Il cuore del Vangelo

Non è comunismo, ma Vangelo. Papa Francesco chiude una seconda volta, e per sempre, l‘accusa, il timore o il sospetto di alcuni che il suo amore e la sua attenzione per i poveri derivi dalla dottrina marxista-leninista. Lo ribadisce a cinque giovani belgi di etnia fiamminga che, a nome di molti altri, sono andati a trovarlo, gli pongono la domanda con semplicità e schiettezza, girano un video che viene trasmesso nel loro Paese.

Dice Francesco: «Ho sentito due mesi fa che una persona ha detto: con questo parlare dei poveri, questo Papa è un comunista… No, questa è una bandiera del Vangelo, la povertà senza ideologia, i poveri sono al centro del Vangelo di Gesù». Precisa per non lasciare dubbi. «Questo è il cuore del Vangelo, io sono credente in Dio e in Gesù Cristo, per me il cuore del Vangelo è nei poveri». E questo Vangelo va conosciuto, va letto e riletto. Non solo in Chiesa, ma anche in casa, in ufficio, sul tram.

Per questo all'Angelus di domenica fa distribuire ai 60 mila che affollano piazza San Pietro una copia del Vangelo in formato tascabile. L'aveva raccomandato più volte. Ora ne fa dono. Vi sono molte postazioni in piazza. I volontari, 150 scout, i seminaristi del Seminario romano, le suore di Madre Teresa e altre religiose si sbracciano per consegnarli. La tipografia Vaticana li ha stampati e l’Elemosineria li ha presi in cura e li distribuisce in quanto «braccio del Papa per la carità non solo materiale, ma anche spirituale», come sottolinea il portavoce Federico Lombardi. Un Vangelo, insomma, da portare in tasca. «Leggetelo ogni giorno», dice Francesco, «è Gesù che vi parla». Aggiunge che «oggi si può leggere il Vangelo anche con tanti strumenti tecnologici, attraverso un telefonino o un tablet. L’importante è leggere la Parola di Dio, con tutti i mezzi, e accoglierla con cuore aperto. Allora il buon seme porta frutto».

Ma è davvero gratuito il dono del Papa? E’ gratuito, assicura. «Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date. In cambio di questo dono, fate un atto di carità, un gesto di amore gratuito». Quei giovani cattolici gli chiedono pure se ha paura di qualcosa. «Di me stesso», risponde sorridendo Bergoglio. «Nel Vangelo Gesù ripete tante volte: “Non abbiate paura”. Tante volte lo dice, perché lui sa che la paura è una cosa normale: abbiamo paura delle sfide della vita, paura davanti a Dio. Tutti abbiamo paura, non dobbiamo preoccuparci di aver paura. C'è una paura cattiva e una buona: quest'ultima è la prudenza. Quella cattiva ti annienta, non ti lascia fare, e questa dobbiamo buttarla fuori».

Niente paura, dunque, da parte di Francesco nell’affrontare i grandi temi religiosi, umani, sociali, e prudenza negli atti di governo della Santa Sede. Chiude una prima pagina sullo Ior, la banca vaticana, dice ai sindaci ricevuti col torinese e presidente dell’Anci Piero Fassino come si devono comportare, mediatori e non intermediari, riceve la Regina d’Inghilterra Elisabetta II che, come la Regina di Saba a Salomone, gli porta ceste di regali frutto della natura, e il re di Giordania, Abdullah II, un moderato nella calda regione mediorientale, marito della Regina Rania, nota per la sua attività sociale. Ad Amman Francesco sarà il 24 maggio. Riceve la presidente della Liberia, il premier italiano Matteo Renzi per parlare dei problemi dell’umanità, della crisi, della disoccupazione, dei conflitti, il più acuto, quello siriano, della situazione in Africa e degli eccidi in Ruanda vent’anni fa, senza dimenticare il dolore degli abruzzesi per il disastroso terremoto dell’Aquila di cinque anni fa, di cui la città porta ancora le ferite.

