I nuovi cardinali e la Chiesa di tutti

La Chiesa «dei poveri» e «per i poveri» agognata e pronosticata da papa Francesco fin dal giorno della sua elezione prende forma con grande evidenza anche agli occhi dei distratti e degli indifferenti con la nomina di nuovi 16 cardinali (più 3) annunciati all’Angelus di domenica 12 gennaio e ai quali imporrà la berretta rossa e consegnerà l’anello il 22 febbraio, festa della Cattedra di San Pietro. Si tratta di un evento grandioso, spirituale e umano, religioso e politico, che colpisce per la sua singolarità e novità, e offre l’immagine di una Chiesa autenticamente e realmente «cattolica», estesa in tutto il mondo e aperta a tutto il mondo.

Le ipotesi, le attese e le indiscrezioni della vigilia sono state in parte confermate, ma in parte hanno deluso chi faceva calcoli domestici, aritmetici, geografici. Si poteva pensare, ad esempio, che sarebbe stata confermata la tradizionale sede cardinalizia di Torino, insieme con Venezia. Così non è stato. Certo, non c’è rammarico, né tanto meno polemica. E oggi ci si chiede: dov’è Burkina Faso? Dov’è Haiti? Sono là dov’è la Chiesa, dove ci sono i fedeli, i cristiani, in quell’Africa che soffre e cresce, che è sfruttata nelle sue ricchezze, dove povertà e malattie sono endemiche, che subisce persecuzioni; ma anche in quell’isola caraibica colpita quattro anni da un terribile terremoto dalle cui rovine la popolazione non si è ancora risollevata.

Dall’Africa all’America Latina, dall’Asia al Canada, con qualche scampolo di Europa (Italia e Gran Bretagna) dobbiamo abituarci a pensare la Chiesa nei suoi confini universali, o meglio senza confini. Gli arcivescovi residenziali «appartengono a 12 nazioni di ogni parte della terra e rappresentano», ha sottolineato il Papa, «il profondo rapporto ecclesiale fra la Chiesa di Roma e le altre Chiese sparse per il mondo».

Certo, ci sono anche nomine “dovute”, ma non per questo meno sentite. Pietro Parolin, arcivescovo titolare di Acquapendente, è il suo segretario di Stato, un diplomatico fatto rientrare da lunghe missioni. Lorenzo Baldisseri, arcivescovo titolare di Diocleziana, è Segretario generale del Sinodo dei vescovi, un organismo importante, che si riunirà due giorni prima del Concistoro per occuparsi della famiglia. A lui, assistente nel Conclave, Francesco aveva imposto la sua berretta al momento in cui era stato eletto e si accingeva ad indossare la veste bianca.

Ci sono i curiali-non curiali: Gerhard Ludwig Műller, arcivescovo-vescovo emerito di Regensburg, Prefetto della Congregazione per la Dottrina della fede; Beniamino Stella, arcivescovo titolare di Midila, prefetto della Congregazione per il clero. Autentica sorpresa è l’unico italiano residenziale, Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia-Città della Pieve. Abbiamo un porporato nel cuore dell’Inghilterra anglicana, Vincent Nichols, arcivescovo di Westminster. Ed ecco avanzare la pattuglia delle due Americhe: Leopoldo José Brenes Solórzano, arcivescovo di Managua nel Nicaragua, Gérald Cyprien Lacroix, arcivescovo di Québec in Canada, Orani João Tempesta, cistercense, arcivescovo di Rio de Janeiro al quale si deve l’organizzazione della Gmg, Mario Aurelio Poli, arcivescovo di Buenos Aires, Ricardo Ezzati Andrello, arcivescovo di Santiago del Cile e l’Haitiano Chibly Langlois, vescovo di Les Cayes. Dall’Asia vengono il coreano Andrew Yeom Soo jung, arcivescovo di Seoul e il filippino Orlando B. Quevedo, omi, arcivescovo di Cotabato. L’Africa è accreditata da Philippe Nakellentuba Ouédraogo, arcivescovo di Ouagadougou (Burkina Faso) e da Jean-Pierre Kutwa, arcivescovo di Abidjan (Costa d’Avorio). Sono cardinali elettori, che mantengono il plenum del Sacro collegio a 120, come stabilito da Paolo VI: quelli che entrerebbero nel Conclave se si votasse oggi. Altri vuoti si verificheranno, perché altri porporati compiranno 80 anni e quindi altri posti si renderanno disponibili con l’andar del tempo.
Insieme ai 16 il Papa ha voluto unire tre arcivescovi emeriti, «che si sono distinti per il loro servizio alla Santa sede e alla Chiesa». Spicca tra loro, e suscita commozione e tenerezza, mons. Capovilla, che fu segretario di Giovanni XXIII, poi vescovo di Chieti e ora arcivescovo titolare di Mesembria, un quasi centenario, sempre lucido e indomito, archivio vivente del Concilio ecumenico vaticano II e della vita del Papa buono, che il prossimo aprile verrà proclamato santo. Con lui, Fernando Sebastián Aguilar, cmf, emerito di Pamplona. Kelvin Edward Felix, arcivescovo emerito di Castries. Per tutti loro il Papa ha chiesto di pregare. E nell’omelia della messa ha chiesto ai fedeli «un supplemento di carità, quella carità che condivide, che si fa carico del disagio e della sofferenza del fratello».

