Quaresima, generosità e amore

Lieve indisposizione influenzale per papa Francesco, costretto a saltare una visita pomeridiana al Seminario romano. Ma un’aspirina lo rimette in forma la mattina successiva per le udienze a cardinali, capi congregazione, ai vescovi spagnoli, al premier della Romania, Viorel Ponta. E’ Quaresima e Francesco alla prima domenica, il 9 marzo, si ritira, con gli addetti alla Curia, ad Ariccia, nel silenzio dei boschi, per gli esercizi spirituali, perché «non si conosce Dio per sentito dire». Prima, il mercoledì pomeriggio, presiede i riti penitenziali a Sant’Anselmo, la tradizionale cornice sull’Aventino, e celebra la messa nell’attigua Basilica di Santa Sabina, ricevendo le sacre Ceneri a monito della precarietà dell’uomo, che è «polvere» e alla polvere tornerà.

Quaresima, tempo di penitenza per scelta e tradizione, ma, visti i tempi che viviamo, per necessità. Non lo ignora il Papa che nel suo Messaggio ha scritto: quante persone sono costrette alla miseria «da condizioni sociali ingiuste, dalla mancanza di lavoro che le priva della dignità che dà il portare il pane a casa, per la mancanza di uguaglianza rispetto ai diritti all’educazione e alla salute». Analizza Francesco miseria materiale, spirituale, morale. Con espressione drammatica afferma che nelle condizioni e nei casi di ingiustizia sociale «la miseria morale può ben chiamarsi suicidio incipiente». Questa miseria rende «schiavi del vizio e del peccato», getta tante famiglie «nell’angoscia perché qualcuno dei membri, spesso giovane, è soggiogato dall’alcol, dalla droga, dal gioco, dalla pornografia. Quante persone hanno smarrito il senso della vita, sono prive di prospettive sul futuro e hanno perso la speranza».

Una forma di miseria, sottolinea il Papa, che «è anche causa di rovina economica» e «si collega sempre alla miseria spirituale, che ci colpisce quando ci allontaniamo da Dio e rifiutiamo il suo amore. Se riteniamo di non aver bisogno di Dio, perché pensiamo di bastare a noi stessi, ci incamminiamo su una via di fallimento. Dio è l’unico che veramente salva e libera» e «il Vangelo è il vero antidoto contro la miseria spirituale». La Quaresima, conclude Francesco, «trovi la Chiesa intera disposta e sollecita nel testimoniare a quanti vivono nella miseria materiale, morale e spirituale il messaggio evangelico». E’ «un tempo adatto per la spogliazione. Ci farà bene domandarci di quali cose possiamo privarci al fine di aiutare e arricchire altri con la nostra povertà». In modo più esplicito, il Papa dice che «la vera povertà duole» e pertanto «non sarebbe valida una spogliazione senza questa dimensione penitenziale. Diffido dell’elemosina che non costa e che non duole».

Al Messaggio si aggiungono i richiami a viva voce all’Angelus domenicale. «Finché ognuno cerca di accumulare per sé, non ci sarà mai giustizia». Lo ribadisce nel suo tipico intercalare: «Dobbiamo sentire bene questo, eh? Se invece, confidando nella Provvidenza di Dio, cerchiamo insieme il suo Regno, allora a nessuno mancherà il necessario per vivere dignitosamente». E’ un’ammonizione per i ricchi. «Un cuore occupato dalla brama di possedere è un cuore vuoto di Dio. Gesù ha più volte ammonito i ricchi, perché è forte per loro il rischio di riporre la propria sicurezza nei beni di questo mondo». E ancora: «In un cuore posseduto dalle ricchezze, non c’è più molto posto per la fede: tutto è occupato dalle ricchezze».

Una battuta riassume tutto: «Sapete? Il sudario non ha tasche! E’ meglio condividere, perché noi portiamo in Cielo soltanto quello che abbiamo condiviso con gli altri». E’ un richiamo ricorrente quello di non restare «imprigionati» ai soldi, anche se guadagnati onestamente, né ai propri «interessi». Ciò rende «infelici» e allontana da Dio. Un monito che rivolge nella messa a Santa Marta. Tanti giovani «buoni», osserva, soffrono questa infelicità. Invece sappiano rispondere alla chiamata di Dio dimenticando i propri interessi, e possano diventare «preti e suore liberi dall'idolatria della vanità, del potere e del denaro».

