La famiglia, speranza e futuro

«I cattolici sentono la necessità di agire per un “ridestamento” sul piano sociale perché il mondo cambia, i socialisti avanzano, ci sono profonde miserie, i cuori operai e contadini si estraniano alla fede».

Oltre cento anni fa, alla prima Settimana sociale dei cattolici, nel settembre 1907 a Pistoia, parlò un professore lungimirante che insegnava all’Università di Pisa. Era Giuseppe Toniolo, laico e padre di famiglia, sociologo ed economista di fama europea, docente e fondatore e animatore di molte iniziative sociali e politiche ispirate alla giustizia, tra le quali primeggiano le Settimane sociali. Uomo di sintesi tra fede e prassi, tra economia e magistero, tra contemplazione e azione, per la sua coerenza cristiana e le sue virtù sociali e politiche dal 29 aprile 2012 è beato.

Dopo un secolo la storia delle Settimane sociali «è stata in larga misura la storia del Paese», come disse il rettore dell’Università Cattolica, professor Sergio Zaninelli, a Napoli nel 1999. E dopo sessant’anni - con la 47ª edizione del 12-15 settembre a Torino su «La famiglia, speranza e futuro per la società italiana» - la famiglia torna alle Settimane sociali, «un tema centrale per la vita delle persone e per il bene comune del Paese», scrive sul Sir il segretario generale della Cei mons. Mariano Crociata. Tema già presente a Reggio Calabria nel 2010, dove la famiglia «appariva come soggetto di futuro, capace di sciogliere i nodi che impediscono al Paese di crescere».

Al di là dei tempi e delle mode, essa appare quanto mai importante, con un ruolo essenziale e strategico nella vita delle persone e della società perché – continua Crociata - «costituisce un pilastro fondamentale per costruire una società civile libera, nella quale trovino spazio la libertà religiosa ed educativa, condizione fondamentale per una società dove i diritti di tutti e di ciascuno siano rispettati». Il tema chiama in causa diversi aspetti economici e sociali, che vanno affrontati «nella prospettiva del primato della persona». La famiglia gioca un ruolo portante e decisivo negli orientamenti pastorali per il decennio 2010-2020 «Educare alla vita buona del Vangelo» (4 ottobre 2010) che indica il percorso di marcia: «La famiglia resta la prima e indispensabile comunità educante. Per i genitori, l’educazione è un dovere essenziale, perché connesso alla trasmissione della vita; originale e primario rispetto al compito educativo di altri soggetti; insostituibile e inalienabile, nel senso che non può essere delegato né surrogato».

L’appuntamento di Torino – nella Cattedrale di San Giovanni Battista, al Teatro Regio e nelle sedi che ospitano le 8 assemblee tematiche - coinvolge circa 2.000 delegati delle 226 diocesi italiane. Dovranno ascoltare e raccogliere le fatiche e le ansie, le attese e anche il grido di disperazione di tante e tante famiglie che «non ce la fanno più».

Si tratta certo di riconoscere nella famiglia «il luogo naturale e insostituibile di generazione e di rigenerazione della persona, della società e del suo sviluppo materiale e civile, morale e spirituale»; di riconoscere e tutelare sempre i diritti dei figli e di collegare la famiglia al bene comune e allo sviluppo del Paese. Si tratta di favorire e suscitare un dibattito, di offrire chiavi di lettura su una condizione contrastata e di andare oltre i pregiudizi e le ideologie. Ci si misura con un contesto, italiano ed europeo, che non riconosce più l’identità della famiglia fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna, e che non sostiene la funzione primaria della famiglia. Basta pensare che quasi tutti i Paesi europei hanno legalizzato l’aborto e che 7 Stati europei hanno legalizzato l’unione omosessuale. Allora, dicendo che al centro della famiglia stanno la dignità della persona, nella sostanziale differenza tra uomo e donna, e la sacralità della vita, siamo anche consapevoli di andare contro corrente rispetto ad una mentalità e a una cultura che godono di fortissimi appoggi e di larghissimi mezzi.

Si tratta di ancorandosi alla Costituzione italiana che all’articolo 29 sancisce: «La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio». Il documento preparatorio suggerisce alcuni spunti sui valori legati alla famiglia, sull’enorme potenzialità che essa rappresenta nella e per la società, sui pericoli e sui «nemici che deve affrontare nel contesto sociale e politico. In sostanza  «siamo chiamati a prenderci cura e ad avvalerci delle istituzioni del vivere sociale nei diversi ambiti: libertà di educazione, fisco giusto, educazione al lavoro e allo sviluppo, prendersi cura delle fragilità dentro la famiglia e nella società per un welfare che sia veramente tale, abitare il tempo e lo spazio trasformando la città». Tutto ciò documenta come al di là della crisi sociale, economica e politica c’è una ben più generale questione antropologica.

La famiglia non è una questione interna alla Chiesa e non è un affare privato dei credenti o dei cattolici ma è un punto di forza della società. L’obiettivo di Torino 2013 è spiegare al Paese come mettere al centro della vita culturale, sociale e politica la famiglia ponendo un fondamento indispensabile per il bene e la crescita di tutti, per un futuro di speranza dei giovani e per una società più libera.

La preparazione all’appuntamento ha registrato la partecipazione davvero generale dei cattolici della Penisola: diocesi e parrocchie, istituti religiosi e Uffici per la pastorale sociale e del lavoro. Impressionante soprattutto è stata la partecipazione di centinaia e centinaia di associazioni e aggregazioni laicali, a livello nazionale e locale, che si occupano del sociale e della famiglia. In primo luogo, anche per dovere di ospitalità, il lavoro di due anni delle 17 diocesi del Piemonte, che hanno fatto il punto nell’incontro di sabato 7 settembre a Pianezza con l’arcivescovo di Torino mons. Cesare Nosiglia. La 47ª Settimana di Torino, insomma, parte con i migliori auspici.

Pier Giuseppe Accornero

 



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