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La società ha bisogno di amore«La famiglia non è un affare privato perché l’architettura della famiglia è la parte fondamentale, essenziale e ineliminabile dell’architettura più generale della società». In risposta all’invito di papa Francesco («Coraggio! Avanti su questa strada con la famiglia») e dei vescovi italiani, la 47ª Settimana sociale di Torino su «Famiglia, speranza e futuro per la società italiana» risponde con unanimità di analisi e prospettive e unitarietà di soluzioni e proposte come raramente si riscontra in assemblee così vaste e variegate. Da Torino 2013 sgorgano impegni formidabili per il cattolicesimo italiano. Scandisce il sociologo Luca Diotallevi, vicepresidente del Comitato scientifico-organizzatore: se questo è «il punto di non ritorno del nostro cammino, l'obiettivo non è difendere posizioni o ribadire un principio. La contestazione della pretesa dello Stato di farsi educatore ci costringe a inserire nel dibattito pubblico un elemento scandalosamente e politicamente scorretto: la famiglia non è un affare privato». È possibile accettare questa sfida solo con un'azione pubblica e collettiva: «La buona volontà non basta, affidarsi ai tecnici è ingenuità o ipocrisia». Ne deriva che «non tutte le civitas sono compatibili con la famiglia. Lo diciamo soprattutto quando ci capita di trovarci a difendere da soli le ragioni della famiglia. Come cattolici rifiutiamo ogni riduzione del pubblico a statale». La Settimana accoglie l’invito del presidente della Cei, cardinale Angelo Bagnasco, ad «ascoltare l’uomo e la donna di oggi, senza pregiudizi o filtri ideologici». Con una provocazione Diotallevi chiede: «Cosa abbiamo fatto noi laici cattolici italiani, in questi tre anni da Reggio Calabria 2010 nella civitas e nella ecclesia in anni difficili e drammatici? È inutile, o ipocrita, porsi la questione della famiglia senza porsi con schiettezza il problema delle condizioni in cui versa il cattolicesimo politico in Italia». Con durezza, pur senza nominarlo, Diotallevi contesta la legge elettorale, il cosiddetto porcellum, che impedisce ai cittadini di scegliere i parlamentari. Da decenni agli italiani «è negato il diritto di avere un voto pesante, quanto quello che hanno i cittadini delle grandi democrazie. Vogliamo essere noi a decidere chi ci rappresenta, ne abbiamo il diritto e il dovere». Perciò «bisogna combattere con azioni collettive e con un impegno protratto nel tempo». Il sociologo indica la concreta battaglia di «affermare lo spirito e la lettera con cui la Costituzione riconosce i diritti e i doveri di quella particolare formazione sociale che è la famiglia fondata sul matrimonio. Non possiamo spaventarci né tacere di fronte a chi propone o minaccia di trasformare un diritto in un reato di opinione». Le proposte sul tappeto sono tante: la valenza pubblica dell’impegno educativo; «la contestazione radicale alla pretesa dello Stato di farsi educatore»; il carattere ingiusto e inefficiente della pressione fiscale sui contribuenti e sulle famiglie; l’onerosità e le sperequazioni dello Stato sociale; lo sfruttamento delle famiglie immigrate; il degrado urbano. Di conseguenza l’Italia deve ripartire dalle famiglie, che costituiscono e costituiranno per lungo tempo il tessuto connettivo e il futuro del Paese. Se ne devono convincere il Parlamento, il governo e le forze politiche: al centro della società devono ridare un primato assoluto e indiscutibile alle famiglie. Mons. Arrigo Miglio, arcivescovo di Cagliari (dove il Papa si reca domenica 22 settembre) e presidente del Comitato scientifico-organizzatore indica come missione quella di «guardare avanti verso il futuro. Non possiamo restare fermi, e questo è possibile solo se abbiamo il cuore pieno di speranza». La missione viene dalla lunga tradizione delle Settimane sociali, in cui generazioni di cattolici, dal 1907, si sono impegnate a servizio del bene comune e del Paese. Tra questi cattolici benemeriti c’è il beato Giuseppe Toniolo e «i martiri che hanno pagato con la vita l’impegno di servizio al Paese». Una lunga teoria di donne e uomini preceduta e accompagnata «dalla schiera luminosa dei santi sociali torinesi, che abbiamo conosciuto più da vicino. Nell’accoglienza premurosa della Chiesa torinese abbiamo sentito il profumo della loro vita, il profumo di Cristo, che continua a propagarsi attraverso la testimonianza della Chiesa». Per affrontare questa missione c’è bisogno di unità. Il cammino dei cattolici italiani è tracciato: nel novembre 2015 a Firenze si svolgerà il 5° grande convegno ecclesiale nazionale (dopo Roma 1976, Loreto 1985, Palermo 1995 e Verona 2006) sul tema «In Cristo Gesù un nuovo umanesimo»; nel 2016 a Genova il 26° Congresso eucaristico nazionale; nel 2017 la 48ª Settimana sociale in una città del Centro Italia. Mons. Miglio invita a «ritornare all’Amore che tutti e tutto trascende, di cui la famiglia è icona e sacramento, un Amore che ci precede e non è manipolabile da nessuno, e per noi cristiani ha il volto e il cuore di Gesù. La società ha bisogno di amore, anche per uscire dalle sue crisi». L’amore continua ad avere il volto concreto della donna e dell’uomo che accettano la missione di essere sacramento di quell’amore. «In questa prospettiva possiamo dire che la famiglia, come noi la conosciamo dal progetto di Dio, può e deve diventare uno dei criteri fondamentali di discernimento nel compito quotidiano cui nessuno di noi può sottrarsi, quello di leggere la storia alla luce della Parola di Dio e di collaborare con l’azione dello Spirito per l’avvento del Regno». Partendo dall’Agenda di Reggio Calabria nel 2010 ci sono state vere e proprie Settimane sociali a livello regionale e diocesano, grazie al grande aiuto offerto dalle «associazioni e movimenti ecclesiali, specie quelle che hanno avuto la possibilità di spostarsi nelle Regioni». Miglio invita a porre più attenzione agli spazi affidati alle istituzioni regionali, alle loro legislazioni e all’attuazione delle leggi. Senza dimenticare l’Europa. Pier Giuseppe Accornero
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