Altro capitolo doloroso in questo inizio di Quaresima è la situazione in Ucraina e in Crimea. E allora ecco il Papa auspicare per la prima che «tutte le componenti del Paese si adoperino per superare le incomprensioni e per costruire insieme il futuro della Nazione». Non basta. Un «accorato appello» è rivolto alla comunità internazionale «affinché sostenga ogni iniziativa in favore del dialogo e della concordia». Per la Crimea invoca la ricerca di un equilibrio che disinneschi la tensione. Il pensiero va a «Siria, lraq, Egitto, e altre aree della Terra Santa» che «talora grondano lacrime».

Quaresima di penitenza, di ritiro, di preghiera, con visita a due parrocchie romane, fino ai riti della Settimana santa e con sorpresa il Giovedì santo, quando è in programma la lavanda dei piedi. «Sceglierà una situazione particolare», fanno sapere dal Vaticano. L’anno scorso andò nel Carcere minorile di Casal Lombroso dove lavò i piedi a giovani carcerati, fra cui una ragazza musulmana. Francesco sorprenderà ancora. Intanto sorprende con una decisione liberale: apre i giardini di Castel Gandolfo ai visitatori. E, più che sorprendere, apre una finestra sulla bellezza del matrimonio, denunciando la «trappola» di coloro che come i farisei con Gesù si aggrappano alla «casistica», ponendo il quesito su ciò che è lecito e ciò che non lo è. «E’ lecito fare questo? Ripudiare la propria moglie?». «Dietro la casistica c’è sempre la trappola: contro la gente, contro di noi e contro Dio». Invece Francesco oppone che bisogna «accompagnare, non condannare, quanti sperimentano il fallimento del proprio amore».

Evoca l’inizio della Creazione. Dio «non voleva l’uomo solo, lo voleva con la sua compagna di cammino». E’ un momento poetico quando Adamo incontra Eva: «E’ l’inizio dell’amore: andate insieme come una sola carne. Questo capolavoro del Signore non è finito lì, nei giorni della Creazione, perché il Signore ha scelto questa icona per spiegare l’amore che Lui ha verso il suo popolo». E «quando il popolo non è fedele», lui «gli parla, con parole di amore». Cristo, spiega il Papa, citando san Paolo, era sposato, aveva sposato la Chiesa, il suo popolo. Come il Padre aveva sposato il popolo di Israele, Cristo sposò il suo popolo. «Davanti a questo percorso di amore, a questa icona, la casistica cade e diventa dolore. Ma quando questo lasciare il padre e la madre e unirsi a una donna, farsi una sola carne e andare avanti e questo amore fallisce, perché tante volte fallisce, dobbiamo sentire il dolore del fallimento, accompagnare quelle persone che hanno avuto questo fallimento nel proprio amore. Non condannare. Camminare con loro. E non fare casistica con la loro situazione».
Così come ha chiesto ai cardinali di non sentirsi in una corte, ha chiesto ai vescovi di essere «pastori» e non «manager». La settimana scorsa ha nominato il nuovo pastore della diocesi di Vercelli: è Marco Arnolfo, 62 anni, già rettore del Seminario minore dell’Arcidiocesi di Torino, fino all’anno scorso vicario episcopale e parroco di Orbassano da 12 anni, che succede a mons. Enrico Masseroni. L’annuncio è stato dato a Torino, giovedì scorso, in una conferenza stampa dall’arcivescovo mons. Cesare Nosiglia e a Vercelli, nella piazza dove fervono i preparativi. Nosiglia ha ricordato «la semplicità, generosità, saggezza spirituale e competenza pastorale dimostrata durante gli autorevoli incarichi che ha ricoperto sia in diocesi, che nelle parrocchie che lo hanno visto pastore e padre». Ed ha aggiunto: «Siamo certi che mons. Marco saprà farsi amare dal clero e dai fedeli e continuerà l’azione pastorale intensa e stimata del suo predecessore».

«Io vescovo?», aveva detto don Marco alla vigilia dell’annuncio. «Sono nella rosa dei candidati, non so se sarei all’altezza. Ci sono tanti sacerdoti più bravi di me, ma se il Papa chiama, non puoi dire di no. Bisogna accettare la volontà di Dio». Il nuovo arcivescovo, nato nel 1952 a Cavallermaggiore, provincia di Cuneo, è stato ordinato sacerdote dal card. Ballestrero nel 1978. Dopo esser stato vice parroco nelle parrocchie di Santena e Chieri, per quattordici anni è stato il rettore del Seminario minore di Torino. Dal 28 ottobre 2001 è alla guida della parrocchia di Orbassano. Con i suoi 62 anni, è uno dei vescovi più giovani del Piemonte. 

Antonio Sassone



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