il suo giro sulla piazza, fin oltre i confini dello Stato della Città del Vaticano. Un giro della jeep bianca più lungo del solito.

La Settimana Santa la vive tutta. Giovedì Santo la celebrazione dell’istituzione dell’eucaristia e nel pomeriggio la celebra con i disabili e per i disabili. Papa Francesco lava i piedi a dodici di loro. Tutti ricordano che l’anno scorso, solo quindici giorni dopo l’elezione, Francesco sorprese il mondo annullando la solenne celebrazione della messa dell’Ultima Cena nella cattedrale di Roma, la Basilica di San Giovanni in Laterano, per andare a lavare i piedi a dodici giovani detenuti, tra cui due ragazze una delle quali musulmana, nel carcere minorile di Casal del Marmo.

Quest’anno Francesco ha deciso di rivivere l’Ultima Cena di Gesù con i disabili della «Fondazione Don Carlo Gnocchi - Centro Santa Maria della Provvidenza», nella zona Casalotti-Boccea di Roma. «È mio dovere», disse un anno fa il Papa ai giovani detenuti di Casal del Marmo, «come prete e come vescovo essere al vostro servizio. Ma è un dovere che mi viene dal cuore: lo amo. Amo questo e amo farlo perché il Signore così mi ha insegnato». I disabili sono «il mio passaporto per il paradiso». Venerdì Santo, giorno senza eucaristia, è dedicato alla spettacolare Via crucis al Colosseo, con le stazioni raccontate dal vescovo Bregantini, il vescovo minacciato dalla ‘ndrangheta, e che la Libreria editrice vaticana ha raccolto in un volumetto. Sono meditazione che si riallacciano all’attualità e alla situazione religiosa, alle persecuzioni che subiscono i cristiani in varie parti del mondo, alla crisi sociale.

Dopo aver attraversato la miseria «sociale, morale e spirituale», la penitenza della Quaresima, il cristiano approda alla luce e alla gloria della Resurrezione. È il peana della Pasqua. I pellegrini sono già arrivati, migliaia sono in cammino con tutti i mezzi, anche a piedi. Saranno 5 milioni sette giorni dopo, per la canonizzazione dei due grandi papi, Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II. Ma se Roma è il centro, il cuore, e da qui si irradia la fede e l’amore per tutto il mondo, è il mondo intero che guarda a Roma, domenica 27 aprile, per vedere realizzato quel desiderio che aveva percorso immediatamente i cuori: «Santo subito».

L’«Urbe» fa la sua parte: in accoglienza, entusiasmo e forse, anche, in disordine. Allestisce tre spettacoli teatrali per solennizzare gli eventi. «Non abbiate paura», il messaggio di Wojtyla è un musical scritto da don Giuseppe Spedicato in scena il lunedì di Pasqua all’Auditorium di via della Conciliazione, a un passo dal Vaticano. Dall’altra parte della città si recita «Karol Wojtyla, la vera storia» tra vita, spiritualità e umanità. Dell’uomo e del Pontefice. E dal Venerdì Santo si rappresenta al Sistina lo storico e intramontabile «Jesus Christ Superstar».

Antonio Sassone



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