Nosiglia: insieme verso la rinascita

Bisogna avere fiducia e speranza per superare la crisi. Tutti sono chiamati a fare la propria parte. La Chiesa, le istituzioni, gli imprenditori, la società civile. L’importante è non rassegnarsi al declino. E lavorare in rete per favorire lo scambio di idee e di progetti. L’arcivescovo di Torino, mons. Cesare Nosiglia, nel giorno della solennità di San Giovanni, patrono della città, lunedì 24 giugno, davanti a un Duomo gremito (presenti il sindaco, le autorità civili e militari, e il grande «popolo di Dio»), ha lanciato un appello, ma anche una proposta: promuovere una «grande agorà sociale», una cabina di regia comune, un percorso che sfoci in una assemblea generale che riunisca le voci e le energie della Chiesa e della società.

Un appello a vincere lo scoraggiamento per cogliere nelle pieghe della crisi le opportunità di riscatto. Perché è nelle situazioni difficili, ha detto, «che occorre ripartire dalla fiducia nella fede e nei valori culturali e civici, che riaprono la speranza». Poi ha aggiunto, con voce solenne: «E dunque è qui e oggi che il vescovo chiede alla città intera non solo alla comunità cristiana di riportare alla luce quel bene primario che è la solidarietà fra di noi, l’attenzione ad ogni persona, la priorità alle esigenze dei più deboli». E tra le priorità ci sono il lavoro, la famiglia e i giovani.

Mons. Nosiglia chiede dunque un atto di coraggio per non rassegnarsi al declino e intitola il suo messaggio: «Affrontiamo il cambiamento con fiducia». E ci vuole fiducia di fronte a una crisi che sembra infinita. L’ultima fotografia scattata dall’Ires sulla condizione economica e sociale del Piemonte nel 2011 parla di una regione con quasi un milione di poveri: 960 mila piemontesi, il 22 per cento del totale, vivono in famiglie che possono contare su un reddito inferiore ai 1.200 euro al mese, ben al di sopra della media delle regioni del Nord Italia (in Emilia Romagna sono il 14,9 per cento, in Lombardia il 16) e comunque in crescita rispetto all’anno prima (750 mila). Tutti gli indicatori segnano tempesta: il 13 per cento dei piemontesi ha problemi a fare la spesa per tutto il mese. Significa uno su sette. Uno su tre non riesce a pagare l’affitto, il mutuo e la manutenzione della casa. Il 26 per cento fa fatica a pagare le bollette, addirittura il 23 per cento le spese mediche. E per il 2013 si prevede anche un calo di Pil e consumi.

Tutti responsabili, tutti protagonisti - «Una strategia di lotta alla disoccupazione di lunga durata, sia di prevenzione che di riassorbimento nel mercato del lavoro, esige che politiche attive del lavoro e politiche sociali di accompagnamento e sostegno siano strettamente congiunte tra loro, attivando sinergie a tutto campo, perché non è giusto fermarsi a una pura encomiabile risposta caritativa e di emergenza, basata sulla fiducia reciproca e sul principio della sussidiarietà». Non sono più sufficienti le denuncie, per mons. Nosiglia è necessaria una radicale revisione del nostro sistema di sviluppo. «Occorre cambiare il sistema su cui si è retto il nostro stile di vita in questi ultimi decenni: sobrietà, sacrificio, gratuito dono di sé e fraternità sono i valori da recuperare. I soldi non si fanno con i soldi, ma con il lavoro e l’impiego produttivo dei capitali finanziari. Ingenti somme restano congelate negli Istituti di credito o circolano in Borsa, e solo le briciole raggiungono le imprese e i lavoratori».

Torino e la sua storica vocazione industriale - Nosiglia ha ricordato le visite fatte in questi mesi a tante fabbriche, alcune eccellenti malgrado la crisi, altre in smobilitazione purtroppo con gravissime conseguenze per imprenditori e lavoratori. «Resta la gravissima caduta del comparto delle automobili perchè il mercato interno ed europeo è in forte arretramento. Credo tuttavia che Torino e il suo territorio non debbano rinunciare a puntare il loro impegno e futuro sul manifatturiero, perché questa è la loro storica vocazione industriale che l’ha resa grande nel mondo intero». L’arcivescovo si è poi detto lieto per la volontà espressa dalla Fiat di non chiudere alcuno stabilimento in Italia e sul nostro territorio e per l’investimento sul sito ex Bertone di Grugliasco, e si è augurato «che anche Mirafiori, luogo di importanza fondamentale per la nostra città, aumenti il volume di produzione, segno tangibile di una ripresa non solo per il nostro territorio, ma anche per il resto del Paese».

Ripartire dalla famiglia e dai giovani – Torino, ha detto l’arcivescovo, ha visto nella sua storia chiudersi e aprirsi tante prospettive di sviluppo. Ma ogni volta ha saputo accrescere la sua capacità di inclusione e promozione sociale. I santi sociali, da don Bosco al Cottolengo al Murialdo insegnano. Oggi la prima realtà che subisce questo trapasso culturale e sociale è la famiglia, minata nelle sue fondamenta naturali e resa impotente proprio nei campi dove più alto potrebbe essere il suo contributo alla crescita. Anche in vista della 47ma Settimana sociale dei cattolici italiani che si tiene a Torino dal 12 al 15 settembre, e nella quale saranno affrontate in chiave progettuale le vie per ridare slancio di vita e futuro alla famiglia, mons. Nosiglia chiede che la famiglia torni protagonista e responsabile del futuro della società. «La famiglia oggi è minata. Tutti i soggetti familiari risentono di questo, ma le donne e i bambini in maniera più grave. La violenza aumenta, fino a provocare vere e proprie tragedie. Una delle cause è la dipendenza dal gioco d’azzardo: un’illusione di ricchezza che diventa malattia. Su tutto poi domina il problema dell’abitare connesso alla mancanza di lavoro che impedisce di pagare l’affitto. Anche la fiscalità non aiuta le famiglie». Su questi punti il vescovo chiede che la Città non rimanga passiva o indifferente, ma proponga delle soluzioni.

Una agorà sociale per superare la rassegnazione – Torino ha ricordato il vescovo è sempre stata una città laboratorio, capace di trovare soluzioni innovative per sé e per il Paese, tanto in economia quanto in politica. Adesso più che mai è necessario unire le forze per risvegliare l’animus intraprendente e dinamico della Chiesa, della città e della società. «Stiamo vivendo in un clima di lamentazioni generalizzate, ma mancano luoghi dove le diverse componenti della nostra città e della parti sociali creino momenti che favoriscano lo scambio di idee e di confronto su prospettive comuni di indirizzo. Occorre soprattutto una cabina di regia dove elaborare insieme progetti comuni. Per questo ho intenzione di promuovere una grande agorà. Un “convenire” che faccia emergere anche il significato e il valore di un gran numero di persone che nel silenzio e nel nascondimento sostengono altri con affetto, amicizia, preghiera e vero amore». Il vescovo non si nasconde che sia un progetto «ambizioso», ma lo ritiene necessario «per risvegliare una certa rassegnata apatia». Per tentare di uscire dalla crisi occorre innestare un volano di creatività e di progettualità per osare vie nuove e meglio condivise, facendo leva sulla voglia di cambiamento che deriva dalla volontà di ripresa che è nel cuore di tanti.

Cristina Mauro



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