Dignità sola speranza

L’Italia dell’inizio d’autunno del 2013 lascerà agli storici di domani un succulento materiale d’indagine, di interpretazione, di ritratto di uomini (e donne) impegnati nei seggi alti della politica, e soprattutto di umori di un popolo che da vent’anni era testimone di un’avventura in cui si esaltava, come nel Medioevo e poi nel Rinascimento (ma anche nel Risorgimento) e infine nel fascismo, il ruolo di un personaggio diventato un idolo. Si sa di chi parliamo: non del Principe di Niccolò Machiavelli, ma del Cavaliere di Niccolò Ghedini, di entrambi i quali continuerà a essere utile, interessante, anche se non facile, distinguere e definire i modi attraverso cui si può amministrare il potere.

Silvio Berlusconi domina da vent’anni le cronache politiche e giudiziarie italiane (purtroppo non solo, anche quelle internazionali) grazie a qualcosa che appartiene solo a lui: una totale determinazione a considerare ogni contrattempo alle sue tattiche e strategie personali come un attacco alla libertà, sua e del popolo di cui si considera la guida unica e indiscutibile.

 Nessun conflitto istituzionale gli è stato estraneo: contro gli altri partiti, contro la magistratura, contro il Presidente della Repubblica, contro la stessa Costituzione, contro i Codici civile e penale. Nei giorni scorsi, quando ha malmenato i suoi parlamentari e i cinque ministri del governo Letta appartenenti al suo partito, invitandoli a dimettersi, ha risposto a chi parlava di “falchi” e “colombe” che se ne disputavano le scelte: «Ho fatto tutto io, da solo».

Certo, ha fatto tutto lui. Ha eliminato chiunque fosse anche rispettosamente critico di qualche sua decisione. Immaginiamo De Gasperi che scaccia dalla Dc Fanfani, o anche solo Dossetti, perché lo contestano su questo o quell’argomento. Impossibile. Il Popolo della libertà, e prima e dopo Forza Italia, non sono stati fin qui partiti, ma aggregazioni di affettuosi discepoli e seguaci del Cavaliere.

In questi giorni su tutti i giornali del mondo si discetta su come, quando e perché finirà questa storia. Una storia che ha comunque un cammino ben stabilito in alcuni luoghi dove in Italia si continua nonostante tutto ad amministrare la giustizia. Nelle prossime settimane il Tribunale di Milano deciderà per quanti anni (da uno a tre) gli saranno interdetti i pubblici uffici (a cominciare dal Senato, di cui fino a questo venerdi 4 ottobre fa ancora parte) mentre un’altra sezione penale dello stesso luogo deciderà se condannarlo o assolverlo nel “caso Ruby”.

 Intanto le procure di Napoli e di Bari stanno ultimando indagini su altri suoi presunti reati, sempre della specie corruttiva, per i quali potrebbe essere rinviato a giudizio: il che potrebbe addirittura comportare un suo arresto (speriamo di no, visto che ha appena compiuto 77 anni e non ha più il passaporto per fuggire all’estero, né si può pensare che possa ripetere quei crimini).

In nessun altro Paese si può immaginare che un simile soggetto possa restare alla guida di un partito e condurre una campagna elettorale dopo lo scioglimento delle Camere. Da noi non solo si può immaginarlo, ma forse ci toccherà di vederlo nelle prossime settimane.

Come abbiamo più volte scritto su queste colonne un minimo di dignità, di là dal suo orgoglio incommensurabile e dal suo carattere estremamente pugnace, servirebbe al Cavaliere per uscire dalla politica, salvando contemporaneamente sé stesso da ulteriori guai, la sua famiglia, le sue imprese economiche, e naturalmente l’Italia che non può rischiare oggi una crisi di governo che la condannerebbe al disastro, tenendo conto che non è in crisi solo il sistema di potere berlusconiano, ma anche altri settori della politica, fra le imbarazzate indecisioni del Pd, le fantasticherie del grillismo, la tendenza annichilitrice dell’astensionismo elettorale.

La dignità resta l’unica àncora di salvezza, e nei giorni scorsi nel Popolo della libertà (o in Forza Italia) ha fatto capolino in diversi personaggi degni di attenzione, se non altro perché un loro troppo fragile e passeggero “dissenso” dall’autoritarismo di Berlusconi potrebbe danneggiare anche il loro futuro. Non solo quello di un popolo che, proprio mentre chiudiamo questo numero de «il nostro tempo», si sente dire dall’Istat che la disoccupazione giovanile è cresciuta fino al 40 per cento e le tensioni del “caso Berlusconi” hanno fatto scattare l’aumento dell’Iva dal 21 al 22 per cento. Che san Francesco, la cui festività coincide proprio con il giorno in cui la Giunta delle elezioni del Senato decide sulla decadenza di Berlusconi, salvi l’Italia di cui è il Santo patrono.

Beppe Del Colle



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