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I cattolici e il dubbio elettoraleMarco Calgaro, Giampiero Leo e Giorgio Merlo, approdi politici diversi (rispettivamente Udc, Pdl e Pd), ma anche persone legate da comuni radici culturali che affondano nel cattolicesimo democratico. Un convegno dal titolo «Centro e moderati, dove vanno?», ha riunito a Torino i tre esponenti politici, nel tentativo di dare una risposta a questa domanda. Un interrogativo che riflette un po' i dubbi e le perplessità di un elettorato centrista e moderato da tempo privo di una precisa collocazione. Elettori la cui ultima delusione si chiama Scelta civica, formazione che sembrava fornire un'ottima prospettiva a coloro che rifuggono la netta contrapposizione destra-sinistra. In realtà non è soltanto Scelta civica a trovarsi in difficoltà. Può dirsi che un po' tutte le forze politiche stiano vivendo fasi convulse, dalle quali non è immune neanche il Movimento 5 Stelle, l'antipartito per eccellenza. Il punto è che si tratta di faccende tutte interne ai partiti stessi e anni luce distanti dalle concrete preoccupazioni dei cittadini. A nessuno importano le diatribe tra Monti e Casini, gli scontri tra “falchi” e “colombe” nel Pdl o le incomprensibili dispute che dividono il Pd. Mai come oggi, e per di più in presenza di una gravissima crisi economica e sociale, le forze politiche paiono totalmente avulse dalla realtà e dunque incapaci di affrontare le questioni in campo, realizzando le necessarie riforme, legge elettorale in testa. Se l'Europa nel suo complesso è segnata da un certo declino economico che ne indebolisce anche il modello di welfare, in Italia la situazione risulta ancora più acuta perchè da noi la politica è più debole che altrove. Leo avverte «un ripiegamento sul piano della cultura politica e dunque la mancanza di una progettualità capace di pensare al bene comune». D’altronde sono le stesse regole del nostro sistema politico a mostrare la corda. Il bipolarismo è il modello adottato un po' in tutte le democrazie avanzate perchè consente l'alternanza tra schieramenti politici diversi. Normalmente, però, si fronteggiano un centro-destra e un centro-sinistra e in entrambi gli schieramenti l'elemento moderato prevale su quello radicale. Il modello classico è quello tedesco, che Calgaro auspica di traghettare sotto le Alpi «con un bipolarismo ove si confrontino forze socialdemocratiche e democristiane, di solito alternative tra loro ma capaci anche di unirsi qualora le circostanze lo impongano. Un'alternanza in cui prevale un progetto e non la mera sommatoria di forze disomogenee che magari vincono le elezioni ma poi non riescono a governare». «Da noi», sottolinea Merlo, «il bipolarismo si è realizzato con modalità tali da avvantaggiare l’estremismo sulle istanze moderate e riformiste. Le diverse leggi elettorali, dal Mattarellum al Porcellum, fanno vincere chi prende un voto in più dell’avversario e allora, pur di prevalere nelle urne, si realizzano cartelli elettorali che imbarcano tutto e tutti, senza curarsi di un minimo di coerenza programmatica. Al momento del governo, però, i nodi vengono al pettine e le coalizioni si sfasciano». Una situazione che viene percepita dalle forze politiche, anche se la risposta per uscire dallo stallo alimenta più dubbi che certezze. Si fa infatti sempre più strada, nel Pdl e in alcuni settori del Pd, l'ipotesi presidenzialista, nella quale, come mostrano i partiti americani, coacervo di tutto e il contrario di tutto, l'omogeneità politica diventa secondaria e dove, a quel punto, l'elemento unificante diviene il candidato presidente. Ne consegue un modello basato sulla sola figura del leader, adatto probabilmente a unire il frammentato federalismo a stelle e strisce, ma certo estraneo alla cultura politica del Vecchio continente, orientata sul sistema parlamentare. Solo in Francia, e con qualche correttivo rispetto all'archetipo nordamericano, il presidenzialismo pare aver attecchito. «Un modello», rammenta Merlo, «più consono a quel latente cesarismo che alligna nella destra conservatrice che non alla vocazione pluralista del cattolicesimo democratico nel quale la politica viene interpretata come sede dei corpi intermedi e basata sulla rappresentanza parlamentare, possibilmente eletta con legge proporzionale. Con il presidenzialismo il ruolo dei cattolici in politica sarebbe più marginale di quanto non lo sia già ora. In pratica saremmo presenti ovunque e ininfluenti dappertutto». Un tesi su cui concorda Leo, che considera il dialogo, il confronto, e dunque una necessaria sintesi tra idee e interessi diversi, gli ingredienti indispensabili per far funzionare il sistema. «Una concezione della politica come servizio, nella quale i cattolici devono impegnarsi senza reticenze o sudditanze verso alcuno, puntando su quelle doti di moderazione loro proprie e di cui vi è estremo bisogno nell'attuale frangente politico. In questa direzione muove il Manifesto di Torino che punta ad un partito popolare e non populista; laico e non laicista; solidale e non egoista; con un indiscutibile ancoraggio al Ppe. E' soprattutto essenziale recuperare un raccordo tra eletti ed elettori e per farlo servono le preferenze con cui il cittadino possa scegliere i propri parlamentari». «Stanno finalmente giungendo al termine», ricorda Malgaro, «venti anni di contrapposizione frontale tra berlusconismo e antiberlusconismo. Una stagione tra le peggiori della vita politica italiana con un sistema bipolare in cui troppo spesso sono risultati decisivi i voti dell'estrema destra e dell'estrema sinistra. Adesso siamo prossimi al capolinea ed è probabile un rimescolamento del quadro politico». Si può immaginare una riproposizione della Dc? Merlo non lo crede, «perchè lo scudo crociato era figlio di un'epoca, quella della “guerra fredda”, che si è definitivamente chiusa». Ciò che però resta valido è la necessità di una politica capace di tenere insieme interessi diversi nel segno di un progetto comune. E allora forse la capacità di moderazione (diversa da un moderatismo che finisce per tutelare i detentori del potere) e l'idea di un solidarismo interclassista, cardini del riformismo cattolico, possono trovare il loro spazio. Non dunque la Dc, ma i democratici cristiani, magari nei due poli, pronti, chissà, a muoversi per una più salda e autentica ricomposizione. Aldo Novellini
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