Mutis e Maqroll il gabbiere

E’ scomparso a novant’anni Alvaro Mutis, il più grande scrittore colombiano del Novecento dopo García Márquez e il più europeo, insieme a Cortázar, degli scrittori latinoamericani.

Nato a Bogotà nel 1923, ha trascorso l’infanzia a Bruxelles, dove il padre era consigliere dell’ambasciata colombiana. Rimasto orfano a nove anni, a quindici torna in patria e trascorre la giovinezza nella fattoria del nonno, tra le piantagioni di caffè e di canna da zucchero. Prima di approdare alla letteratura, ha fatto molti mestieri, dall’impiegato in una fabbrica di birra all’agente di una compagnia di assicurazioni, dal gestore di radio private al manager di grandi compagnie cinematografiche americane.

Nel 1956 si trasferisce a Città del Messico, vicino di casa del suo amico García Márquez, dove rimarrà sino alla morte. Cattolico con un grande interesse per l’islam, nomade e cosmopolita, non ha mai sopportato le ideologie e i politici e ha fatto sua una celebre frase di Borges: «Sospetto che la politica sia una delle forme della superficialità».

Mutis ha iniziato e concluso la sua carriera letteraria con la poesia, mentre si è cimentato con la narrativa molto tardi, quando è andato in pensione. Come Barnebooth per Valéry Larbaud, noto in Italia come il primo scopritore della grandezza di Svevo in Francia, per Mutis c’è un personaggio che attraversa e ossessiona tutta la sua opera, Maqroll il gabbiere, una sorta di proiezione immaginaria dell’autore, simile e insieme diverso da lui.

Chi è il gabbiere? E’ il marinaio scelto, destinato alle manovre sugli alberi e i pennoni della nave, che sta sulla coffa e scruta l’orizzonte per annunciare le tempeste o le coste in vista. Maqroll è un visionario, un anarchico e un giramondo che sta sempre dalla parte dei vinti, delle creature marginali schiacciate dalla storia e dal progresso. Questo personaggio nasce in una poesia del 1946, «La Oracion», apparsa su un giornale, poi uscita in volume in una raccolta del 1953, «Los elementos del desastre», pubblicata a Buenos Aires da Rafael Alberti, e diventerà il protagonista della trilogia narrativa che consacra la fama internazionale di Mutis: «La Neve dell’Ammiraglio» (1986), che vince il premio Médicis, «Ilona arriva con la pioggia» (1988) e «Un bel morir» (1989). Una trilogia quasi subito tradotta in italiano da Einaudi per le cure di Ernesto Franco. Tutte le sue poesie, dal 1948 al 1988, sono raccolte nella «Summa di Maqroll il gabbiere» (1990), anche questa pubblicata da Einaudi.

Anche negli altri libri di narrativa Maqroll, anche se non è più protagonista, compare di scorcio come una sorta di cammeo che sigla la firma dell’autore, simile alla figura sfuggente e silenziosa ma riconoscibilissima di Hitchcock nei suoi film o ai ritratti marginali, a lato del quadro, dei grandi pittori rinascimentali. E’ il caso dei bellissimi racconti «La casa di Araucaíma» (1973) e del romanzo «L’ultimo scalo del Tramp Steamer» (1988), entrambi tradotti da Adelphi, e del successivo «Abdul Bashur, sognatore di navi» (1991), amico di Maqroll, che parte alla ricerca della nave da carico ideale, del cargo perfetto su cui trascorrere il resto dei suoi giorni prima di morire.

Mutis è l’ultimo erede della grande tradizione narrativa di mare che ha i suoi classici in Melville, Conrad e Stevenson. Di quest’ultimo «Nei mari del Sud» è forse il libro da lui più amato, mentre tra gli autori del Novecento adora Simenon, soprattutto per i romanzi di avventure marine come «I Pitard» e «Il cargo», dove il personaggio è braccato dal cupo destino, senza vie di scampo.

Il narratore ritrova casualmente presso un libraio antiquario del Barrio Gotico di Barcellona, nascosto tra le pagine di un libro e vergato a penna su fogli volanti, un diario di viaggi di Maqroll il gabbiere. Scatta così la storia de «La Neve dell’Ammiraglio», forse il capolavoro di Mutis. Il titolo allude a una locanda tenuta da Flor Estevez, la donna che ha amato, da cui parte Maqroll per risalire con un barcone un fiume immerso nella selva tropicale, diretto alle segherie di misteriosi finlandesi per comprare legname e rivenderlo. In realtà quest’avventura, intrapresa con un capitano alcolizzato e pazzo e un timoniere che assomiglia a un sinistro personaggio di Dickens, sfocia nel disinganno e si rivela soltanto un mezzo per vincere il tedio e la morte.

In «Ilona arriva con la pioggia» Maqroll, bloccato a Panama dal pignoramento della nave su cui viaggiava, diventa un relitto di terraferma e vive di espedienti nei bassifondi del porto, frequentati da personaggi equivoci, invischiati in traffici loschi, portieri d’albergo, ubriachi, prostitute. Qui incontra la sua amica e amante Ilona Grabowska, alta e bionda triestina, e apre con lei un raffinato bordello con finte hostess.

In «Un bel morir», titolo ripreso da un verso del Petrarca, Maqroll viene coinvolto nel progetto di costruzione di una fantomatica linea ferroviaria lungo la cresta più alta della Cordigliera delle Ande. Ridotto in miseria, perso nei suoi delusi sogni amorosi, è un marinaio alla deriva in terraferma che finisce in una trappola fino a rischiare il plotone di esecuzione. Soltanto una donna, Amparo Maria, a lui devota, gli appare come un’ancora di salvezza.

Tutte le avventure di Maqroll sono una sorta di lento naufragio, scandito dalla desperanza, il perno della poetica di Mutis: la «disperanza» è un termine che non ha niente a che vedere con la disperazione, ma indica la condizione di lucidità e di solitudine di chi non spera più niente, se non piccole scintille di gioia quotidiana, anche se continua a inseguire illusioni nell’attesa della morte.

Massimo Romano



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