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Il fine è l'uomo«Se cadono gli investimenti, per le banche è una tragedia; se le famiglie stanno male, non hanno da mangiare, allora non fa niente: questa è la nostra crisi di oggi». Papa Francesco ha affondato il dito nella piaga nei giorni della Pentecoste, dedicati all’universalità e all’unità della Chiesa, alla veglia, alla preghiera con i vescovi, i fedeli, i catecumeni. E’ entrato con forza nel sociale e nella politica, rivolgendosi ai governi e ai loro rappresentanti. E ha bocciato senza appello quella che con sempre maggiore evidenza è crisi contro l’uomo, una crisi antropologica alla quale non bisogna rassegnarsi. Francesco non concede appelli: «La Chiesa povera per i poveri va contro questa mentalità». Finanza, banche, profitti non possono e non devono porsi contro l’uomo. «Il ricco non può e non deve ignorare il povero. Questa è una crisi dell'uomo, che distrugge l'uomo. Nella vita pubblica, politica, se non c'é l'etica tutto è possibile, tutto si può fare. Allora, leggendo i giornali, capiamo come la mancanza di etica nella vita pubblica faccia tanto male all'umanità intera». E’ discorsivo con la folla. Cita un rabbino del dodicesimo secolo sulla Torre di Babele. «Quando cadeva un mattone era una tragedia nazionale, veniva punito l'operaio, perché i mattoni erano preziosi. Ma se cadeva l'operaio non succedeva niente». Questa missione papale si è andata dipanando in una settimana cruciale a vari livelli: verso i governi, con un gruppo di nuovi ambasciatori, davanti all’immensa folla, calcolata dalla questura in 200 mila persone, di pellegrini e militanti dei movimenti e associazioni ecclesiali. E soprattutto con la cancelliera tedesca Angela Merkel, l’esponente che in Europa rappresenta, o ha rappresentato finora, la linea del rigore. E’ venuta, la Merkel, non per il governo italiano, ma per il papa, anche se lo aveva incontrato brevemente il 19 marzo. Una visita “mordi e fuggi”, sostanziata da un incontro durato 45 minuti, col seguito di 15 persone e lo scambio di regali immateriali: libri di poesie e cd. Il comunicato non entra nei particolari, ma i pochi accenni sono significativi. A fuoco la situazione socio-politica, economica e religiosa in Europa e nel mondo. Più specificamente si è parlato della tutela dei diritti umani, delle persecuzioni nei confronti dei cristiani, della libertà religiosa e della collaborazione internazionale per la promozione della pace. Dell’Europa è stata sottolineata la sua peculiarità di «comunità di valori» e il suo ruolo di responsabilità nel mondo. Con l’auspicio finale dell’impegno «di tutte le componenti civili e religiose a favore di uno sviluppo fondato sulla dignità della persona e ispirato ai principi della sussidiarietà e della solidarietà». E’ stata la stessa cancelliera a rilevare, parlando alla Radio vaticana, che «la politica da sola non può creare le fondamenta su cui vive una società. Credo», ha precisato, «che la Chiesa cattolica svolga un ruolo centrale e che papa Francesco abbia chiarito che nel mondo l'Europa è necessaria, un'Europa forte e giusta». Entrando più nel merito dei problemi, ha rilevato che la regolamentazione dei mercati finanziari «rappresenta il nostro problema centrale». I progressi ci sono, ma «siamo lontani dalla meta, siamo lontani dal poter dire che non si possa più verificare un deragliamento dalle linee guida dell'economia di mercato sociale». Questo argomento avrà un ruolo centrale nel vertice del G20 di quest'anno. Dettagliato e consequenziale è il discorso agli ambasciatori: «La maggior parte degli uomini e delle donne del nostro tempo continuano a vivere in una precarietà quotidiana con conseguenze funeste. Alcune patologie aumentano, con le loro conseguenze psicologiche; la paura e la disperazione prendono i cuori di numerose persone, anche nei Paesi cosiddetti ricchi; la gioia di vivere va diminuendo; l’indecenza e la violenza sono in aumento; la povertà diventa più evidente». Il linguaggio di Bergoglio è esplicito. Il Papa non indulge. «Si deve lottare per vivere, e spesso per vivere in modo non dignitoso. Una delle cause di questa situazione, a