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L'ideologia del "genere" che capovolge la natura«È essenziale che i cittadini dell’Unione europea partecipino con il voto al processo democratico. Più elevata sarà l’affluenza, più forte sarà la nuova legislatura», l’ottava, 2014-2019. Dal 22 al 25 maggio i cittadini dei 28 Paesi dell’Unione europea, oltre 506 milioni di abitanti, eleggeranno i 736 componenti dell’Europarlamento: dai 5 seggi di Malta ai 72 di Francia, Italia, Gran Bretagna e ai 99 della Germania. Sono tre i grandi spauracchi di queste elezioni: la demagogia antieuro e il populismo destrorso; l’astensione, che terrorizza partiti e governi; la grande depressione economica dura ormai da cinque anni. Nelle urne si gioca il futuro del Vecchio continente. La Commissione degli episcopati della Comunità europea (Comece) da sempre sostiene il «progetto europeo», ispirato «da una visione nobile del genere umano: è a un punto di svolta» perché la crisi economica mette a dura prova le relazioni tra i gruppi e gli Stati mentre aumenta la povertà. «La situazione è drammatica, per molti tragica». Milioni di giovani votano per la prima volta, e molti sono disoccupati; i nuovi poveri «stanno crescendo a ritmo allarmante». I vescovi invitano cittadini, partiti, comunità e Stati a mettere da parte l’interesse particolare per inseguire il bene di tutti. Ma la vera minaccia che attenta alla persona, alla famiglia, ai giovani, all’educazione, in una parola alla civiltà occidentale nel suo complesso, si chiama «ideologia di genere» che, grazie alla perversa alleanza tra politica, affari e media, gode di un gigantesco appoggio finanziario e tenta di arrivare alla creazione di un nuovo ordine mondiale, molto pericoloso. Suo unico scopo è azzerare ogni identità sociale, culturale e religiosa. In sostanza è la diffusione dell’ideologia omosessuale che passa attraverso la distruzione della famiglia naturale basata sul matrimonio tra un uomo e una donna e sul concepimento, che è frutto del rapporto sessuale, tra un maschio e una femmina. Sostiene che la persona è il prodotto di modelli e di ruoli in cui è costretta a vivere e a operare. II termine gender («genere») fu coniato all’inizio degli anni Cinquanta da endocrinologi e psicanalisti americani che parlavano di gender role («ruolo di genere») e di gender identity, «identità di genere» e che distinguevano fra sesso e genere. Secondo loro, nell’individuo sarebbero presenti un «sesso biologico» e un «sesso sociale, gender», per cui l’identità sessuale si fonda solamente sulle scelte individuali, per cui tra «eterosessualità» e «omosessualità» non ci sono differenze e tutto è sacrificato sull’altare del «transessualismo». Si ha così un rovesciamento di tutti i quadri sociali e morali che obbligano a essere uomo o donna e che spingono a intrattenere relazioni paritarie, qualunque sia la scelta e l'orientamento sessuale. Il «sesso biologico» sarebbe una semplice caratteristica del corpo e l’orientamento sessuale non sarebbe altro che l’identità che un soggetto attribuisce a se stesso, per cui può tranquillamente sentirsi donna in un corpo maschile. L’«ideologia di genere» cancella la natura umana e vuole cancellare la creazione stessa, cioè il fatto che Dio «maschio e femmina li creò» (Genesi 1,27). Le conseguenze sono assolutamente esiziali: l’individuo sarebbe il risultato dei condizionamenti culturali, sociali e religiosi; la «mascolinità» e la «femminilità» sarebbero semplici costruzioni sociali che mutano con i tempi e le mode; la «paternità» e la «maternità» non dipenderebbero dall'identità maschile o femminile ma da funzioni sociali intercambiabili; la differenza sessuale non avrebbe alcuna importanza nella coppia, nella famiglia, nell’educazione. È su queste basi che le persone omosessuali rivendicano il diritto al matrimonio e all’adozione dei bambini. Già molti Paesi occidentali - Argentina, Olanda, Belgio, Canada, Spagna, Norvegia, Svezia, Portogallo, Sud Africa e Islanda - hanno recepito nelle legislazioni questa proposta. E anche in Italia la sinistra, i radicali, i gruppi omosessuali sono i paladini di questa richiesta: in queste settimane hanno sostenuto in Parlamento, con l’appoggio dei media unidirezionali, la «parità di genere» anziché la più prosaica e comprensibile «parità tra i sessi». Checché ne pensino e ne dicano, i sessi restano due, maschio e femmina, e non esiste il terzo sesso omosessuale, pur con tutto il rispetto dovuto a tutti. Questo non significa affatto essere «omofobi». Al liceo «Mamiani» di Roma sono state abolite le espressioni «padre» e «madre» dal libretto delle giustificazioni, per imporre le diciture «primo genitore» e «secondo genitore». Recentemente l'industriale Guido Barilla è stato sottoposto alla gogna mediatica ed è stato costretto a rimangiarsi la banale affermazione fatta in una trasmissione radiofonica: «Sono per la famiglia tradizionale, non realizzerò mai uno spot con i gay». Le persone devono opporsi al processo di crescente omologazione e conformismo culturale imposto dall’abbinata media-politica. C’è l’obbligo morale di essere e di educare al rispetto e all’accettazione di ogni persona e di tutelare i diritti di tutti. Ma vale ancora il precetto biblico: «Con un uomo non avrai rapporti come si hanno con una donna: è un abominio» (Levitico 18,22). Le peggiori dittature del XX secolo, fascismo, nazismo, comunismo, sono nate e hanno proliferato grazie al fatto che la società e la cultura si sono lasciate intrappolare dal mostruoso «buco nero» che è l’omologazione di tutti e di tutto in un pensiero unico e allineato, grazie al quale pochi apparati economici, ideologici e culturali decidono come devono pensare tutti, pena la gogna mediatica e l'emarginazione sociale. Per questo domenica 29 marzo sulle piazze d’Italia ci sarà una mobilitazione popolare a favore della libertà e contro lo strapotere dell'«ideologia gender» massicciamente schierata contro genitori, famiglie, insegnanti, educatori, ragazzi e studenti, che addita come «omofobo» chiunque sostenga una posizione diversa, per esempio sul matrimonio.
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