Benvenuto Bambino

E’ l’uomo dell’anno, la persona dell’anno. E’ papa Francesco. Lo ha proclamato la prestigiosa rivista americana «Time», che elegge il personaggio più rappresentativo, un leader, una guida, un capo spirituale, secondo il giudizio dei suoi lettori. Papa Francesco è tutto questo insieme. Per lui la copertina dell’autorevole settimanale, una cornice rossa su fondo oro, realizzato dall'artista americano Jason Seiler in 70 ore di lavoro sul computer. La copertina traduce in immagine la motivazione del riconoscimento di «Time», secondo cui il «settantenne superstar» Bergoglio «fa un uso da maestro degli strumenti del 21° secolo per porre in atto il suo mandato del primo secolo dopo Cristo».

In Vaticano è stato giudicato come «un segno positivo» il fatto che «uno dei riconoscimenti più prestigiosi nell'ambito della stampa internazionale sia attribuito a chi annuncia nel mondo valori spirituali, religiosi e morali e parla efficacemente in favore della pace e di una maggiore giustizia». Questo il commento del portavoce della Sala stampa, padre Federico Lombardi. Vasta l’eco nel mondo. «Il Papa è un idolo mondiale e non solo per i musulmani. Auguri papa Francesco», esclama il presidente della Comai (Comunità del mondo arabo in Italia) e fondatore di «Uniti per unire»: «E' una notizia bellissima che ci incoraggia e ci rende ancora più felici e convinti della nostra idea riguardo il lavoro di papa Francesco, che in poco tempo è diventato un nostro idolo nel suo impegno a favore del dialogo interculturale e interreligioso, la pace e i diritti umani».

A livello popolare e a dimensione nazionale è la presenza del Papa tra le statuine del presepe napoletano. Papa Francesco è anche il Papa della tenerezza, che dimostra soprattutto verso i bambini. E’ il Papa della pace, che ha fermato il criminale uso dei gas in Siria e che in vista del 2014 ha lanciato il suo primo messaggio di pace per la Giornata della pace. E’ il Papa che parla ai pellegrini nelle grandi udienze del mercoledì e all’Angelus la domenica, che conversa con i giornalisti, rilascia interviste non solo a organi cattolici, come il mensile dei gesuiti, ma anche a chi proclama di non essere alla ricerca di Dio e di essere però attratto dalla figura di Gesù e di privilegiare dunque un discorso razionale, come ha fatto col fondatore di «Repubblica» Eugenio Scalfari. E infine con chi scandaglia il lato umano.

E’ questo il tenore dell’ultima intervista al quotidiano torinese «La Stampa». Si apre con un forte invito: «Non avere paura della tenerezza». Un incoraggiamento in un mondo dominato da violenza e odio, mentre il Natale è «annuncio di gioia». Racconta con semplicità il momento dell’elezione. «Non me l'aspettavo. Non ho perso la pace mentre crescevano i voti. Sono rimasto tranquillo. E quella pace c'è ancora adesso, la considero un dono del Signore. Finito l'ultimo scrutinio, mi hanno portato al centro della Sistina e mi è stato chiesto se accettavo. Ho risposto di sì, ho detto che mi sarei chiamato Francesco. Soltanto allora mi sono allontanato. Mi hanno portato nella stanza adiacente per cambiarmi l'abito. Poi, poco prima di affacciarmi, mi sono inginocchiato a pregare per qualche minuto insieme ai cardinali Vallini e Hummes nella cappella Paolina».

Cita Dostoevskij per l’impressione che gli trasmise con l’interrogativo «perché soffrono i bambini?». Ribadisce chiaramente che l’ideologia marxista è sbagliata, non è la sua, perché si attiene al Vangelo e alla dottrina sociale della Chiesa. Tuttavia ha conosciuto tra i marxisti brave persone. E tra Chiesa e politica quale rapporto? «Devono procedere parallele e convergere solo nell'aiutare il popolo. Altre convergenze fanno imputridire la Chiesa». Taglia l’ipotesi di una donna cardinale. «Le donne devono essere valorizzate, non clericalezzate». Ma ci sono anche i grandi temi del rinnovamento della curia, la riforma dello Ior, la banca vaticana. «Siamo sulla strada giusta», conferma papa Bergoglio. Anche il papato deve riformarsi. Francesco accenna chiaramente a una guida collegiale, allarga le sue braccia ai patriarchi dell’Oriente ortodosso, confessa di avere un grande desiderio di incontrare Andrea, Marco, Kirill e gli altri “fratelli” che reggono le sedi degli apostoli, da Costantinopoli, ad Addis Abeba, da Mosca ad Aleppo. E dà per certo il suo pellegrinaggio a Betlemme e a Gerusalemme.

