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Una foresta in Israele in nome del card. Martini«Colui che ha riposto il proprio interesse nella Torah dell’Eterno e medita il suo insegnamento giorno e notte sarà come un albero piantato lungo corsi d’acqua che darà il suo frutto a suo tempo, le cui foglie non appassiranno mai, e tutto ciò che farà avrà successo». Con queste parole tratte dal Salmo I la Fondazione Maimonide, rappresentata da rav Giuseppe Laras (già rabbino capo di Milano e Presidente emerito e onorario dell’Assemblea rabbinica italiana, e rabbino capo di Ancona e della Marche) e da Vittorio Robiati Bendaud, ha voluto presentare l’idea della creazione della foresta dedicata alla memoria dell’arcivescovo emerito di Milano e padre gesuita Carlo Maria Martini. In occasione del viaggio in Israele che si svolge tra il 9 e il 18 giugno, dove sorgerà la foresta nei pressi di Tiberiade, verranno piantati i primi alberi; inoltre durante la giornata di lunedì 17 giugno sarà inaugurata ufficialmente la stele commemorativa del cardinal Martini. Abbiamo intervistato Bendaud, membro della Fondazione Maimonide, e organizzatore dell’evento insieme a rav Laras. Bendaud, è la prima volta che le istituzioni ebraiche lanciano un’iniziativa in ricordo di un ecclesiastico cattolico, quale fu Martini? Sì, e il rabbino Giuseppe Laras ha voluto che questa iniziativa potesse coinvolgere sin da subito cristiani ed ebrei insieme, proprio per rafforzare la stima e l’amicizia reciproche, come certamente avrebbe desiderato e sognato padre Martini. La creazione della foresta rappresenta un omaggio, un tributo, un luogo in sua memoria: per realizzarla il «Keren Kayemeth Le-Israel», il Fondo nazionale ebraico, ha accolto e sostenuto fin dall’inizio il progetto di dare vita ad una foresta nei pressi di Tiberiade, in Galilea, per ricordare il cardinale scomparso il 31 agosto 2012. Questa iniziativa ha avuto sin dall’inizio il plauso e il sostegno della Congregazione dei padri gesuiti e dell’Ufficio per l’ecumenismo e il dialogo della Cei, diretto da mons. Gino Battaglia. A chi è rivolta questa iniziativa? Rav Giuseppe Laras e io abbiamo voluto che tutti potessero contribuire all’iniziativa con un loro regalo, con un loro ringraziamento al cardinal Martini per ciò che egli ha significato per ognuno, per ciò che ha detto, fatto e rappresentato per coloro che lo hanno conosciuto, che lo hanno ascoltato, che lo hanno letto, ma anche per coloro che lo conosceranno solo in futuro. Chi sceglie di partecipare con una donazione si sentirà responsabile della presenza in quella foresta di alberi rigogliosi che diverranno il simbolo del dialogo ebraico-cristiano, di cui il cardinal Martini è stato il grande fautore e testimone, a Milano, in Italia, ma anche in Europa e nel mondo. Si ricordi, infatti, che la sua scomparsa ha avuto una eco internazionale e che ha fatto scaturire una serie di iniziative a livello mondiale, e non solo milanese o italiano. Quali sono gli elementi che rendono carico di significato il luogo in cui sorgerà la foresta dedicata a Martini? La foresta sorgerà in Galilea, nei pressi di Tiberiade, in una località altamente simbolica sia per i cristiani che per gli ebrei. Essa andrà a simboleggiare in maniera potente e nobile una delle più importanti conquiste dell’operato morale, spirituale e culturale di Martini, che è anzitutto un frutto del Concilio vaticano II: il dialogo ebraico-cristiano. Ricordo che nella zona di Tiberiade è sepolto il grande rabbino e filosofo Mosè Maimonide, e con lui tutti i più grandi rabbini della nostra religione. Tiberiade, inoltre, è una delle quattro città sante dell’ebraismo. I racconti biblici sono impregnati dell’anima di quei luoghi, che allo stesso tempo sono importanti anche per voi cristiani per quanto riguarda la predicazione di Gesù di Nazareth. Lo scenario collinoso, tra olive, vigneti e kibbutzim, è adatto per ricordare una persona amabile quale fu Martini. Inoltre, questa foresta unisce geograficamente il nome del cardinale alla terra di Israele, e quindi all’ebraismo che egli tanto amò, nel segno di un