mio parere, sta nel rapporto che abbiamo con il denaro, nell’accettare il suo dominio su di noi e sulle nostre società. Così la crisi finanziaria che stiamo attraversando ci fa dimenticare la sua prima origine, situata in una profonda crisi antropologica, nella negazione del primato dell’uomo». «Abbiamo creato nuovi idoli», prosegue il Pontefice. «L’adorazione dell’antico vitello d’oro ha trovato una nuova e spietata immagine nel feticismo del denaro e nella dittatura dell’economia senza volto né scopo realmente umano. La crisi mondiale che tocca la finanza e l’economia sembra mettere in luce le loro deformità e soprattutto la grave carenza della loro prospettiva antropologica, che riduce l’uomo a una sola delle sue esigenze: il consumo. E peggio ancora, oggi l’essere umano è considerato egli stesso come un bene di consumo che si può usare e poi gettare». E insiste: «Abbiamo incominciato questa cultura dello scarto. Questa deriva si riscontra a livello individuale e sociale; e viene favorita. In un tale contesto, la solidarietà, che è il tesoro dei poveri, è spesso considerata controproducente, contraria alla razionalità finanziaria ed economica». Per papa Francesco «mentre il reddito di una minoranza cresce in maniera esponenziale, quello della maggioranza si indebolisce. Questo squilibrio deriva da ideologie che promuovono l’autonomia assoluta dei mercati e la speculazione finanziaria, negando così il diritto di controllo agli Stati pur incaricati di provvedere al bene comune. Si instaura una nuova tirannia invisibile, a volte virtuale, che impone unilateralmente e senza rimedio possibile le sue leggi e le sue regole. Inoltre, l’indebitamento e il credito allontanano i Paesi dalla loro economia reale e i cittadini dal loro potere d’acquisto reale. A ciò si aggiungono, oltretutto, una corruzione tentacolare e un’evasione fiscale egoista che hanno assunto dimensioni mondiali. La volontà di potenza e di possesso è diventata senza limiti. Dietro questo atteggiamento si nasconde il rifiuto dell’etica, il rifiuto di Dio». E conclude: «Proprio come la solidarietà, l’etica dà fastidio. È considerata controproducente: come troppo umana, perché relativizza il denaro e il potere; come una minaccia, perché rifiuta la manipolazione e la sottomissione della persona. Perché l’etica conduce a Dio, il quale si pone al di fuori delle categorie del mercato. Dio è considerato da questi finanzieri, economisti e politici, come non gestibile, Dio non gestibile, addirittura pericoloso perché chiama l’uomo alla sua piena realizzazione e all’indipendenza da ogni genere di schiavitù». C’è una soluzione? Sì, c’è: «Un’etica non ideologica permette di creare un equilibrio e un ordine sociale più umani». Non parla ex-cathedra Francesco. Ma questi sono temi da enciclica. Propone, incoraggia «gli esperti di finanza» e i governanti: «Non condividere con i poveri i propri beni è derubarli e togliere loro la vita. Non sono i nostri beni che noi possediamo, ma i loro». Si realizzi dunque «una riforma finanziaria che sia etica e che produca a sua volta una riforma economica salutare per tutti. Questa tuttavia richiederebbe un coraggioso cambiamento di atteggiamento dei dirigenti politici. Li esorto ad affrontare questa sfida, con determinazione e lungimiranza». Preoccupazioni di un pastore. Ma non passano in seconda linea i temi della fede. Francesco detta nuovi punti cardinali. Si conclude la pentecostale “festa della fede”, iniziata con la veglia e culminata nell’Eucaristia. «Una rinnovata Pentecoste che ha trasformato piazza San Pietro in un Cenacolo a cielo aperto. Abbiamo rivissuto l’esperienza della Chiesa nascente, concorde in preghiera con Maria, la Madre di Gesù. Anche noi, nella varietà dei carismi, abbiamo sperimentato la bellezza dell’unità, di essere una cosa sola. E questo è opera dello Spirito Santo, che crea sempre nuovamente l’unità nella Chiesa». Nel calendario del Papa, la visita del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, la prima uscita in una parrocchia romana, il viaggio in Brasile per la XXVIII Gmg dal 22 luglio. Antonio Sassone
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