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150 anni con i poveriNella Torino dell’Ottocento promuoveva la prima scuola elementare per bambine povere nel rione di Borgo Dora, allora uno dei più degradati della città. Qualche anno più tardi apriva il primo asilo infantile. Ma il suo amore più grande è sempre stato quello verso le ex detenute: segue le ragazze direttamente nelle prigioni, insegna loro a leggere e scrivere, e una volta libere le aiuta con piccoli lavoretti perchè riescano a mantenere se stesse e i propri figli. Esistenze perdute alla luce del Vangelo. Oggi è un vero e proprio “sistema di welfare” pensato per le fasce più deboli della popolazione: in particolare le donne, i giovani, le famiglie italiane, migranti e profughe, i bambini malati e i loro familiari, chi vuole uscire dal tunnel delle droghe. Tre i settori privilegiati: educativo, sociale e culturale. Obiettivo: puntare sulla promozione umana, via privilegiata di riscatto per una vita migliore. Un distretto sociale nel cuore di Torino aperto a tutta la regione, protagonista in questi ultimi anni di una profonda trasformazione. Stiamo parlando dell’Opera Barolo, ente erede universale della marchesa Giulia Colbert e del marito Carlo Tancredi, esempi di carità cristiana nell’Italia dell’Ottocento (per i due coniugi sono in corso le cause di beatificazione) che festeggia oggi 150 anni di attività e si conferma un’eccezionale polo della solidarietà. Due gli appuntamenti: venerdì 17, alle 11, a Palazzo Barolo, l’Opera incontra le istituzioni e la città (partecipano il presidente regionale Cota e il sindaco Fassino) per presentare le tante attività sociali. Sabato 18, a Palazzo Barolo, convegno sul tema «Giulia di Barolo. Patrimonio di umanità, valore di un’esperienza», interviene l’arcivescovo di Torino e presidente dell’Opera mons. Cesare Nosiglia. «L’Opera Barolo ha promosso e affiancato un secolo e mezzo di welfare di comunità a servizio dei più vulnerabili», ha spiegato a «il nostro tempo» il vicepresidente dell’Opera avvocato Luciano Marocco. «Grazie ad un lavoro di squadra e a una strategia d'integrazione con il Comune di Torino, e attraverso la progettualità economico-sociale della Regione Piemonte, l'Opera sta oggi realizzando un housing sociale nel cuore della città, all'interno del proprio “Distretto sociale”, nell'area compresa tra via Cottolengo e via Cigna. In uno scenario di crisi che ci interroga e ci chiama ad azioni coraggiose, a superare noi stessi, l'Opera va incontro alla Città con una nuova progettualità, riconfermando la propria natura di "cantiere di civiltà" per il territorio. La condivisione pubblica di questa sfida è l'occasione per tradurre l'eredità dei Marchesi di Barolo, il loro pensiero sociale all’avanguardia e la loro azione. Soprattutto negli ultimi anni, abbiamo intrapreso nuove strade ed azioni, sempre più in dialogo con gli attori istituzionali e del Terzo settore. Quel Terzo settore, di cui facciamo parte, che è una risorsa immensa, ma che deve crescere in termini di efficacia ed efficienza della gestione, per trovare una propria sostenibilità economica, oltre che di valore». Cuore pulsante dell’Opera sono dunque Palazzo Barolo, già dimora dei Marchesi, e il cosiddetto «Distretto sociale», che ospita 13 enti, tra i quali il Rifugio per le ex detenute e l’ospedale di Santa Filomena per i bambini disabili. Proprio qui, nella primavera del 2015, sorgerà come ha annunciato l’avvocato Marocco un nuovo complesso di 3 mila metri quadri e 43 unità abitative destinate a «residenze temporanee assistite»: un housing sociale capace di accogliere 81 persone in difficoltà economiche, come risposta a quel «diritto di tutti alla casa», più volte ricordato dal vescovo mons. Cesare Nosiglia. Non si può capire la profezia dell’Opera Barolo, senza conoscere la storia di Giulia Colbert. Non si può visitare Palazzo Barolo apprezzando tutte le sue bellezze, senza ricordare che in quelle stanze ha vissuto la «Madre dei poveri». Sì, perchè tra quelle mura, in via delle Orfane, la marchesa incontrava e ospitava vescovi, ministri e generali, ma anche ex detenute e orfanelle, poveri e sofferenti della città. Un Palazzo che ha respirato gli stessi sogni di Giulia. Un’Opera che gestisce l’immenso patrimonio ereditato dai Marchesi con la stessa lungimirante visione di quella donna straordinaria. Un esempio, su tutti: per dare futuro alla sua missione, con disposizioni testamentarie che costituiscono un “caso giuridico”, Giulia istituisce quale erede universale l’Opera Pia Barolo, ne definisce governance, finalità e modello gestionale considerati innovativi, e tuttora operativi. Obiettivo: rendere l’ente aderente ai principi che l’hanno ispirato. E cioè la cooperazione tra pubblico e privato, Chiesa e società civile. Pronipote del ministro del Re Sole, Jean Baptiste di Maulèvrier, Giulia Colbert, ricca aristocratica di Vandea, ha sempre coltivato amicizie importanti: dal vescovo Dupanluop al poeta Lamartine, dal giovane Cavour a Carlo Alberto, da don Bosco (che più volte aiutò) a Cesare