Molti inglesi alla fame

Come in tutto l’Occidente, anche in Gran Bretagna gli eventi in corso nell’Ucraina hanno distolto parecchio l’attenzione del governo dai problemi domestici per rivolgerla a questa emergenza internazionale. A Downing Street, peraltro, il subitaneo cambiamento di scena e soggetto, ove lo si indaghi in termini machiavellici, potrebbe perfino aver recato un momento di sollievo.

La politica interna del gabinetto di David Cameron, una disarmonica coalizione liberal-conservatrice, è infarcita di contraddizioni: lo stesso partito di Cameron, che domina l’alleanza, è in polemica interna su ogni sorta di scelte, ma soprattutto è diviso tra una ala radicalmente eurofoba, che propugna l’uscita dall’Unione, e un’ala (cui il premier sembra aderire) che l’Europa l’accetta, purchè rifatta a modo proprio. Chi veramente tira le fila della politica britannica è lo strapotere finanziario della City, cui nessun freno o regolamento vero è stato posto, pur dopo il tracollo del 2008, quando banche e corporazioni furono salvate da apocalittici fallimenti grazie ad enormi trasfusioni di denaro pubblico.

Passata la bufera, quasi tutto è tornato come prima. I consigli d’amministrazione hanno ripreso, come se niente fosse, a distribuire ai propri membri e a ogni executive, eminente o di mezza tacca, “bonus” annuali d’almeno un miliardo di sterline, e in genere molto di più. Tutto questo a dispetto di bilanci sovente passivi e in barba alle disposizioni di Bruxelles sulla moderazione dei premi finanziari.

Naturalmente, quando si è troppo prodighi da una parte, bisogna poi essere parsimoniosi, o, meglio ancora, avari, dall’altra. In carica dal 2010, il governo di David Cameron ha fatto della società inglese la più classista tra quelle delle democrazie evolute. Il primo provvedimento del neo Cancelliere dello Scacchiere George Osborne fu la riduzione dell’aliquota fiscale dei super ricchi dal 50 al 45 per cento. Sull’altra sponda, quella dei bisognosi, si è assistito a un progressivo, incessante deterioramento dei servizi sociali, sia per tagli drastici dei loro bilanci, sia per riduzioni, non di rado insensate, del loro personale.

Meno sussidi, e sempre vincolati a nuove norme e controlli vessatori, hanno prodotto migliaia di affamati e senza tetto. Da una parte la società opulenta e gaudente della City e della vecchia aristocrazia; dall’altra un’Inghilterra vittoriana, senza Dickens a testimoniarne. Diverse parrocchie offrono per la notte letti da campo sistemati in chiesa. Le maggiori istituzioni caritatevoli hanno creato le food banks (banche del cibo), ove si può riempire gratis, per almeno tre volte, la borsa della spesa. Ma stentano a far fronte alla domanda.

Al principio di febbraio su questi scenari di devastazione umana si è levata la voce di un cristiano illustre: Vincent Nichols, arcivescovo cattolico di Westminster e allora in procinto di diventar cardinale. «L’Inghilterra», ha detto tra l’altro in una intervista al quotidiano conservatore «Daily Telegraph», «ha fatto a pezzi quella basilare rete di salvataggio che esisteva per garantire che nessuno fosse abbandonato alla fame o alla miseria. E’ già di per sè una crisi drammatica. Ma per giunta, in questo contesto, a quanto mi dicono, l’amministrazione dell’assistenza sociale è diventata sempre più punitiva. Se un richiedente fa uno sbaglio sulla domanda, dopo deve aspettare dieci giorni, o anche due settimane, senza niente, niente... E questo, francamente, in un Paese col livello di benessere del nostro, è una vergogna».

Sulla spinta di Vincent Nichols, la settimana successiva ventisette vescovi anglicani e una dozzina di leaders d’altre confessioni cristiane hanno scritto una lettera aperta al premier per intimargli di provvedere. Ne citiamo qualche brano. «Signore, la Gran Bretagna occupa il settimo posto tra le massime economie del mondo. Ciononostante vi è gente che ha fame. Dalla Pasqua scorsa mezzo milione persone si sono presentate alle banche del cibo e 5.500 sono state ricoverate in ospedale per malnutrizione. Una madre su cinque ci riferisce regolarmente di aver saltato il pasto affinchè i suoi bambini mangiassero un po’ di più. Sappiamo di altre scelte difficili, come quella che tormenta ogni inverno migliaia di anziani: mangiare, o accendere il riscaldamento?

«Ma anche al di là di tutto questo, noi dobbiamo prendere atto che oltre metà delle persone che usano le banche del cibo sono state ridotte in questa condizione dai tagli e dalle disfunzioni del sistema dei sussidi, che si tratti di pagamenti in ritardo o di sanzioni punitive. C’è un pungente imperativo morale di agire. Centinaia di migliaia di cittadini lo hanno compreso e già creano e sostengono banche del cibo in tutto il Regno Unito. Ma questa é una crisi nazionale, di cui dobbiamo essere all’altezza. Dunque chiediamo al governo di fare la sua parte».

La Crimea e gli altri sviluppi del dramma ucraino esigono attenzione e provvedimenti. Ma prima o poi a Downing Street bisognerà trovare anche un po’ di tempo per questi diseredati di casa.

Carlo Cavicchioli

 

 



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