profondo legame di amicizia quale fu quello tra Martini e rav Laras. Rav Giuseppe Laras e Carlo Maria Martini: entrambi torinesi e poi milanesi di adozione, sono i due rappresentanti del dialogo ebraico-cristiano, di un ponte religioso che non ha precedenti. Il loro è stato un rapporto molto intenso? Ringrazio per questa domanda poiché è una domanda che finora molti si sono posti e a cui non è ancora stata data alcuna risposta da parte di rav Laras. Si tratta di due grandi uomini, con affinità importanti; di due figure dotate di una grande dignità umana. Entrambi sono stati studiosi appassionati e consumati sui libri. Entrambi hanno avuto un grande senso di responsabilità verso la propria comunità religiosa, e hanno dimostrato la volontà di spendersi totalmente per essa. Al contempo hanno richiamato ciascuno la propria comunità affinchè si assumesse le proprie responsabilità. Entrambi timidi e schivi, cresciuti nella Torino dei primi decenni del Novecento, hanno avuto una sfrenata passione per il testo biblico: da parte del card. Martini la passione per la Bibbia, per Israele, per il popolo ebraico, e l’importanza data all’incontro tra cristianesimo ed ebraismo. La loro amicizia ha dato vita ad una stagione culturale unica in Italia per sinergia e per volontà di mettere in contatto un milieu culturale cui appartengono protestanti, laici, voci distanti dell’una e dell’altra, di ebrei e di cristiani. Nei 25 anni di rabbinato di rav Giuseppe Laras e nei 22 anni di arcivescovato del card. Martini questo è stato fatto in maniera sempre più intensa: sebbene non fossero mancate le critiche, entrambi affrontato le sfide con grande coraggio, portandole avanti con un enorme senso di responsabilità e sapendo muoversi al passo con i tempi. Tutto questo ha reso più feconda la cultura italiana, nello specifico quella milanese e in particolare anche quella accademica: ricordiamo i centri culturali contattati da entrambi per la promozione del dialogo ebraico-cristiano, costituiti dalla Cattolica del Sacro Cuore e dalla Statale per la Cattedra dei non credenti. In queste ed altre iniziative si è rivelata la grandiosità delle due figure, dimostrata nel portare avanti a più livelli ed in più forme di incontro, in maniera anche ufficiale, il dialogo ebraico-cristiano. Il viaggio in Israele vedrà il suo culmine nella giornata di lunedì 17 giugno, quando verranno piantati i primi alberi della foresta dedicata al card. Martini. Chi prenderà parte al viaggio? É la prima volta che un viaggio ha l’obiettivo di coinvolgere, oltre ai rappresentanti delle istituzioni, anche persone che volessero aderirvi. Il viaggio è pensato per favorire il dialogo, il rispetto e la conoscenza reciproca tra cristianesimo ed ebraismo. Vi prenderanno parte eminenti esponenti delle due religioni: dal rabbino Elia Richetti, presidente dell’Assemblea rabbinica italiana a David Meghnagi, dell’Università di Roma Tre e direttore del Master internazionale sulla Shoah, dai cardinali Francesco Coccopalmerio e Dionigi Tettamanzi alla signora Maris Martini Facchini, sorella del card. Martini, da mons. Gianantonio Borgonovo, arciprete del Duomo di Milano a mons. Gino Battaglia, direttore dell’Ufficio per l’ecumenismo e il dialogo della Cei a Gioachino Pistone, membro della Chiesa evangelica valdese di Milano. Quali sono gli elementi che rendono questo viaggio un evento storico? In questa occasione si vogliono ricordare i 50 anni di dialogo ebraico-cristiano dall’indizione del Concilio vaticano II, i 65 anni dello Stato di Israele, e il primo anniversario della morte di padre Martini, che ha insegnato che dialogare non significa rinunciare a se stessi bensì esprimere al massimo se stessi cogliendo in questa massima espressione di sé la piena espressione dell’uno e dell’altro. Non è solo un viaggio di piacere, anche se lo sarà, e non è solo un viaggio istituzionale, anche se è stato pensato come tale poiché vi saranno incontri istituzionali di altissimo livello ed unici. É quindi un evento, storico e unico nel suo genere. Michela Beatrice Ferri
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