Angela ha vinto, contento l'euro

«Die Merkel Republik», intitola «Der Spiegel», e non serve la traduzione. Ha vinto solo lei, alle elezioni tedesche dello scorso weekend, anzi ha trionfato, sfiorando la maggioranza assoluta che, forse, non desiderava, e le avrebbe creato più di un problema. Angela Merkel ha addormentato la campagna elettorale, si rimproverava alla vigilia, ma il finale è stato da thriller.

«Non cambio rotta», ha assicurato Frau Angela, «l’Europa è un insieme di Paesi, alcuni forti, altri deboli, ma funziona solo se riesce a parlare con una sola voce». Ma all’estero non si è sicuri degli sviluppi a Berlino, perché la Cdu/Csu di Frau Angela dovrà cercare un nuovo alleato per governare. L’uscita di scena dei liberali, si osserva a Bruxelles, è un buon segno, perché l´Fdp in nome del libero mercato era contrario a ogni intervento a sostegno dei Paesi più deboli.

La vittoria della Merkel è una buona notizia per l’euro, meno buona per i Paesi europei in difficoltà, commenta l’«Handelsblatt», il più autorevole quotidiano economico tedesco. Ma se pur avesse vinto lo sfidante Peer Steinbrück, la politica di Berlino non sarebbe cambiata di molto. E non cambierà se si giungerà, come è quasi certo, a una Grosse Koalition.

La «Welt» pubblica una foto emblematica, o profetica. Angela Merkel e Sigmar Gabriel nel 2007 fianco a fianco su un battello che naviga fra i ghiacci. E la coppia sfoggia la stessa giacca a vento rossa. Fu scattata durante una visita in Groenlandia, dove l’allora ministro dell’Ambiente nella Grosse Koalition volle condurre la sua Cancelliera. E Angela si conquistò la fama di essere sensibile ai temi ecologici, una fama non si sa quanto meritata. Lei è cresciuta nella Ddr, dove si pensava solo alla produzione senza tanti timori per l’ambiente e la salute dei lavoratori.

Il rapporto con l’attuale presidente dell’Spd è rimasto ottimo, ed è a Gabriel che ha telefonato la Merkel dopo il trionfo, per i primi accordi in vista dell’inevitabile Grosse Koalition. Dovrà convincere i compagni, in un vertice in programma venerdì 27 settembre, e soprattutto indurre Peer Steinbrück a farsi da parte, come è consuetudine per gli sconfitti. Non sarebbero credibili se partecipassero all’ammucchiata dopo la battaglia.

Questa è la prima lezione che arriva dal voto tedesco, a parte le “larghe intese” di cui si vantano i politici italiani. Qui sono un accordo necessario per il bene del Paese (retorico, forse, ma in Germania ci credono), da noi un patto tra gruppi per continuare a gestire i propri affari. In realtà, nonostante l’imprevisto dell’Alternative für Deutschland, Afd, il partito degli antieuro, i tedeschi hanno votato per una politica europeista, sostenuta da socialdemocratici e cristiano-democratici, divisi da poco più che sfumature. L’Afd ha mancato l’ingresso al Bundestag per un soffio, a lungo sperato fino a poco prima della chiusura delle urne, ma anche se fosse entrato non avrebbe influito sulle scelte di Frau Merkel.

Quanti (all’estero) si attendono una sua reazione per fronteggiare la protesta, non la conoscono. La Cancelliera non si fa condizionare da situazioni contingenti. Va per la sua strada. Fare blocco contro l´Alternative für Deutschland sarebbe un autogoal, dimostrando debolezza. Anzi, il risultato del voto di domenica 22 settembre dimostra che i tedeschi condividono le scelte europee di Frau Merkel. Tutti i grandi partiti sono a favore dell’euro, divisi appena da qualche sottile sfumatura, e hanno retto alla prova della tornata elettorale. A perdere sono la Linke, all’estrema sinistra, e i Verdi, penalizzati da clamorosi errori durante la campagna elettorale (aumento delle tasse, diktat vegetariani e rivelazioni sul lontano passato, quando in nome del libero amore imbarcavano anche i pedofili).

Il crollo dell´FDP dei liberali è spiegabile con la loro mancanza di profilo, schiacciati dal troppo potente alleato. Per le libertà individuali per cui sono sempre battuti, è rimasto ormai poco da conquistare, forse la parità fiscale per le coppie omosessuali. In politica economica potevano prendere le distanze solo sull’euro, ma non l’hanno fatto. Sembrerà strano, agli occhi degli elettori italiani, ma i politici tedeschi di rado compiono scelte contro le proprie idee solo per conquistare qualche voto in più.

Più insidiosa, invece, la vittoria del partito fratello, la Csu bavarese, che ha superato perfino il risultato ottenuto la settimana prima alle elezioni regionali, sfiorando il 50 per cento. Il loro leader, Horst Seehofer, vorrebbe una politica ancora più dura in Europa. Ma la signora Merkel riuscirà, come sempre, a imporsi.

Lei fa circolare la voce che non intende presentarsi per la quarta volta, per raggiungere il record del padrino Helmut Kohl (sedici anni al timone della “locomotiva d’Europa”). Ne ha abbastanza del potere e potrebbe agire senza preoccuparsi troppo di deludere i suoi elettori. E´ abbastanza probabile che prossimamente si dimostri più generosa sullo scacchiere del Vecchio continente, purchè i “cattivi” facciano i “compiti” che sono stati loro assegnati e comincino a mettere ordine in casa propria. «L’Europa ha due capitali», scrive con ironia la «Süddeutsche Zeitung», «vale a dire Berlino e Francoforte».

La Merkel ha finora tenuto sotto controllo la Bundesbank, come invece non era riuscito ai suoi predecessori, e Mario Draghi può agire solo perché ha il suo appoggio. La maggioranza dei tedeschi potrà rimpiangere il Deutsche Mark, come gli elettori dell’Afd, ma pochi pensano di volerlo indietro sul serio. “Mutti”, come è soprannominata Frau Angela in Germania, sia dai simpatizzanti sia dagli avversari, li ha convinti che l’euro faccia bene anche a loro.

Roberto Giardina

 



SIR | Avvenire.it | FISC

PRELUM Srl - P.I. 08056990016