Balbo e Silvio Pellico. Ma ha sempre avuto a cuore i più bisognosi: nel 1829 apre il primo asilo infantile in Piemonte, nascono poi le Famiglie delle operaie, la prima casa-famiglia gestita dalle suore di San Giuseppe. I coniugi Barolo fondano poi due famiglie religiose: per iniziativa di Giulia le sorelle penitenti di Santa Maria Maddalena, oggi Figlie di Gesù Buon Pastore; suo marito Tancredi dà vita alle Suore di Sant’Anna, che si specializzeranno nell’educazione giovanile. La scuola Barolo di Altessano (Venaria), fondata nel 1837 e oggi gestita direttamente dall’Opera, è aperta da 176 anni, l’Ospedalino di Santa Filomena è il primo dedicato all’assistenza dei bambini disabili e oggi ospita la cooperativa «Camminare insieme» per l’assistenza sanitaria. Ma l’amore più grande della marchesa, non bisogna dimenticarlo, fu quello per le detenute. Al suo arrivo a Torino Giulia è colpita in particolare dalla drammatica situazione delle carceri femminili e si impegna in una riforma proposta e scritta insieme alle stesse detenute, che diventa un esempio per l’Europa: parte dal principio che il carcere oltre che punire, deve redimere, rieducare, ridare dignità alla persona per reinserirla nella società. Ponendosi il problema del reintegro delle detenute nella comunità, nel 1823 Giulia crea il «Rifugio», centro di educazione preventiva per ragazze a rischio e di riabilitazione per ex detenute, un ponte tra la prigionia e la società civile. Oggi l’Opera Barolo si presenta come un vero e proprio sistema, costituito da diversi ambiti di attività, che vivono e si sviluppano nel solco tracciato dai Marchesi. I numeri sono lì a dimostrarlo: una quarantina gli enti partner tra associazioni, cooperative, organizzazioni no profit, congregazioni religiose e istituti scolastici. Le loro attività si svolgono negli spazi dell’Opera: un servizio che ha un valore calcolato in circa 1,5 milioni di euro all’anno. Il 57 per cento degli enti beneficiari è rappresentato da agenzie che si occupano di assistenza, il 41 per cento da istituti scolastici e il 2 per cento da istituzioni culturali. Solo nel 2012 oltre 6 mila persone hanno usufruito dei servizi e 500 ragazzi hanno frequentato le scuole sostenute dall’Opera, di cui 250 in strutture condotte direttamente dall’ente. I partner sono scelti per «attinenza» con il settore educativo, sociale e culturale dell’Opera e per la disponibilità a realizzare una «integrazione strategica» a favore dello sviluppo del capitale umano, come volevano i Marchesi. L’Opera, 28 dipendenti, di cui 19 per le scuole e 9 per l’ente, e 50 volontari (inclusi i sei consiglieri), si occupa di socio-assistenza, istruzione e cultura nel Distretto sociale di Torino e nella Villa S. Giuseppe a Mondrone, in Valle di Lanzo e nelle Cascine cappella a Saluzzo e Cavaglià a Santena. Nel settore sociale gli enti partner sono una ventina: dall’Ufficio migranti della diocesi di Torino all’associazione «Camminare insieme» per l’assistenza sanitaria agli extracomunitaria, dalla Bartolomeo&company per l’assistenza ai senza fissa dimora al Civs per l’accoglienza alle donne profughe, dalla congregazione Buon Pastore (baby parking, comunità mamma-bambino) alla cooperativa Di Vittorio, soggetto attuatore dell’Housing sociale di via Cottolengo. E poi l’educazione. I Marchesi, che consideravano la scuola come condizione necessaria per lo sviluppo, 176 anni fa hanno aperto la Scuola primaria Barolo di Altessano (Venaria, To), gestita direttamente dal 2006 e frequentata oggi da 250 allievi. L’Opera è presente anche con l’Istituto S. Anna di Moncalieri, complesso scolastico di primo grado, secondaria e dell’infanzia affidato alle suore di S. Anna con circa 250 studenti. Nel 2002 la Fondazione Tancredi gestisce il Musli, Museo della scuola e del libro per l’infanzia (visitato da circa 9 mila bambini l’anno), il centro studi (che attrae donazioni importanti, come quelle della Sei e di Paravia) e una biblioteca specializzata. E infine la cultura, perchè è la bellezza che stimola la crescita dell’essere umano, come amava ripetere la marchesa Giulia («Avvicinarla per poterla riconoscere nella vita»). Palazzo Barolo, uno dei esempi più belli di architettura barocca a Torino, restaurato di recente, con il suo scalone a forbice, i suoi stucchi, i soffitti affrescati dei bellissimi saloni, le splendide stanze al piano nobile in cui visse il Pellico (che i Marchesi ospitarono dopo la prigionia nel carcere dello Spielberg, dal 1834 al 1854), ospitano il Museo Barolo, uno dei più significativi e meglio conservati esempi di dimore nobiliari della città, visitato ogni anno da 20 mila persone. Dopo un secolo e mezzo di lavoro intenso, ma silenzioso, l’Opera Barolo si mette ancora una volta al servizio dei poveri e della città per promuovere quel «capitale umano» che stava tanto a cuore a Giulia. Visione lungimirante quella della marchesa, perché anche oggi è solo il talento di uomini, donne e ragazzi che può salvare il Paese dalla crisi. Cristina MAURO
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