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Maritain continua a parlarciIl vaticanista del «Corriere della Sera», Luigi Accattoli, nel ricordare il primo anno di pontificato di papa Francesco il 12 marzo scrive un articolo dal titolo «Il Papa e la Chiesa povera che si allontana dall’Occidente», quasi che il cristianesimo sia un prodotto della cultura occidentale. Se avesse avuto il tempo di venire il 7 marzo a Villa Bonaparte, all’Ambasciata di Francia presso la Santa Sede, alle celebrazioni del quarantesimo dell’Istituto Internazionale J. Maritain, non solo avrebbe ascoltato il card. Pietro Parolin, segretario di Stato della Santa Sede, sviluppare una riflessione sul filosofo che ha distinto, senza separare, religione e cultura, Chiesa e cristianità, la Persona della Chiesa e il suo personale, ma avrebbe visto nella sala i rappresentanti delle diverse associazioni e gruppi maritainiani che venivano dalla Romania e dal Canada, dalla Francia e dagli Stati Uniti, dal Cile e dal Giappone, dall’Argentina e dal Brasile. La Chiesa non è occidentale o orientale, greca o latina, di destra o di sinistra, dei ricchi o dei poveri, perché è il popolo di Dio in cammino nella storia. L’Istituto internazionale Jacques Maritain è nato da un incontro tra un gruppo di laici, a Gallarate, presso l’Istituto filosofico Aloisianum dei gesuiti il 6-7 aprile 1974, dopo un precedente convegno che si era tenuto nel 1973 ad Ancona sul tema «Il pensiero politico di Maritain» per iniziativa del locale circolo culturale animato da Trifogli e Galeazzi. Avendo partecipato a questo incontro, ricordo molto bene che, dopo una relazione introduttiva del prof. Papini, la discussione si polarizzò attorno a due prospettive di lavoro: fare conoscere il pensiero di Maritain attraverso i convegni di studio e le traduzione delle opere, ed impegnarsi con la riflessione filosofica a fornire soluzioni ai problemi emergenti nella vita politica come nelle relazioni economiche, relativi alle istituzioni giuridiche come alle attività artistiche. Nel convegno di Roma sono stati ricordati i presidenti che si sono succeduti in questi quarant’anni: Olivier Lacombe (francese), Ramon Sugranyes de Franck (catalano), Enrique Péres Olivarez (venezuelano), Pietro Adonnino (italiano). Poi hanno preso la parola i rappresentanti delle associazioni, sparse in tutto il mondo, ed è risultato che il pensiero di Maritain è più conosciuto e diffuso in Nord e in Sud America che in Europa. In seguito Galeazzi ha presentato le collane editoriali dell’Istituto «Persona» presso Il Mulino, «Le ragioni e i giorni» presso Massimo, «Le querce verdi» da Rubettino, «Persona e società» da Angeli; ed io ho presentato i due «Dizionari delle opere di Raissa e Jacques Maritain», le cui schede analizzano tutti i loro scritti, e la mia «Storia della filosofia secondo Maritain», che ribalta l’impostazione storicista dei manuali, tre volumi editi da Città Nuova. A. Pavan, che è stato uno dei fondatori, non ha potuto partecipare al convegno, ma ha inviato una testimonianza, in cui scrive: «Quarant’anni di Istituto Maritain. È stata una bella avventura; soprattutto per chi ha conosciuto, frequentato e amato Maritain. Ma lo è stata per un’intera generazione che su Maritain ha confortato le difficili certezze della propria giovinezza. E noi in Italia ne sappiamo forse più che in altri paesi. Da noi Maritain è stato un capitolo cruciale di storia delle idee. La sua rilettura di Tommaso, il suo personalismo progressivo, il suo pensiero storico-temporale hanno rappresentato il colpo d’ala necessario dopo la barbarie fascista». Ma l’intervento più atteso e più significativo è stato quello del card. Pietro Parolin, che non è stato solo commemorativo, perché ha evidenziato l’importanza del tomismo come metodologia di studio e di ricerca. La filosofia di san Tommaso, anche se è nata nella cultura mediterranea, non è occidentale, non è europea, ma appartiene all’umanità. E’ la filosofia del buon senso comune, a livello scientifico. L’empirismo è un prodotto del mondo anglosassone, il razionalismo è un prodotto del mondo francese, l’idealismo nasce in Germania e nella sua versione marxistica si diffonde in Russia e in Cina, il realismo aristotelico e tomistico è proprio dell’uomo in quanto tale, a prescindere dalla cultura di appartenenza. Il card. Pietro Parolin per qualificare questa filosofia si serve dell’espressione «realismo critico» usata anche da Paolo VI nella lettera Lumen ecclesiae del 1974, perché