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Andreoli: "Ora credo di poter credere"
Uno come Vittorino Andreoli, che fa lo psichiatra da più di cinquant’anni e si è occupato con passione delle patologie di personaggi celebri e meno celebri, prima o poi doveva arrivarci. E ci è arrivato. Ha fatto una “perizia” sul figlio di Dio e l’ha pubblicata. Ecco «Il Gesù di tutti» (ed. Piemme). Già fior di “esploratori” della mente umana s’erano avventurati in questa missione. Il neuropsichiatra veronese («vecchio, se non vuoi definirmi autorevole», ironizza con un largo sorriso) ha studiato la storia, consultato 800 volumi, analizzato documenti, confrontato i Vangeli, letto gli apocrifi. E alla fine ha scoperto la straordinaria umanità del figlio di Dio, ma anche la sua fragilità (basti pensare all’angoscia vissuta nel Getsemani). Ne ha tratto un identikit: «È un uomo che non va in cerca del potere», dice Andreoli, «anzi, va contro il potere, si schiera con gli ultimi, esalta i poveri di spirito e proclama le beatitudini. Gesù ci testimonia il bisogno del Padre, l’amore, il perdono. Non certo la megalomania». Lo psichiatra che s’è occupato delle personalità umane più complesse, ha così stilato il suo “referto” su Gesù di Nazaret: «Non c’è nulla di folle in Cristo, che al contrario è un uomo di grande fascino, di eccezionale carisma sulle folle. Un trascinatore. Di più: è il personaggio più rilevante della storia». Ci voleva del coraggio ad affrontare Gesù, su cui escono ogni anno duemila studi, saggi scientifici, libri ancora dopo venti secoli, a dimostrazione della sua grandezza e perenne attualità. Andreoli non si è spaventato: «Questo avvicinamento a Gesù è stato un mio colpo di testa. Mi sono detto: di che cosa bisognerebbe avere paura? Ogni nuovo elemento emerso sarebbe stato un arricchimento. Per i primi trent’anni di vita di Gesù si può parlare quasi solo di ipotesi. Poi è venuto fuori il Gesù che sappiamo. Io mi sono occupato e parlo di un Gesù di adesso, ecco perché dico che è un mio contemporaneo». Già Gesù domandava ai suoi apostoli: «Le folle chi dicono che io sia? Ma voi chi dite che io sia?». Per Andreoli «Gesù è l’esempio di come deve essere l’umanesimo. La religione viene da Dio, l’umanesimo è creato invece dagli uomini, ecco la differenza. Il non credente vede in quest’uomo un esempio straordinario, il credente ci coglie Dio, l’incarnazione, Betlemme. Io non so se un uomo possa essere Dio, se ci sia Dio o no; di sicuro questo Gesù sarebbe un ottimo candidato e qui è inutile far le “primarie”». Interessante lo spartiacque tracciato dallo studioso nel gran mare della fede: «I credenti sono quelli che hanno un’esperienza diretta di Dio; i non credenti sono quelli che mancano di quest’esperienza e che, se l’avessero, sarebbero credenti. Sono il popolo in ricerca, e io personalmente trovo che sia bellissimo cercare. Poi ci sono gli atei, coloro che sostengono che chiunque creda in Dio sbaglia, è un illuso, un visionario. Credenti e non credenti sono contro gli atei allo stesso modo. La posizione dei non credenti, per altro, è di grande interesse religioso. Anzi, io sostengo in questo libro che la Chiesa dovrebbe occuparsi soprattutto dei non credenti, non di quanti sono convinti di avere Cristo in tasca, depositari della verità. Io non so giudicare i Papi, però, siccome conosco un pochino la figura di Gesù, posso dire chi gli assomiglia di più e chi meno. Papa Bergoglio, che si rifà a Francesco, gli assomiglia più degli altri». Dopo essere salpato da non credente in questo viaggio attorno a Gesù, all’approdo Andreoli si ritrova come uno che dal Maestro ha imparato cosa sono il dolore, l’amore, il rispetto. «Sento che il mio desiderio di credere è più forte, ora. Sogno di essere il ladrone del Calvario, non Caifa o Pilato. Al ladrone Gesù non chiede chi è, che cosa ha fatto, ma gli assicura il paradiso. Oggi parliamo tanto di giustizia. Lui porta il perdono, che è andare oltre la giustizia. Se vai all’altare con la tua offerta e ti accorgi che sei in collera con un tuo fratello, lascia l’offerta, torna prima a casa e ristabilisci un legame d’affetto… È la rivoluzione delle Beatitudini: beati i poveri invece che essere ricchi, invece che rubare, sbracciarsi per entrare nei consigli di amministrazione, darsi alla politica per costruirsi carriere… Continuiamo a lamentarci che non abbiamo punti di riferimento. Ecco qui l’esempio. Seguire Gesù davvero cambierebbe la storia, dell’uomo e dell’umanità». Viene naturale una curiosità: se Andreoli avesse dovuto preparare una delle sue epocali “perizie” per un personaggio come Pilato, su Gesù cosa avrebbe scritto? «Nel mio mestiere ho visto molti che si credevano Dio, la Madonna, santi e simili. In Gesù troviamo un profondo senso della realtà, del limite, della modestia. C’è la capacità di ascoltare. È un uomo fuori dall’ordinario. Studiandolo sempre di più, ho scoperto che diventa un mio ideale: non è solo quell’uomo, ma è una sorta di icona in cui ognuno si proietta. Gesù è buono ma non buonista, non si fa mettere i piedi in testa, ha un’elevata considerazione della dignità. L’incontro con lui sconvolge gli schemi, ti cambia la vita e il Vangelo è pieno di questi momenti. Il fatto è che ci stiamo allontanando sempre di più dal cielo e che Dio pare in eclissi». Con il risultato, secondo lo psichiatra e criminologo, che «ci scopriamo sempre più fragili e vulnerabili. Siamo all’uomo di vetro. In una società come questa, in cui la forza è solo potere, che significa denaro, Gesù celebra nel modo più sublime l’amore, i poveri, i piccoli, gli ultimi». Ma alla fine dell’esplorazione di Cristo, una perizia su Vittorino Andreoli cosa direbbe? «Sono sincero, se uno mi dicesse che sono stato ispirato, ne sarei felice. Adesso che ho terminato la ricerca mi è venuta voglia di pregare, anche se non so come. Non credo, ma credo di poter credere e, anzi, lo desidero. E intanto aspetto». Giuseppe Zois
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