Nella stessa domenica ha battezzato 32 bambini. Le cronache hanno messo in risalto due episodi. Uno che il Papa ha impartito il battesimo a una bambina, Giulia, figlia di genitori sposati solo civilmente. Il Battesimo è per tutti, è una grazia, un dono. Francesco non discrimina, non accoglie criteri umani. Apre la Chiesa a tutti, spalanca il Vangelo. «Mi piace battezzare», dice. E’ la Chiesa inclusiva. «Se piangono», prende spunto il Papa, «è perché hanno fame. Mamme, date loro da mangiare». O col biberon e dal seno.

Il nuovo clima che si respira nella Chiesa è dato anche dai passi che giorno per giorno papa Bergoglio compie per il rinnovamento della Chiesa e la riforma della Curia. Almeno 120 “monsignori” devono rinunciare al titolo e all’impiego e possibilmente rientrare nelle rispettive diocesi. Ma l’attenzione del Papa ai problemi mondiali è emersa nell’udienza concessa ai rappresentanti diplomatici di 180 Paesi, tanti quanti sono gli Stati accreditati con la Santa sede, mentre si fanno progressi con i pochi con cui è stato firmato un protocollo preliminare, come la Cina. Dalla Siria al Centro Africa, dalla Nigeria all’Iraq, Francesco ha toccato nel suo lungo intervento tutte le aree che oggi soffrono a causa della violenza. Ha ribadito la necessità di combattere la «cultura dello scarto», di aiutare i più deboli e in particolare i migranti ed ha levato un appello accorato affinché i bambini siano risparmiati dall’orrore dell’aborto, della guerra e della tratta degli esseri umani. Insomma, una road map globale per la pace e i diritti umani.

Abbiamo davanti, ha aggiunto, «le immagini di distruzione e di morte nell’anno appena trascorso». Per la Siria ha chiesto ancora una volta la fine della guerra civile: «Occorre ora una rinnovata volontà politica comune per porre fine al conflitto. Auspico che la Conferenza “Ginevra 2”, convocata per il 22 gennaio, segni l’inizio del desiderato cammino di pacificazione. Nello stesso tempo, è imprescindibile il pieno rispetto del diritto umanitario». Ha espresso preoccupazioni per l’acuirsi dei contrasti nel Libano, instabilità che vivono anche l’Egitto e l’Iraq. Progressi sono invece stati compiuti nel dialogo tra l’Iran e il Gruppo 5+1 sulla questione nucleare.

Ma occorrono maggiori sforzi per la pace tra israeliani e palestinesi. E’ questo una delle sue preoccupazioni. Se ne farà portatore nel suo pellegrinaggio in Terrasanta, a fine maggio. Preoccupazione espressa ora per la Repubblica Centrafricana, dove la popolazione soffre a causa di tensioni «che hanno seminato a più riprese distruzione e morte». Occorre «l’interessamento della Comunità internazionale» affinché «contribuisca a far cessare le violenze, a ripristinare lo Stato di diritto e a garantire l’accesso degli aiuti umanitari» nel Paese. Da parte sua la Chiesa cattolica «continuerà ad assicurare la propria presenza e collaborazione» per aiutare la popolazione e per «ricostruire un clima di riconciliazione e di pace».

Novità e riforme anche a livelli nazionali, specifici. Ad esempio, per l’«amata Italia, radici comuni», ricordata proprio nel discorso ai diplomatici. Ha nominato il nuovo segretario generale della Cei: è Nunzio Galantino, vescovo di Cassano all’Jonio, in Calabria. Nato a Cerignola (Foggia), sessantasei anni, Galantino prende il posto di Mariano Crociata, recentemente nominato vescovo di Latina. Ma il neo segretario farà il pendolare: «Si sono intessute delle belle e leali relazioni tra persone», ha detto. Ha scherzato: «Penso che il Papa abbia avuto un bel coraggio». E sulla sua funzione part-time: «Certo, Roma è un po’ lontana, ma ho sempre viaggiato e continuerò a farlo». Viene dalla Calabria anche Santo Marcianò, nuovo arcivescovo ordinario militare per l'Italia, trasferito dalla sede arcivescovile di Rossano-Cariati, sempre in Calabria. E’ la conferma di quel valore delle periferie, realtà molto cara a Francesco. Marcianò ha 53 anni, è nato a Reggio Calabria, e anche lui copre quel ruolo che sempre Crociata aveva rifiutato.

 Antonio Sassone



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