La Torre campanaria, nuovo gioiello torinese

La salita è lunga, ma apre a meravigliosi orizzonti. Al termine dei 210 scalini inerpicati su una torre quadrata, ad oltre 40 metri di altezza, si arriva a toccare il cielo con un dito. Da lassù la vista è davvero mozzafiato: in una giornata tersa di sole si abbraccia con lo sguardo tutta Torino, dalle Alpi a Superga. Davanti agli occhi, la Cupola della Cappella del Guarini, uno “scrigno di pietra” pensato per conservare la Sindone e oggi avvolto in una ragnatela di transenne in attesa di vedere la luce dopo il rovinoso incendio del 1997. Sotto, i tesori architettonici del Polo Reale nel cuore della città: dalla nuova Galleria sabauda a Palazzo reale, dal Museo di Antichità all’Armeria e alla Biblioteca reale.

Siamo sul campanile del Duomo, restituito ai torinesi dopo un accurato restauro. I lavori sono stati presentati la settimana scorsa nelle auliche sale di Palazzo Chiablese dal vicario generale della diocesi mons. Walter Danna e dalla soprintendente Egle Micheletto, presente il direttore del Museo diocesano don Luigi Cervellin. Il progetto di recupero, firmato dagli architetti Maurizio e Chiara Momo, avviato nel marzo scorso, è terminato in tempi rapidi grazie al sostegno della Consulta per la valorizzazione dei Beni artistici e culturali di Torino e dalla Compagnia di San Paolo, ma anche grazie al contributo della Fondazione Crt e della Conferenza episcopale italiana, che ha destinato una quota dei fondi «8 per mille» destinata alla valorizzazione del patrimonio artistico e storico.

L’inaugurazione del «Percorso di salita alla torre campanaria della Cattedrale», ha detto mons. Danna durante la conferenza stampa, restituisce un importante tassello della storia, dell’arte e della cultura religiosa e civile di Torino. «Salendo fino in cima è possibile abbracciare con lo sguardo tutta la città, cogliendone anche lo spirito: a destra il Polo Reale, con la sua storia aulica da raccontare; a sinistra, il grande mercato di Porta Palazzo, cuore multietnico e multiculturale, testimone di una città capace di che aprire le porte al mondo, nel rispetto delle diversità e all’insegna della tolleranza». Non semplicemente una torre con i suoi oltre 500 anni di storia, dunque. E nemmeno Torre tra le torri, comprese quelle del XXI secolo che sfidano le altre in altezza. Ma il «segno di una comunità capace di accogliere tutti con rispetto». Per superare barriere e confini, oggi come allora.

La visita alla Torre, con accesso dal Museo diocesano di piazza San Giovanni, di cui diventa parte integrante, è un tuffo nella storia della città. Percorrere la piccola, suggestiva galleria che collega la navata sotterranea del Duomo con la torre è davvero emozionante. Elevata tra il 1469 e il 1470 per volontà del vescovo Giovanni De Compeys, presenta su ogni lato sei finestre a feritoia e in alto una grande apertura centrale, documento della preesistente torre campanaria medievale. Attraverso una scala con rampe in legno e quattro pianerottoli con gradini a fazzoletto che rendono il percorso agevole, si raggiunge la cella campanaria, d’epoca barocca, progettata tra il 1720 e il 1722 dall’architetto di corte Filippo Juvarra.

Una torre divisa in due parti, dunque. Una quattrocentesca e una settecentesca. «Le istruzioni per gli interventi sul coronamento sono stati descritti da Juvarra così nel dettaglio in un documento del maggio 1722 (il disegno autografo è conservato a Stoccolma) che sembra di poterli vedere», ha spiegato l’architetto Chiara Momo. «In verità, però, l’opera è rimasta incompiuta; dei tre elementi previsti, cella campanaria, lanterna e cuspide, solo i primi due sono stati realizzati». Nell’aprile del 1723 il re decide infatti di sospendere i lavori, ad eccezione delle colonne in pietra e delle opere necessarie per dare finita la cella campanaria sino all’imposta della cuspide. Alla fine di quell’anno, la torre assunse la configurazione definitiva, con i muri intonacati e i manufatti in pietra e stucco al di sopra della severa costruzione quattrocentesca, a pianta quadrata e muri spessi oltre due metri.

Durante la visita lo sguardo del visitatore scopre la storia della Torino cristiana, dall’antichità ad oggi: la torre infatti prima sovrastò le tre attigue chiese paleocristiane di Santa Maria, di San Giovanni Battista e di San Salvatore. Poi si affiancò al Duomo rinascimentale (costruito sulle tre chiese paleocristiane abbattute per far spazio alla nascente costruzione) e a questo fu collegata tramite la bassa galleria ipogea ora in parte utilizzata dal Museo diocesano.

Il restauro e l’apertura della Torre costituiscono un nuovo tassello che arricchisce quel grande “museo naturale” di cui Torino va giustamente Fiera e che si chiama Polo Reale: un’area che comprende il cuore aulico della città, da Palazzo Madama a Palazzo Reale, dal Parco archeologico delle Porte Palatine al Teatro romano. Al centro del Polo la Cattedrale, splendido esempio di architettura rinascimentale: edificata per volere del vescovo Domenico Della Rovere, ospita nella cripta il Museo diocesano di arte sacra, inaugurato nel 2008. Museo che per l’occasione, ha ricordato il direttore don Luigi Cervellin, si presenta con due novità: il percorso di visita tattile per non vedenti e ipovedenti, progettato e realizzato in collaborazione con gli esperti della sezione torinese dell’Unione italiana ciechi, sulle collezioni che raccontano venti secoli di storia e di fede della comunità torinese, dall’epoca romana ai nostri giorni; e l’acquisizione di nuove opere, in particolare il quadro cinquecentesco raffigurante l’«Annunciazione» proveniente dalla cappella cimiteriale di Osasio, ritirato negli anni Settanta dall’allora soprintendente Noemi Gabrielli perchè esposto in un’area non sufficientemente protetta.

Chi sceglierà di visitare il percorso dei tesori diocesani, aperti venerdì, sabato e domenica dalle 9.30 alle 18, avrà un gioiello in più da scoprire. La Torre campanaria, ne siamo certi, si guadagnerà un posto nel cuore dei torinesi e dei tanti turisti in visita sotto la Mole. Nella storia dell’arte la parte terminale dei campanili, la cosiddetta «cella campanaria», ha sempre rivestito una importanza particolare, perché scandiva la liturgia ed era il segno della presenza della Chiesa nelle città. A Torino la Torre del Duomo a mezzogiorno e alle cinque suona «Pia la squilla», l’inno di Lourdes. A ricordare a quanti saliranno i 210 gradini le altezze del cielo.

Cristina Mauro



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