Maritain nel riattualizzare Tommaso sa raccordare l’oggettività del sapere, affermata dal pensiero medioevale, con la soggettività del conoscere, propria del pensiero moderno, in quanto il soggetto non riceve, come fosse un timbro, la verità, ma partecipa attivamente alla sua conoscenza. Il Segretario di Stato ha come sintetizzato l’apporto di Maritain nella storia della Chiesa: «Riattualizzando il pensiero di san Tommaso d'Aquino, insistendo in un realismo critico che crede nei valori dell'intelligenza e nella speciale dignità della persona umana nell'ambito del creato, Maritain ha fornito gli strumenti epistemologici ed etici per affrontare i grandi problemi del Novecento, nel confronto con la modernità. Basti pensare alle sue opere principali e alla loro attualità: “Umanesimo integrale” (1936), con la ricerca di un umanesimo che tenga conto di tutte le dimensioni della persona, nella fondamentale distinzione, ma non separazione, tra spirituale e temporale. Da qui nasce il concetto di una sana laicità e dell'autonomia della politica, ma anche dell'importanza del sacro e del santo, elementi così importanti nelle nostre società globalizzate, spesso carenti di finalità e di significati fondamentali. “Cristianesimo e democrazia” (1945) che ha contribuito a riconciliare Chiesa e democrazia, dopo secoli di una separazione che potremmo definire dolorosa. “I diritti dell'uomo e la legge naturale” (1945), scritto anch'esso negli anni della Seconda guerra mondiale durante l'esilio a Manhattan, dove Maritain, tra le altre migliaia di esiliati europei, fu una guida spirituale a cui molti guardarono Libro fondamentale, quest'ultimo, assieme a “L'uomo e lo Stato” (1951), in cui il filosofo collega i principi delle Rivoluzioni americana e francese sui diritti dell'uomo con quelli cristiani. Libro che preparò, con gli altri importanti interventi del filosofo sullo stesso tema, la “Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo” (1948). Tutte queste opere, come ben sapete, hanno contribuito alla preparazione del concilio Vaticano II». Sono parole che sottolineano come, grazie anche al contributo del filosofo francese, la cristianità abbia superato l’età delle Crociate e dell’Inquisizione, giungendo ad elaborare una filosofia che raccorda la verità e la libertà, superando ogni forma non solo di dogmatismo, ma anche di relativismo. Il card. Parolin ha chiuso il suo intervento con un auspicio: «Perciò non intendete limitarvi a rievocare i quarant'anni del vostro impegno, bensì vi proponete di progettarlo nuovamente, guardando al presente e al futuro. Compito non facile ma appassionante; e la Chiesa sa di poter contare sul vostro Istituto perché non manchino all'umanità contemporanea il pensiero e la testimonianza di questo grande discepolo di Cristo e della verità che è stato Maritain». Ma c’è anche stata, da parte del cardinale, sia nell’intervento in sala che nella successiva intervista alla stampa, una confidenza privata molto interessante. Il giovane Pietro Parolin ha conosciuto l’opera dei Maritain, dal vivo, tramite don Giovanni Stecco (1911-1984), suo professore di latino e greco al Seminario di Vicenza, che aveva con i Maritain una corrispondenza epistolare e leggeva in classe le lettere che riceva «per manifestare quanto tenesse a quella amicizia». I Maritain hanno intrattenuto molte corrispondenze, con poeti, come Cocteau, Reverdy, Max Jacob, con artisti, come Rouault, Severini, Chagall, con filosofi come Gilson, Yves Simon, Mounier, con teologi, come Journet, De Lubac, ma anche con persone meno alla ribalta della storia. La corrispondenza con Giovanni Stecco conta una ottantina di lettere; quelle dei Maritain sono state pubblicate nel volumetto «Carissimo Giovanni» edito da La Locusta di Vicenza, lettere che vanno dal 1958 al 1973 e rivelano l’umanità nascosta del grande filosofo. A don Stecco, che si congratula con lui perché Paolo VI al termine dei lavori conciliari ha voluto consegnarli il «Messaggio agli uomini di scienza e di pensiero», Jacques risponde: «Si tratta di ben altro che di me; si tratta di una certa continuità dottrinale. Io non sono che un povero moscerino, tutto stupefatto e profondamente riconoscente per l’affetto che il Santo Padre ha la bontà di testimoniargli» (17 dicembre 1965). Ho rintracciato negli archivi di Kolbsheim le lettere di don Giovanni Stecco e conto su di una pubblicazione integrale di questa corrispondenza. Piero Viotto
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