Alberto Musy, il calvario di un uomo giusto

Torino ha vissuto una giornata di lutto, dolore, sofferenza ma anche di speranza. Il funerale di Alberto Musy, morto dopo un anno e mezzo di calvario per lui e la sua famiglia, è stato anche un momento di raccoglimento e preghiera autentiche. Dopo 19 mesi di coma lo scorso 22 ottobre Musy si era spento senza mai avuto la possibilità di riprendere coscienza, dopo il vile e inumano agguato di via Barbaroux di quella maledetta mattina del 21 marzo 2012. Un tempo lungo nel quale tanti si sono ricordati di lui: hanno pregato, donne e uomini di fede e di cuore, hanno sperato nel risveglio di quel professore, serio, responsabile e gentile.

Il cordoglio della città è stato unanime, occhi lucidi e teste basse in consiglio comunale, nel corso della commemorazione in Sala rossa, nella quale il feretro è stato posto per dare l’opportunità ai cittadini della sua comunità di rendergli un ultimo saluto. Poi la celebrazione del funerale nel Santuario della Consolata.  Sul sagrato centinaia di cittadini, folla commossa e raccolta. Nei banchi riservati ai parenti, l’anziano padrino si è seduto a fianco dei bambini della scuola delle suore francescane, i compagni di Bianca, la terza figlia di Alberto e Angelica Musy. La chiesa si è riempita di donne e uomini, di tutta la città, di tutti i ceti sociali, volti anonimi ma veri. Tra i banchi i colleghi avvocati in toga, le autorità politiche e amministrative, il sindaco Fassino, il presidente della Regione Cota, della Provincia Saitta, il vicesindaco Tisi. Alla Consolata erano presenti anche il procuratore Giancarlo Caselli e Marcello Maddalena, il vice presidente del Csm, Michele Vietti, i vertici dell'Udc, Pier Ferdinando Casini e Lorenzo Cesa, la presidente dell'Unione industriale torinese, Licia Mattioli e il direttore de «La Stampa» Mario Calabresi.

Ha colpito nell'intimo l'atmosfera dell’ultimo saluto: la compostezza e la profondità della sua famiglia, la moglie Angelica, che ha trascorso questo tempo di calvario e prova con una dignità e forza interiore esemplari, le sue quattro figlie, insieme all'anziana madre Paola e la sorella Antonella. Soprattutto la gente comune aveva un dolore autentico, nel cuore, e più volte non ha saputo trattenere la propria commozione: perché consapevole della morte di un uomo perbene, una persona da taluni considerata troppo buona e ingenua, per dire e dare il suo contributo alla politica, massima espressione della carità cristiana, secondo una famosa espressione di Paolo VI.

Nell’omelia, l’arcivescovo di Torino Cesare Nosiglia ha ricordato che «la sofferenza e la morte di Alberto, il suo impegno civile e politico, ci sia di sprone per uscire dalle secche dell'individualismo e dalla ricerca affannata del proprio tornaconto personale, apra all'incontro con gli altri per rinsaldare relazioni più sincere e disinteressate, contribuendo a rendere la comunità cittadina meno anonima e più ricca di fraternità, amicizia e solidarietà». Poi l’arcivescovo ha ammonito: «Preghiamo perché il Signore susciti in chi ha compiuto questo efferato delitto o chi non ha il coraggio di parlare di quanto è a conoscenza sul fatto, un sussulto di dignità e di rimorso di coscienza che sfoci nell'assunzione delle proprie responsabilità, riconosciute di fronte alla giustizia umana, condizione necessaria per ottenere la misericordia di Dio e vincere così il male con il bene; e preghiamo anche», ha aggiunto, «per la nostra città ferita affinché la perdita di Alberto susciti, in ogni suo cittadino e in chi ha più responsabilità della cosa pubblica, un forte impegno di ripresa morale fondata su quei valori cristiani e civili che tanti suoi illustri concittadini, santi e uomini e donne di buona volontà, le hanno lasciato in eredità». Durante la celebrazione, la famiglia di Musy ha annunciato che sarà costituito e messo a disposizione dell'arcivescovo un fondo per le famiglie più bisognose della città, un segno tangibile dell’evangelico seme che muore e da frutti buoni.

Un lungo applauso ha salutato la bara dell’ex consigliere comunale all'uscita del Santuario: lasciando la chiesa Pier Ferdinando Casini, che aveva convinto Musy a prendere parte della sfida delle amministrative del 2011 per la carica di Sindaco di Torino, ha dichiarato: «Alberto era una persona allegra e gioiosa, con quel po’ di incoscienza che serve per fare politica. Ci mancherà». Amici e parenti davanti alla Consolata lo hanno ricordato come un professionista entusiasta, ottimista, «capace di dare speranza». Ora Alberto Musy, uomo, marito e padre riposerà nel cimitero di Costigliole d'Asti: la sua testimonianza, la sua fede e umanità accompagneranno sempre la sua famiglia, sarà compito della città e dell’intera comunità torinese non dimenticare il suo sacrificio.

Luca Rolandi

 



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