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Sul fisco la Ue peserà di piùIl lungo e del tutto comprensibile temporeggiare del governo Letta, in attesa di una ripresa che renda più agevole conciliare politiche espansive e stabilità dei conti, si avvia alla conclusione. E, ancora una volta, saranno i vincoli europei, liberamente a suo tempo accettati dal nostro Paese e puntualmente nascosti sotto il tappeto, a costringere le forze politiche ad assumersi, in un modo o nell’altro, le proprie responsabilità. Nelle prossime settimane il termine two-pack, finora relegato al dibattito degli addetti ai lavori, diverrà di uso comune, come già accaduto a suo tempo per l’ormai famigerato spread. Già recentemente la Commissione europea ha fatto osservare l’importanza, per un Paese appena uscito dalla procedura di infrazione per deficit eccessivo, di assicurare coperture credibili alle misure di politica economica varate negli ultimi mesi, in primis la cancellazione dell’Imu per il 2013 e il rinvio dell’aumento dell’aliquota ordinaria dell’Iva, e in seconda battuta le misure per il lavoro e per gli esodati. Ora, come è stato già osservato su queste colonne, il decreto-legge di fine agosto individua le coperture per la cancellazione della prima rata dell’Imu (la loro credibilità non è a tutta prova, ma risulta assicurata da una clausola di salvaguardia che prevede l’aumento automatico di alcune accise in presenza di scostamenti), ma rinvia le coperture della cancellazione della seconda rata Imu e l’eventuale ulteriore rinvio dell’aumento dell’Iva all’aggiornamento, ormai imminente, del Documento di economia e finanza (Def) per il 2013, mentre la ridefinizione del gettito per il 2014 che sarà orfano dell’Imu dipenderà dalla concreta modulazione dell’imposta sui servizi, prevista nell’ambito della Legge di stabilità (ossia la vecchia Legge finanziaria) per il 2014. In tutto ciò qual è il ruolo del two-pack? Nelle stesse ore in cui queste righe vengono scritte il Commissario europeo agli Affari economici e monetari Olli Rehn sta giungendo in Italia per un intervento presso le Commissioni competenti riunite di Camera e Senato per illustrare concretamente quello che rappresenta lo sviluppo definitivo del fiscal compact, con cui i Paesi dell’Eurozona hanno accettato una ulteriore e significativa riduzione della loro sovranità in materia di politiche di bilancio. Si tratta di due regolamenti (two-pack, appunto) approvati definitivamente nello scorso mese di maggio, che prevedono l’introduzione di maggiori livelli di coordinamento e vigilanza nel processo di formazione dei bilanci nazionali attraverso un meccanismo di supervisione preventiva e negoziazione con la Commissione europea. Da quest’anno, in sostanza, e questo viene a spiegare Olli Rehn ai nostri parlamentari, le raccomandazioni Ue avranno ben altro peso rispetto al passato, poiché ogni Paese dell’Eurozona è tenuto a presentare entro il 15 ottobre (mancano tre settimane) alla Commissione e all’Eurogruppo (l’organo di coordinamento che riunisce i ministri dell’Economia e delle Finanze dei Paesi dell’Eurozona) la bozza del piano di bilancio per l’anno successivo. Dunque, la Legge di stabilità 2014 da quest'anno prende fin dall’inizio due strade: il Parlamento nazionale e la Commissione europea che la soppeserà con la particolare attenzione dovuta ad un Paese appena uscito dalla procedura di infrazione. E se la bozza non convince Bruxelles perché non conforme al Patto di stabilità e di crescita (reso costituzionalmente vincolante con il fiscal compact) e perché non risponde alle raccomandazioni della Commissione, Bruxelles, in base appunto a quanto previsto nel two-pack, può chiederne la riscrittura entro due settimane dal momento della ricezione del progetto di bilancio. Entro il 30 novembre, se necessario, può adottare un parere da sottoporre al vaglio dell'Eurogruppo. Insomma, i governi nazionali scrivono il loro bel progetto di Legge finanziaria, ma l'Europa, con la sua nuova governance, può chiederne la riscrittura. Prevenire, si sa, è meglio che curare. Emerge con chiarezza da tutto ciò la valenza delle recenti polemiche su chi veramente scrive la Legge di stabilità. Il premier ha insistito sul fatto che solo un governo in carica, nella pienezza dei suoi poteri, potrà evitare che a scriverla siano altri, al di fuori dell’Italia. Una argomentazione tecnicamente poco corretta, ma politicamente significativa, perché è chiaro che in quello che a tutti gli effetti è un processo di negoziazione l’assenza di un interlocutore credibile assegnerebbe un ruolo soverchiante alle autorità europee. Resta comunque chiaro che, dopo le esperienze della Grecia e di Cipro e, in misura meno drammatica, di Portogallo, Spagna (e Italia) l’Unione si è dotata di strumenti volti ad evitare gli interventi di emergenza a posteriori, e quindi appare ora in grado di soffocare gli entusiasmi espansivi e le coperture “creative” prima che possano fare danni. Il nostro governo e le forze che lo sostengono vogliono rinviare ancora l’aumento dell’Iva, confermare la cancellazione dell’Imu e avviare un taglio significativo del cuneo fiscale con la Legge di stabilità per il 2014 ? Padronissimi, con l’individuazione di coperture credibili, o in caso contrario Bruxelles non validerà la nostra Legge di stabilità, con le conseguenze che tutti possono immaginare, per un Paese che paga ogni anno ai mercati 90 miliardi di euro di interessi sul proprio debito. Come più volte sottolineato, la ripresa dell’economia è fondamentale per garantire un più agevole rispetto dei vincoli di stabilità finanziaria, perché la crescita assicura un automatico incremento del gettito fiscale e minori spese di assistenza, mentre il rapporto tra debito e Pil può calare tanto più rapidamente quanto più il Pil cresce. Ma il 2013 si chiuderà ancora con un segno “meno” (anche se forse più lieve del temuto -1,8 / - 2 per cento) mentre nel 2014 un aumento dell’1 per cento sarebbe già un risultato eccellente (tanto che nessuno si azzarda a prevederlo). I recentissimi dati sulla dinamica delle entrate fiscali nel 2013 sono positivi per il governo, pur senza tranquillizzare del tutto in merito alla necessità di non sfondare nel modo più assoluto il tetto del 3 per cento nel rapporto tra indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche e Pil nel 2013, e mantenere quell’elevato avanzo primario (al netto degli interessi) necessario per piegare la curva del rapporto debito / Pil verso una tendenza stabilmente discendente nei prossimi anni. Ragionando a spanne, per quest’anno “ballano” circa 3,5 miliardi di euro che devono essere chiaramente individuati in meno di un mese per Iva e seconda rata Imu, a cui occorre aggiungere una precisa definizione dell’imposta sui servizi che a partire dal 2014 dovrebbe sostituire l’Imu ma garantire comunque, soprattutto agli enti locali, un gettito analogo, nonché i tagli di spesa necessari per dare spazio alla riduzione del cuneo fiscale. Se il tutto non sarà convincente la Commissione europea potrebbe chiederci gentilmente di rivedere la manovra, e quindi questa verrà riscritta secondo le regole del two-pack, con o senza il governo Letta in carica. E’ il fiscal compact, bellezza. Antonio Abate
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