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La Caritas: fra i torinesi uno su quattro è poveroPortate amore nelle periferie esistenziali delle vostre città, esorta papa Francesco. E la Caritas di Torino risponde garantendo assistenza ogni anno a oltre 2 mila poveri. Ma sotto la Mole, colpita più di altre città dalla crisi, l’anno scorso 300 mila persone hanno perso casa e lavoro, cioè quasi un torinese su quattro è a rischio di indigenza. «Non più vulnerabile, ma vulnerato», ha detto amaro il direttore Pierluigi Dovis. E non sono soltanto immigrati, senza fissa dimora, ex detenuti, malati psichici. Ma professionisti, padri separati, anziani al minimo della pensione, lavoratori e disoccupati ai quali stipendi, contratti di solidarietà e ammortizzatori sociali non bastano più. A raccontare la vera faccia della crisi, sabato scorso al Teatro Valdocco, la 25ma edizione della «Giornata Caritas» dedicata al «Coraggio di diventare…». Perché se le povertà cambiano («I nuovi poveri chiedono aiuto, non solo la borsa della spesa dalle parrocchie»), devono cambiare anche le soluzioni. Da qui l’esortazione del vescovo, mons. Cesare Nosiglia, rivolta a ogni singolo cittadino e fedele chiamato a farsi carico in prima persona delle difficoltà degli altri: «Impegnare una parte dei vostri beni mobili e immobili per sostenere i poveri in modo continuativo e non solo occasionale. Ciascuno deve sentirsi “custode del prossimo” e mettere a disposizione una parte del proprio reddito per le urgenze dell’altro. Conosco famiglie che si tassano per aiutarne altre in difficoltà con l’affitto o le cure mediche: ognuno di noi può farlo. Perché non sollecitare gli stessi ragazzi della scuola e degli oratori a farsi portatori di questa iniziativa presso le rispettive famiglie?». Tassarsi per i poveri? Coniugare la solidarietà con parole nuove? Uscire da una logica assistenzialistica? Sì, se serve per far crescere “piccoli segni di speranza” in una città colpita dalla crisi. E che la crisi a Torino sia davvero nera lo dicono i dati impietosi della Caritas. Tra i tanti, ne scegliamo uno: se nel 2013 sono state 2.200 le persone seguite e aiutate nel Centro di ascolto «Le due tuniche» di corso Mortara, solo nei primi tre mesi del 2014, cioè tra gennaio e marzo, le richieste d’aiuto sono state 1.070, più di cento al giorno, oltre la metà di tutto l’anno scorso. Non era mai successo. A preoccupare di più, ha detto il direttore della Caritas, è il deciso aumento dei cosiddetti «nuovi poveri». Ovvero persone che non hanno mai avuto problemi economici e che adesso si trovano in gravi difficoltà. «Metà di quelli che hanno bussato alla nostra porta lo hanno fatto per la prima volta». I poveri, adesso, sono arrivati anche alla Crocetta, il quartiere bene della città. Tanto che il parroco della Beata Vergine delle Grazie e vescovo ausiliario, mons. Guido Fiandino, sta per aprire un centro di ascolto vicino alla parrocchia. Anche questo non era mai successo. Più 25 per cento l’aumento di richieste in tutta la città dal 2012 al 2013. Ma chi sono e cosa chiedono? «All’inizio della crisi si parlava di fascia grigia: persone che avevano perso il lavoro e la casa», ha detto Dovis. «Adesso bisogna parlare di fascia nera, perché si tratta di uomini e donne che non riusciranno mai a riqualificarsi e trovare una nuova occupazione». La maggior parte ha 40-50 anni, troppo giovani per la pensione e tropo vecchi per una nuova assunzione. La metà (54 per cento) sono donne, il 36 per cento ha subito rotture drammatiche dei legami familiari, l’85 per cento non ha lavoro. «Se due anni fa erano vulnerabili, oggi sono vulnerati: i risparmi messi da parte per sopravvivere alla crisi, sono finiti». Il passo dalla richiesta di aiuto al pacco viveri è breve. Nell’area metropolitana sono 45 mila le famiglie seguite dalle parrocchie con la borsa della spesa. Solo la Caritas, attraverso il servizio domiciliare e il progetto «Fa bene» nel quartiere Barriera di Milano, ha servito pacchi viveri a 800 persone (190 bambini) nei primi