Voci dietro le grate

Il ricordo va alla famosa trasmissione radiofonica di Sergio Zavoli di più di mezzo secolo fa, «Dietro le grate», che diede voce e risonanza al misterioso mondo delle monache di clausura. Oggi in un certo senso ne abbiamo un seguito nelle «Voci dal chiostro» dello scrittore Pasquale Maffeo (con prefazione di Marco Beck), edito dalle Edizioni Ancora.

Tutto nasce da una ricerca a dir poco insolita fatta dall’autore per posta elettronica: dodici domande inviate via internet a quindici monasteri femminili di clausura sparsi per l’Italia e appartenenti ai maggiori ordini religiosi, dalle clarisse alle carmelitane, dalle benedettine alle domenicane,in monasteri situati da Moncalieri a Modica, passando per Venezia, Cagliari, Grottaferrata e altri.

E’ un’esplorazione, quella fatta da Maffeo, discreta e in punta di penna, valorizzando le risposte delle protagoniste. Il risultato è un quadro veritiero, di grande intensità e delicatezza, un coro sussurrato di voci di una realtà poco conosciuta, spesso mal compresa e a volte giudicata con pressappochismo. Parliamo della realtà della clausura, questa specie di vita parallela che scorre dietro le grate, di donne che hanno fatto una scelta di solitudine. Non una fuga dal mondo, ma una vita di preghiera dedicata agli uomini: ricordare, riconciliare, intercedere, un seme di solidarietà che germoglia lento nel corpo della Chiesa. Immergersi in questo coro sommesso ma fermo è per chi legge lambire la tensione, addirittura lo stupore e la letizia della fede. Domande e risposte formulate dall’autore che documentano «una liturgia universale che riconcilia e implora». In tal modo una certezza si impone. «…a distanza, in un suo luogo di silenzio, una suora prega per me…. Un prodigio cui solo la fede dà respiro».

Le dodici domande poste a quindici comunità di monache riguardano il luogo in cui ciascuna vive (spesso monasteri storici di grande prestigio, altre volte costruiti in epoca moderna), la personale esperienza di vocazione claustrale e la precedente esperienza nel mondo. Non manca la domanda sui dubbi e le prove incontrati nella vita rinchiusa, oppure sul modo personale di vivere il rapporto con il mistero di Dio e su che cos’è la santità, inoltre su quali argomenti profani (musica, lettere, scienze), oltre alla vita contemplativa, si esercitano in quei luoghi consacrati. Infine, se è vero che la clausura è una specie di hortus conclusus sul quale passano, senza oscurarlo, le nubi e i rumori delle stagioni della terra.

Le risposte sono chiare, distese,circostanziate, intrise di serenità. In altre trapelano pudore e reticenza. Ma in tutte vi è uno slancio comunicativo, in tutte splendono luce di dialogo, fermezza e un’allegria pensosa di fede. Di questi dodici argomenti ne scegliamo alcuni, anche se è l’intero volumetto, col suo dialogo a distanza, che dovrebbe essere citato. Lasciamo ai lettori il gusto di immergersi in questo lago di acque profonde e cristalline.

Per una clarissa del monastero di Vicoforte la vocazione claustrale si è rivelata come «desiderio di Dio e bisogno di approfondire il rapporto unico e personale con Lui». Per una carmelitana di Moncalieri la vocazione «è una chiamata che suppone due interlocutori, uno che chiama e l’altro che risponde». Per una benedettina di san Giulio d’Orta «laici o consacrati, ogni vita è risposta a una vocazione». Una passionista di Ovada rivela che da studentessa è stata attratta dalle vite dei Padri del deserto. Una voce da un monastero veneziano cita il Cantico dei cantici, e quella di una domenicana ricorda che «la chiamata a volte può arrivare come un colpo di fulmine, ma l’anima non potrebbe cercare Dio se Lui non la spingesse a cercarlo». La insegue la voce di una adoratrice perpetua di Cagliari, per la quale «si entra in monastero attratti da Dio nel profondo di noi stessi». Una clarissa cappuccina di Mercatello sul Metauro parla di folgorazione: in gita turistica, una messa in una chiesetta di campagna e l’ascolto di un brano del Vangelo di Giovanni: «Avete capito bene? Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi».

Quali i dubbi, i ripensamenti, le crisi di questo mondo appartato? La Regola di ogni ordine religioso è una forma di vita, conformarsi alla vita di Cristo, alla sua povertà, ai suoi sentimenti di amore verso gli altri. Il passaggio dal prima al poi, il cammino monastico, è irto di doveri, di lotte interiori, di spine. «Siamo fatte di carne», dice una voce, «viviamo nella fede, ma abbiamo anche noi un corpo,si cresce nella lotta. E’ questo il bello della diretta». Incalza una seconda: «Morire a se stessi, partecipare alla Pasqua di Gesù, è come il travaglio di un parto, per una rinascita». E un’altra: «A volte la recita, il canto dell’Ufficio in certe ore prima del mattino, può essere fatica. Come del resto l’obbedienza. Noi portiamo un tesoro in un fragile vaso di creta. La perseveranza è nelle mani di Colui che ci guida».

Si accavallano altre voci: «Credo non ci sia giorno in cui una monaca non si interroghi sul senso della propria vita. Ognuna di noi è chiamata a fare “il salto della fede”. Ogni azione diventa così la risposta d’amore di un cuore innamorato». La clausura è un hortus conclusus fuori dal mondo? Ma è questa una delle sue ragioni di esistere. Fuori dal mondo, ma un osservatorio per scrutarlo meglio.

Lapidarie le risposte. «Del mondo, con le sue angustie e contraddizioni, noi facciamo parte, perché membra di quel Corpo di Cristo che è la Chiesa». «Il nostro monastero, circondato da mura, è tutto aperto. Vogliamo raccogliere le ansie, i dolori,le gioie di tutti e, dalla terra, come colombe, fargli spiccare il volo verso il cielo».

E le arti, le scienze, la tecnologia di oggi? Nei monasteri entrano i quotidiani, la corrispondenza postale, c’è il parlatorio per le visite e per ultimo è arrivato internet. Quest’ultimo, in particolar modo, è la riprova dell’aggiorna mento avvenuto. «Da noi c’è chi si dedica alla pittura di icone. Noi abbiamo una nutrita biblioteca: libri storici, filosofici, teologici, scientifici. Internet è entrato nella clausura, ci avvicina ai travagli e alle gioie del mondo, ci fa sentire un’unica famiglia umana». «Noi crediamo che anche questa stagione di crisi dolorosa per l’Italia, l’Europa e il mondo, passerà. Perché Dio lascia fare all’uomo,ma non lo lascia strafare». In questa risposta c’è un marchio di speranza.

Occhi innocenti e attenti ci osservano attraverso le grate e giudicano la nostra realtà. Perché, come scrive Marco Beck nella introduzione al libro, «nell’orizzonte del chiostro la felicità scaturisce proprio dallo stupore».

Luca Desiato


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