![]() Accesso utente |
San Remo nel solco della tradizioneMartedì 18 febbraio si aprono i battenti e si schiude il sipario del Teatro Ariston di Sanremo. Comincia, infatti, il 64° Festival della canzone, manifestazione a cui gli italiani sono legati per orgoglio, passione, tradizione e perché fa un tutt’uno con la Rai, che sta celebrando i sessant’anni dalla nascita della televisione (celebrati con una grandiosa udienza di papa Francesco nell’Aula Paolo VI), nonché la ritrovata vitalità della radio, che sulle sue onde sonore per prima ha diffuso i gorgheggi melodici di Claudio Villa e Nilla Pizza, l’urlo magnetico di Modugno, il vocino lieve di Gigliola Cinquetti. Dall’annuncio di Nunzio Filogamo («Cari amici vicini e lontani, buonasera ovunque voi siate») all’invito di Mike Bongiorno (il suo proverbiale «Allegria!»), dal multiforme Pippo Baudo fino alla conduzione di Fabio Fazio, tanti i “padroni di casa” sul palcoscenico dell’Ariston. Dopo il successo dell’anno scorso, Fazio, ancora con Luciana Littizzetto, ha ottenuto la riconferma e per cinque serate sarà alla guida della kermesse sanremese. Fino a che, magari già dal 2015, non si aprano le porte per Carlo Conti, leader della rete ammiraglia della Rai, oppure ancora di Paolo Bonolis, in quell’eterno “andata e ritorno” tra un network televisivo e l’altro. La canzone italiana, dal primo Sanremo del 1951 ad oggi, ha fatto il giro del mondo. Molti cantanti hanno imposto stili e interpretazioni, al punto che la Rai considera il Festival una sorta di “servizio pubblico”, cioè doveroso nei confronti del Paese che ha bisogno di sollevarsi dalle angustie della crisi e da quella precarietà del lavoro che spinge i giovani a fare la fila per partecipare a un talent show o ai giochi a quiz. Il Festival 2014 costa 18 milioni di euro, ma deve sostenersi economicamente da solo, con gli sponsor e le entrate pubblicitarie. Parità tra entrate e uscite, dunque, a colpi di spot. I telespettatori se ne dovranno sorbire non pochi. Un passaggio di soli 30 secondi costa all’inserzionista 230 mila euro, un abbonamento per 5 passaggi di 60 secondi costa 2 milioni e 350 mila euro. Orgoglio nazionale, dunque, il Festival, dove le canzoni devono avere (ma non sempre l’hanno avuto) il primo posto e dove, però, assumono grande importanza il look degli interpreti, i pettegolezzi, le storie segrete, i siparietti comici e soprattutto la presenza di ospiti di livello mondiale. Non solo provenienti dal mondo delle sette note, ma anche dal cinema, dal teatro, dai mezzi di comunicazione, dalla politica e dalla scienza, come testimoniano, nelle passate edizioni, gli interventi dei Nobel Dulbecco e Gorbaciov, di Alberto Sordi, Benigni, Proietti e di Carla Bruni, ancora in sella come première dame oltre che cantautrice. Ma lo spettacolo va salvaguardato ad ogni costo, nel rispetto dello slogan consolidato “Sanremo è sempre Sanremo”. Per questo Fazio e il suo staff, a pochi giorni dalla prima serata, sono ancora alla ricerca di star. Una ricerca che si fa quasi affannosa man mano che la fatidica ora X si avvicina. Si puntava su Paul Mc Cartney, monumento dei Beatles, che avrebbe chiesto un compenso di 800 mila euro. Alta anche la richiesta di Roger Waters, ex leader dei Pink Floyd, malgrado si trovi contemporaneamente ad Anzio per inaugurare una statua dedicata al padre, che nella cittadina laziale sbarcò con i marines nella Seconda guerra mondiale. Ci si dovrà accontentare, per dire, delle sorelle Kessler, del principe dei commentatori scientifici Piero Angela, mentre si insegue Renzo Arbore che si fa tirare per la giacca. Sfileranno molti calciatori, a quattro mesi dai Campionati del mondo in Brasile. Tra i comici, l’affermato Enrico Brignano, che sta per portare in America il suo «Rugantino» dopo tre mesi al Sistina di Roma. Tra i tv-makers sarà celebrata Raffaella