tre mesi del 2014, l’anno scorso erano state 1.300 (di cui 250 minori). Ma non basta. «Le parrocchie sono assediate, l’assistenza pubblica in netta diminuzione, gli aiuti dell’Unione europea dimezzati», ha detto Dovis. Aumentano le domande? La Caritas cerca di aumentare come può i servizi. Ecco allora il sostegno per il pagamento di luce, gas e riscaldamento, per le spese condominiali e di affitto (iniziativa «Mai più sfitti»), ma anche per la scuola e le medicine (progetto «Smile», accesso gratuito alle cure dentistiche per i bambini). Ecco lo sportello per le consulenze: dai problemi abitativi all’orientamento dei servizi in rete, dai corsi di formazione ai problemi legali. E poi l’aiuto per l’estinzione delle partite Iva e il Fondo rotativo di solidarietà. Basta leggere di seguito tutti i servizi offerti dalla Caritas attraverso la rete dei volontari per accorgersi che si tratta di un vero e proprio sistema di welfare. Segno che le istituzioni preposte non hanno più i soldi sufficienti per rispondere a tutte le richieste, ma anche che le domande sono talmente tante che lo Stato e le reti della solidarietà sociale e famigliare da sole non ce la fanno. Per mons. Nosiglia il problema esiste e la soluzione va trovata in quella «cultura del vicinato e della prossimità» più volte ricordata nei suoi messaggi alla Città, che vada «oltre l’organizzazione e la programmazione efficientista propria delle Ong»: «Attiviamo una presenza capillare nel quotidiano delle strade, delle case, degli androni, dei luoghi dove ci sono i poveri, tra la gente» dice l’arcivescovo «per attuare quella micro solidarietà del dono di sé». I progetti della Caritas sono tanti: dalle case temporanee per gli sfrattati al centro per i senza fissa dimora, dalle coabitazioni con gli universitari all’appartamento dove i padri separati possono trascorrere qualche giorno (ora) con i propri figli. E tanti anche i progetti di “prossimità”: ecco le parrocchie che rispondendo all’invito dell’arcivescovo ad aprire le porte (e accogliere chi una casa non ce l’ha) hanno offerto a 25 persone un’accoglienza temporanea; 27 parrocchie hanno avviato raccolte straordinarie di indumenti usati per sostenere l’inserimento lavorativo di persone svantaggiate (1.500 euro la media delle risorse reperite e redistribuite in ogni parrocchia); 40 giovani universitari sono stati inseriti nel mondo del volontariato («Servire con lode»); 20 parrocchie vendono ogni mese il giornale di strada «Scarp de’ Tennis» scritto e redatto da senza fissa dimora. «L’obiettivo», ha detto Dovis, «è quello di non piangersi addosso e ridare speranza a chi ha perso lavoro, casa e dignità». Vanno in questa direzione i progetti «La Casa di Nonno Mario» e «Sis.Te.R.», che offrono una casa temporanea a chi non ce l’ha. Nata nell’ottobre 2012 per aiutare i padri separati e in difficoltà economiche a soddisfare il loro ruolo genitoriale, La Casa di Nonno Mario ha aiutato 56 papà, tra operai, poliziotti, senza dimora, ma anche impiegati medi. Il successo è stato tale (la lista d’attesa è piena fino al 6 luglio) che il progetto sarà esportato anche in altre diocesi. Intanto, a casa di Nonno Mario sono arrivati anche papà da altre Regioni: Emilia, Puglia, Toscana e Lombardia. Sessanta invece le persone ospitate nelle case per famiglie sotto sfratto esecutivo per morosità incolpevole: 27 straniere, 33 italiane. Agli otto alloggi disponibili, se ne aggiungeranno presto altri due, destinati a famiglie numerose e a coabitazioni: tre sono offerti da enti religiosi, quattro da privati e due da istituzioni. La rete, come ha sempre auspicato mons. Nosiglia, in questo caso funziona. Come ha funzionato il progetto per regalare ai più poveri la grande cultura: al Regio già 800 persone (40 gli enti e i servizi di carità coinvolti) sono andate ad ascoltare l’«Elisir d’amore» di Donizetti, il concerto di Natale e lo scorso 25 marzo «Una tragedia fiorentina». Il riscatto e la dignità passano anche di qui. Cristina MAURO
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