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Cambia in peggio il codice medicoSarà approvato in via definitiva a novembre il nuovo Codice deontologico dei medici. Quattro articoli nuovi di zecca (medicina potenziativa, medicina militare, tecnologie informatiche e innovazione nell’organizzazione sanitaria) e una generale revisione dei 75 articoli già contenuti nella precedente versione del Codice di deontologia medica, approvato nel 2006. Il presidente Amedeo Bianco aveva spiegato, proprio presentando il testo del 2006, che la velocità dei cambiamenti sociali, scientifici e tecnologici costringeva le norme deontologiche ad essere un continuo work in progress. Ecco allora che, a distanza di sette anni, arriva, in bozza, un nuovo testo del Codice, elaborato dalla Consulta deontologica attiva nella Fnomceo (Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri), approvato dal comitato centrale dello scorso 26 marzo e ora inviato a tutti gli ordini provinciali perché lo esaminino e inviino eventuali emendamenti. Il testo verrà poi ricomposto in una redazione finale, che dovrebbe essere approvata il 15 novembre prossimo e presentata con un evento pubblico entro la fine dell’anno. Novità in vista per il “lessico” sanitario: scompare (tranne che negli ambiti più tecnici del codice) la parola «paziente». Al suo posto troviamo infatti «persona assistita» sull’onda dell’attenzione crescente negli ultimi anni al concetto di «persona» rispetto a quello più riduttivo e in qualche modo “passivo” di paziente. Attenzione anche alla medicina militare (art. 77): il medico militare ha il compito di «segnalare alle superiori autorità la necessità di portare aiuto alle persone che non partecipano direttamente alle ostilità, sia militari che abbiano deposto le armi, sia civili feriti o malati, e informare le stesse di casi di torture, violenze, oltraggi e trattamenti crudeli, disumani o degradanti dei prigionieri e della popolazione». Nuovi anche due articoli che riguardano la tecnologia e dedicati alle precauzioni da utilizzare nell’uso degli strumenti informatici, compresa la telemedicina (art. 78), e nei riflessi che questi hanno nell’organizzazione sanitaria (art. 79). La bozza prevede, però, anche significativi cambiamenti nel modo di concepire il rapporto tra medici e assistiti. Scompare il dovere del giuramento, si introduce un pericoloso automatismo tra richiesta del paziente e prestazione medica, la parola «eutanasia» è sostituita con «trattamenti finalizzati a provocare la morte», l’obiezione di coscienza è abolita, viene introdotta la fattispecie delle Dichiarazioni anticipate di trattamento anche se a tutt’oggi manca una legge. Non mancano, perciò, le polemiche. E tra le associazioni di categorie emergono anche timori sulle possibili conseguenze di queste modifiche. Ma quali sono le implicazioni etiche di questa bozza? L’abbiamo chiesto a Massimo Gandolfini, vicepresidente dell’associazione «Scienza e Vita». È uscita la bozza del nuovo codice di deontologia medica. Cosa ne pensa? In generale, a mio parere, è peggiorativo rispetto al 2006. Tre sono gli elementi di principale criticità nel testo in discussione: la perdita del senso stesso della nozione di deontologia, lo svuotamento della relazione medico-paziente, la riduzione di un testo vitale a mero mansionario. Eliminare l’obbligo del giuramento, ricalcando con il nuovo l’antico di Ippocrate, ne indebolisce i doveri. Non vi è reale equivalenza tra prestare un giuramento o sapere che questo stesso giuramento esiste. Oltre a ciò, si definisce il Codice come corpus normativo, assimilandolo ad una fonte del diritto e compiendo un passaggio decisamente autoreferenziale. Ci sono poi tanti piccoli cambiamenti lessicali molto significativi. Li condivide? Direi proprio di no. Innanzitutto, infatti, salta la parola «dovere». Dove nel testo attuale per esempio si dice «il medico deve prestare soccorso in caso di emergenza», nella bozza abbiamo «presterà soccorso». Questo è grave perché la parola «dovere» è tipica di ogni codice deontologico e non può essere omessa. È poi introdotto il termine «genere». Una parola entrata nel linguaggio comune, ma con un’accezione critica nei confronti della differenziazione sessuale biologicamente determinata. Al linguaggio medico appartiene invece il termine «medicina di genere», che indica precisamente le cure e le terapie rivolte e adeguate per i disturbi e le patologie caratteristiche della femminilità e della mascolinità. Usare nel codice deontologico un’espressione culturalmente discussa, rischia di avallare una posizione ideologica che nulla ha a che fare con gli atti medici, ma che riguarda preferenze personali che non rilevano nella valutazione clinica. E che dire dell’obiezione di coscienza? Non esisterà più questa possibilità? Qui si parla di «convincimenti etici» e non più di «obiezione di coscienza». Eppure l’obiezione è un diritto costituzionale e, al di là dell’atto giuridico, ha una tradizione secolare e antropologica che va mantenuta. Ma si va anche oltre. Anche altri aspetti sono particolarmente carenti. All’arti. 3, infatti, nel testo del 2006 si parla di rispetto della vita, la tutela del paziente e il lenimento del dolore. Ora si è passati al rispetto e all’autonomia del paziente. Dalla tutela della vita si è arrivati a una accondiscendenza alle richieste, oserei anche dire, dei capricci, della persona assistita. La professione medica non è fatta per ottemperare alle richieste di chi si ha davanti. Sono convinto che la deontologia medica sia un patrimonio comune della professione e di tutti i medici, e ritengo che una buona deontologia fondi innanzitutto il corretto esercizio dell’arte medica oltre a tutelare il bene comune. Quali sono, secondo lei, i motivi per cui si è arrivati a questo testo? La nuova bozza ricalca una visione estremistica in netta contrapposizione con la tradizione e la storia della professione medica. Si passa dall’alleanza terapeutica tra medico e paziente al contrattualismo: c’è dunque un rapporto tra un prestatore d’opera tecnico e un richiedente che riflette la filosofia dell’autonomia assoluta e dell’autodeterminazione, aspetti che nella relazione di cura sono importanti, ma non fondamentali. Pensa che la diffusione di cause contro medici per errori e diagnosi sbagliate abbia un peso in questa bozza? Se anche fosse, l’effetto che si ottiene è opposto. Con un testo di questo tipo i problemi legati alla medicina difensiva vengono ampliati all’ennesima potenza. Ognuno dei due contraenti cercherà infatti di difendere sé stesso. La cura, il lavoro professionale ed estenuante per aiutare una persona a guarire verranno messi in secondo piano per tutelare il proprio operato. È perciò fondamentale tornare all’alleanza terapeutica, che da sola può garantire sia il medico che il paziente. Quali gli altri rischi? Se non saranno annullate queste modifiche, nel giro di poco tempo emergeranno le caratteristiche di nebulosità e complessità ingiustificatamente introdotte e diverrà di laboriosa e difficile applicazione anche il ruolo degli ordini dei medici e dei loro presidenti, sia nella gestione disciplinare dei propri iscritti, sia nella tutela dei cittadini che si rivolgeranno a loro. Il Codice deontologico è uno strumento che incide significativamente sullo svolgersi quotidiano della professione di molti e della vita di ciascuno: va difeso da inadeguatezze, approssimazioni ed equivoci. Cristina Conti
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