Carrà, mentre dopo quindici anni torna Laetitia Casta. Apparirà il mago Silvan, come pure Claudio Baglioni, Gino Paoli, il pianista Danilo Rea, il cantautore Paul Van Harver, cresciuto in Belgio dalla madre fiamminga dopo l’uccisione del padre nell’eccidio in Ruanda. Per Pippo Baudo un premio alla carriera. Non ci sono grosse polemiche, quest’anno, anche se Fazio e la Littizzetto hanno varato una serie di spot, uno dei quali (peraltro scomparso), sulle note di «Se mi lasci non vali», ha suscitato le critiche dei disabili per la scena in cui a lui resta in mano il braccio della partner. Piccolo inconveniente può considerarsi l’anticipazione di Massimo Giletti, nel corso della trasmissione domenicale «L’Arena», che sul palco di Sanremo ci sarà tutte le sere Pif, nome d’arte di Pierfrancesco Diliberto, il regista del sorprendente film «La mafia uccide solo d’estate». Un’anticipazione non gradita né da Fazio né da Giancarlo Leone, direttore di Raiuno,alla vigilia della conferenza stampa. Ma la vera sorpresa, alla fine, potrebbe essere lo stesso Fazio se canterà insieme alla sua «Lucianina». Venendo ai contenuti, la linea musicale prevalente del Festival di Sanremo 2014 è, malgrado tutte le evoluzioni che si sono susseguite negli anni, quella melodica, che discende direttamente dal melodramma dei nostri grandi autori d’opera. Lo dimostra la presenza delle orchestre, sul palco, e la loro composizione, con la prevalenza di violini, violoncelli, viole, strumenti ad arco dai dolci suoni romantici. Una linea classica, insomma, un articolarsi di note e di frasi musicali tese a dare corpo a parole usuali ma mai logore nella canzone di natura sentimentale. La parola «amore» non può essere assente dalle canzoni di Sanremo, anche se questa pluridecennale tradizione fa storcere la bocca ai giovani e agli innovatori. Non si può negare che si è restii alle novità, e che le nuove proposte sono assai ridotte di numero rispetto a quelle dei “Big”. Tuttavia, non si può non tenere presente che Sanremo è non solo uno stile, ma anche una vetrina. Un trampolino di lancio per i giovani, una conferma per altri, una ricca piazza di mercato per i discografici. Da Sanremo non sempre esce la canzone regina, quella che tutti cantano e che vende milioni di cd. Anzi, a volte sono state bocciate composizioni che poi hanno avuto successo. E’ il caso, ad esempio, de «Il ragazzo della via Gluck» di Adriano Celentano (1966) e di «Vita spericolata» di Vasco Rossi (1983). Oltre e al di là di Sanremo si sono affermate altre tendenze, rockettare, rap , beat, urlatori, indie, che pure qui, sul palco dell’Ariston, sono presenti, anche se in minoranza. In sostanza, Sanremo conserva tutta la sua importanza e il suo fascino, ma non esaurisce tutta la domanda musicale. Qui e altrove si manifesta, anche nel campo della musica leggera, il gap tra chi occupa le poltrone dell’Ariston con l’abito da sera o è piantato davanti alla tv e chi, come i giovani, frequenta le piazze e le arene. Un distacco che si manifesta anche nei voti delle giurie. I critici, come ci confida Dario Salvatori, autore di un imponente Atlante storico su Sanremo, lamentano che nella presente edizione siano assenti molti nomi tra coloro che hanno partecipato ai talent show. Le uniche eccezioni sono Noemi e Giusy Ferrero. Ma ora si apra il sipario sulle cinque serate e si dia il via alle scommesse. Da tenere d’occhio ci sono Cristiano De André, Arisa, Raphel Gualazzi. Sempre secondo Salvatori, però, non c’è da attendersi molte sorprese: «Vincerà un artista che ha già trionfato su quel palco. Non credo che la spunteranno Riccardo Sinigallia o Frankie hi-NRG. E’ molto più probabile che a trionfare siano Ron, Antonella Ruggiero oppure Francesco Renga: artisti che non hanno mai tradito il pubblico. Gli altri, che nessuno si offenda, sono costruiti». Gabriella Sassone
|