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Paolo VI beato? Il miracolo prodigioL’inspiegabile guarigione di un bambino non ancora nato, avvenuta negli anni novanta in California, spiana la strada alla beatificazione di Paolo VI. Durante la gravidanza i medici avevano riscontrato un grave problema nel feto, avevano avvertito la giovane mamma che la creatura sarebbe nata con gravissime menomazioni cerebrali e avevano suggerito, come unico rimedio, l’aborto. La donna si era fieramente opposta e aveva portato a termine la maternità affidandosi all’intercessione di Paolo VI. I medici avevano previsto che il figlio sarebbe nato gravemente handicappato nel fisico e nel cervello. Invece la creatura nacque perfettamente sana. Per prudenza si è attesa l’adolescenza per constatare la totale e perfetta guarigione, riconosciuta all’unanimità dalla consulta dei medici, presieduta da Patrizio Polisca, e ora da quella dei teologi. Ancora due passaggi, il vaglio di cardinali e vescovi e l’approvazione di papa Francesco, e la beatificazione potrebbe avvenire nel 2015. Il postulatore della causa, padre Antonio Marrazzo, parla di «guarigione inspiegabile, avvenimento veramente straordinario e sovrannaturale in linea con il magistero di Paolo VI che scrisse l’enciclica Humanae vitae, un miracolo collegato alla difesa della vita e della famiglia sostenuta dall’enciclica che parla di amore coniugale e di vita nascente». Giovanni Battista Montini è eletto Papa il 21 giugno 1963, un anno che si apre e si chiude con due eventi determinanti per la vita e la storia degli italiani: viene approvata la scuola media unica con obbligo di frequenza fino a 14 anni, e in dicembre viene varato il primo governo di centrosinistra, vigorosamente voluto da Aldo Moro e avversato da buona parte dell’episcopato. L’euforia per il trattato di messa al bando degli esperimenti nucleari nell’atmosfera è raggelata dal brutale assassinio a Dallas il 22 novembre del presidente americano John Fitzgerald Kennedy. Il 1964 si apre con il travolgente viaggio di Paolo VI in Terra Santa il 4-6 gennaio: a Gerusalemme abbraccia il patriarca ecumenico di Costantinopoli Athenagoras I. Nel marzo 1964 in Brasile un brutale colpo di Stato porta al potere i militari che attuano una carneficina contro le sinistre e sopprimono libertà e democrazia, una mala pianta che attecchisce in altri Paesi dell’America latina. In Sudafrica i bianchi impongono l’odioso regime di segregazione razziale mentre gli Stati Uniti, tra mille difficoltà, lentamente vanno verso la sua soppressione, scelta pagata a caro prezzo con l’assassinio il 4 aprile 1968 di Martin Luther King e il 5 giugno 1968 di Robert Kennedy, fratello di John e candidato alla presidenza Usa. Nel maggio 1964 nasce l’Organizzazione per la liberazione della Palestina (Olp) e il 21 agosto a Yalta muore Palmiro Togliatti: nel famoso «Memoriale» sostiene la necessità per i comunisti italiani di agire all’interno delle istituzioni democratiche, proprio mentre in Urss prevale la linea dura con la destituzione il 13 ottobre 1964 di Nikita Kruscev e con l’ascesa al potere del capo assoluto Leonid Breznev. Il mondo conosce un nuovo scontro ideologico-politico con le manifestazioni dal 1965 contro gli Stati Uniti impegnati nella scellerata guerra in Vietnam e il Sudamerica sconvolto dalle guerriglie: il 15 febbraio 1966 in Colombia è ucciso il prete guerrigliero e rivoluzionario Camilo Torres Restrepo. Fermenti che Paolo VI il 26 febbraio 1967 raccoglie nell’enciclica Populorum progressio, il nuovo nome della pace è il progresso dei popoli, eco dell’appello rivolto il 4 ottobre 1965 dalla tribuna dell’assemblea delle Nazioni Unite: «Mai più la guerra». Dall’agosto 1966 in Cina le «Guardie rosse» distruggono tutto quello che non è comunista. Nel giugno 1967 divampa «la guerra dei sei giorni» con la schiacciante vittoria di Israele sui Paesi arabi. In Occidente, Italia compresa, esplode la contestazione contro la società capitalistica con cortei e occupazioni di università: è il Sessantotto. Don Lorenzo Milani nel 1967 pubblica «Lettera a una professoressa» considerata, erroneamente, il manifesto della contestazione giovanile della generazione nata dopo la Seconda guerra mondiale che impone la libertà dei costumi, si nutre di cultura e musica hippy. Il 1968 segna uno dei momenti più amari del pontificato. Montini, sempre più solo, è oggetto di feroci critiche, di clamorose e ingiuste contestazioni, dentro e fuori la Chiesa, durante e dopo il Concilio. In questo contesto surriscaldato il 25 luglio 1968 pubblica la Humanae vitae, un inno all’amore ispirato al «Cantico dei Cantici»: ricorda che i fini del matrimonio sono l’amore e l’unione tra i coniugi e la procreazione, invoca la legge naturale, condanna l’uso dei contraccettivi e dei metodi artificiali, la famosa «pillola», per il controllo delle nascite. L’intervento era necessario perché nel Concilio mancava la teologia morale, anche se nella discussione sulla costituzione pastorale «La Chiesa nel mondo contemporaneo Gaudium et spes», approvata il 7 dicembre 1965, vennero affrontati temi spinosi: il matrimonio, la situazione dei divorziati risposati, il matrimonio dei preti, i matrimoni misti. Dal 1966 era al lavoro una commissione di biblisti, teologi, moralisti ed esperti di discipline mediche e psicologiche e le conc1usioni sono in senso liberale, suggeriscono al Papa di non prendere posizioni troppo rigide in quanto lo spirito del Concilio favorisce una certa libertà di coscienza e lascia aperta la porta al progresso scientifico. Nell’anno della contestazione, la Humanae vitae segna il punto di rottura nel pontificato, acuisce l’impopolarità e la solitudine di Paolo VI che, da artefice del Concilio e delle coraggiose riforme, diventa un reazionario e un oscurantista. È l’ultima enciclica. Dal Sessantotto si parla apertamente di «crisi della Chiesa», anche se Montini procede nel 1968 abolisce la corte pontificia, a conclusione dell’Anno della fede 1967-1968 proclama il celebre «Credo del popolo di Dio», in agosto va in Colombia a inaugurare la II Conferenza dell’episcopato latinoamericano a Medellìn. Pier Giuseppe Accornero
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