Nel pomeriggio domenicale va nella parrocchia di San Gregorio Magno, nella Magliana, quartiere sul quale pesa la cappa della omonima, famigerata banda d’affari e di delitti. L’accoglienza è entusiasta. «Daje, Francè», recano scritto gli striscioni. Coperte ai balconi, gente sui tetti, chiesa gremita. Emozione, letizia e in regalo una borsa, nera come quella che gli è stata vista mentre saliva sull’aereo, ma stavolta piena di disegnini, di lettere, di preghiere, di auguri. Francesco si intrattiene anzitutto con coloro che sono usciti dal tunnel della droga e sono assistiti dalla struttura parrocchiale. Poi con i malati e i bambini. Il Vangelo narra la resurrezione di Lazzaro. «Cristo non si rassegna ai sepolcri che ci siamo costruiti con le nostre scelte di male e di morte», dice il Papa, «tutti siamo chiamati a uscire dalla tomba in cui i nostri peccati ci hanno sprofondato. Lasciamo le bende dell’orgoglio che ci fa schiavi di noi stessi, schiavi di tanti idoli». Gesù, ricorda Bergoglio, «ci chiama insistentemente ad uscire dal buio della prigione in cui ci siamo rinchiusi. Come a Lazzaro, Gesù dice a ciascuno di noi: “Vieni fuori!”. E’ un bell’invito alla vera libertà».

Un cenno particolare merita l’incontro con l’Associazione nazionale Comuni Italiani. Fassino ha nominato l’indimenticato cardinale Pellegrino. «Gli sono tanto grato», ha risposto papa Francesco, «perché nel dopoguerra è stato lui ad aiutare la mia famiglia a trovare lavoro. E’ un bel gesto, il suo. Fa ricordare questi uomini di Chiesa, questi uomini e queste donne di Chiesa, parroci, suore, laici, che sapevano camminare con il loro popolo, all’interno del popolo, e con il popolo. L’identità del sindaco è un po’ questa, perché al sindaco si rivolgono in tanti e spesso è affaticato da tante cose». Poi ha proseguito: «Vi parlerei della stanchezza del sindaco, quando dopo una giornata torna a casa con tanti problemi che non sono stati risolti. Ma il sindaco sta in mezzo alla gente. Non si capisce un sindaco che non sia lì, perché lui è un mediatore, un mediatore in mezzo ai bisogni della gente. Il pericolo è diventare un sindaco non mediatore, ma intermediario. Qual è la differenza? E’ che l’intermediario sfrutta le necessità delle parti e prende una parte per sé: quel sindaco, se esiste, non sa cosa voglia dire fare il proprio mestiere». Invece il mediatore «è colui che paga con la sua vita per l’unità del suo popolo, per il benessere della sua gente, per portare avanti le diverse soluzioni dei bisogni del suo popolo. Questo vi auguro, che voi siate mediatori».

Una pagina in parte chiusa è quella «sul futuro dell'Istituto per le opere religiose», lo Ior. Papa Francesco ha approvato la proposta avanzata dalle due Commissioni di consiglieri da lui nominati. In questa proposta il Pontefice riafferma l'importanza della missione dello Ior per il bene della Chiesa cattolica, della Santa Sede e dello Stato della Città del Vaticano. «Lo Ior», si legge nel testo diffuso dalla Sala stampa, «continuerà a servire con attenzione e a fornire servizi finanziari specializzati alla Chiesa cattolica in tutto il mondo. I significativi servizi che possono essere offerti dall'Istituto assistono il Santo Padre nella sua missione di pastore universale e supportano inoltre istituzioni e individui che collaborano con lui nel suo ministero».

Il Giovedì Santo, il 17, Festa dell’Istituzione dell’Eucaristia, per il rito della Lavanda dei piedi, papa Francesco andrà questa volta in un Istituto dove sono ospitati dei disabili. Sono questi sfortunati, stavolta, i prescelti del suo gesto d’amore, coloro ai quali laverà e asciugherà i piedi, come fece l’anno scorso con i minorati ospiti del carcere di Casal del Marmo.

Antonio Sassone



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