Compie 77 anni, Jorge Mario Bergoglio, e li festeggia con tre giorni d’anticipo con i bambini che sono curati in Vaticano nell’Ospizio Santa Marta, accanto alla sua residenza. Una grande, bella, semplice festa per spegnere le 77 candeline sulla torta e ricevere i doni: nove pacchi bianchi su ognuno dei quali c’era scritto: amore, semplicità, gioia, povertà, felicità, speranza, generosità, dolcezza, umiltà. La torta è stata trainata su un carrello da una decina di gracili ma tenacissimi facchini, alti poco più della torta stessa. Il Papa li ha voluti tutti attorno a sé. E come fa un nonno con i nipotini, ha contato, anche mimando con le dita, sino a tre, poi ha invitato tutti a soffiare insieme sulle candeline. Grazie, ha detto ai piccoli, «per l'amore che voi avete, per la gioia di questi bambini, per i doni, per la torta: è bellissima. Poi vi dirò se è buona o no».

Il leit motiv che percorre il messaggio della pace è «senza fraternità è impossibile costruire una società giusta e una pace solida e duratura». Il tema è esplicito fin dal titolo: «Fraternità, fondamento e via per la pace». Documento nel quale risuona forte l’invito ai seminatori di violenza e di morte a rinunciare all’uso delle armi e la condanna della corruzione, del crimine organizzato, della tratta degli esseri umani. «Rinunciate alla via delle armi e andate incontro all’altro con il dialogo, il perdono e la riconciliazione per ricostruire la giustizia, la fiducia e la speranza intorno a voi». E aggiunge: «Riscoprite in colui che oggi considerate solo un nemico da abbattere il vostro fratello e fermate la mano!». Dal Pontefice, che auspica dunque una «conversione dei cuori», anche un forte appello per il «disarmo da parte di tutti, a cominciare dal disarmo nucleare e chimico». Anche perché, rileva con amarezza, «finché ci sarà una così grande quantità di armamenti in circolazione», «si potranno sempre trovare nuovi pretesti per avviare le ostilità».

Architrave del documento pontificio è la fraternità. Quella vera tra gli uomini «suppone ed esige una paternità trascendente», perché la sua radice «è contenuta nella paternità di Dio», una «paternità generatrice di fraternità» che trasforma la nostra esistenza. Ma la «vocazione» alla fraternità è oggi spesso contrastata dalla «globalizzazione dell’indifferenza» che «ci fa lentamente abituare alla sofferenza dell’altro, chiudendoci in noi stessi». Del resto, osserva, alle guerre «fatte di scontri armati si aggiungono guerre meno visibili, ma non meno crudeli, che si combattono in campo economico e finanziario con mezzi altrettanto distruttivi di vite, di famiglie, di imprese». Cita le encicliche Populorum Progressio di Paolo VI e la Sollicitudo rei socialis di Giovanni Paolo II per ribadire che «non soltanto le persone, ma anche le nazioni debbono incontrarsi in uno spirito di fraternità», perché la pace «è un bene indivisibile. O è bene di tutti o non lo è di nessuno». La fraternità è la via maestra anche per sconfiggere la povertà. Servono a questo scopo «politiche efficaci che promuovono il principio della fraternità» assicurando alle persone di «accedere ai capitali» e alle risorse. Così come si ravvisa «la necessità di politiche che servano ad attenuare una eccessiva sperequazione del reddito».

Contro la corruzione e il crimine organizzato, Bergoglio chiede alla comunità politica di «agire in modo trasparente e responsabile» per generare la «pace sociale». I cittadini, ammonisce, «devono sentirsi rappresentati dai poteri pubblici nel rispetto della loro libertà». Drammi del nostro tempo sono la droga, lo sfruttamento del lavoro, «l’abominio del traffico di essere umani», gli «abusi contro i minori». In tante carceri il detenuto è spesso ridotto in uno stato sub-umano e viene violato nella sua dignità di uomo. Infine, l’appello contro «lo scandalo» della fame nel mondo. «E’ un dovere cogente» che «si utilizzino le risorse della terra in modo che tutti siano liberi dalla fame».

Antonio Sassone

 



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