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Una task force in Valsusa per la TavTre episodi, a distanza di una settimana uno dall’altro, riaccendono la tensione in valle di Susa sulla questione Tav. E’ la notte tra il 1° e il 2 maggio quando sui muri di Susa e Bussoleno, nel cuore della valle, compaiono alcuni manifesti intitolati «Gli spari sopra» che inneggiano alla sparatoria avvenuta davanti a Montecitorio. I manifesti vengono immediatamente sequestrati dai carabinieri. La sera del 7 maggio, invece, un operaio del cantiere Tav di Chiomonte esce dall’autostrada con un mezzo pesante. Ai bordi della strada, appostato tra la vegetazione, un commando di “incappucciati” tende l’agguato. Il camion viene raggiunto da un fitto lancio di pietre che rompono il parabrezza e i finestrini laterali. L’uomo viene colpito alla testa e al petto, riporta ferite non gravi. Nella notte tra lunedì 13 e martedì 14 maggio, infine, il cantiere Tav di Chiomonte subisce un vero e proprio attacco. Ltf, la società mista italo francese che progetta la linea, racconta di «un episodio di violenza, un’aggressione (l’ennesima) di carattere quasi terrorista, che mette nuovamente a repentaglio la sicurezza in cantiere e la vita dei lavoratori». Un’incursione in piena regola compiuta dai soliti “ignoti” che hanno dato alle fiamme un motocompressore utilizzando ordigni incendiari e danneggiando le recinzioni. Se i primi due fatti, dal punto di vista mediatico, non oltrepassano i confini di Torino e provincia, l’ultimo va ben oltre e si guadagna le prime pagine dei giornali e i titoli di testa dei tg. Un po’ come se un’ipotetica linea rossa di non ritorno fosse stata varcata; e la tensione, che si respira in valle da tempo viene comunicata al resto d’Italia. Anche il neonato governo Letta pare intenzionato a raccogliere la sfida; la Torino-Lione diventa così uno dei (pochi?) argomenti su cui l’intero esecutivo parla la stessa lingua. Che è quella della condanna, senza mezzi termini. Il ministro alle Infrastrutture Maurizio Lupi è tra i primi a intervenire: «I teppisti e i violenti vanno condannati e isolati. Quanto è successo è inaccettabile e intollerabile». Che quelle del ministro non siano solo parole, lo dimostra il fatto che, nelle ore successive all’ultimo fatto, lo stesso Lupi e il ministro dell’interno Alfano salgono a Torino per presiedere un vertice sulla sicurezza. E prendono la decisione di costituire una task force che si insedia giovedì 16 maggio a Roma. Ne fanno parte il ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, la Regione Piemonte, la Provincia di Torino, il Comune di Torino, i sindaci dei Comuni direttamente interessati dai cantieri (Susa, Bussoleno e Chiomonte) e il commissario del governo, l’architetto Mario Virano. A coordinarla viene designato il direttore della Struttura tecnica di missione del ministero, Ercole Incalza. Con quali obiettivi? Eccoli: definire le opere di riqualificazione del territorio che accompagneranno la Torino-Lione (quelle che secondo il ministro sono impropriamente definite «compensative»); effettuare una ricognizione delle esigenze provenienti dal territorio; coordinare la comunicazione da parte di tutte le istituzioni pubbliche coinvolte; convocare incontri periodici con i sindaci di altri Comuni della Valle e con le realtà imprenditoriali. E ogni sessanta giorni il Cipe verrà informato dalla task force sulle opere di riqualificazione, in modo da garantire la continuità dei flussi finanziari. Il che è un po’ come dire: per realizzare la Torino-Lione non basta preoccuparsi dell’ordine pubblico, ma bisogna dare risposte chiare, precise alla popolazione e al territorio sui temi ambientali e, soprattutto, dello sviluppo sociale ed economico. Certo, la questione “ordine pubblico” continua a dominare la scena. Per il presidente della Regione Roberto Cota l’ultimo episodio è «un vero e proprio atto di guerra». Mentre sul fronte del centro-sinistra, il presidente della Provincia Antonio Saitta parla esplicitamente di «terrorismo». «Ho parlato con il procuratore della Repubblica Giancarlo Caselli», aggiunge, «e questa volta l’ho sentito davvero allarmato. L‘Italia non può e non deve consentire che in Valle di Susa si calpesti la democrazia e si arrivi ad azioni di lotta armata». Ma la condanna non è unanime. Per il segretario di Rifondazione comunista, Paolo Ferrero, «a buttare benzina sul fuoco, gridando al terrorismo ogni volta che succede qualcosa in valle di Susa, sono i rappresentanti del governo e tutti i sostenitori della Tav. L’alta velocità è un progetto inutile e dannoso». Mentre uno dei leader del centro sociale Askatasuna, Gian Luca Pittavino, intervistato da www.huffingtonpost.it, parla di «pratiche legittime di lotta. E’ giusto attaccare il cantiere per tentare di buttarne giù i muri». E il movimento No Tav? Sui siti sembra fare spallucce e negare i fatti: «Apprendiamo dai quotidiani», si legge su uno dei siti del movimento, «di un’altra notte di attacchi al cantiere di Chiomonte con una ricostruzione così certosina da far quasi pensare che i reporter fossero sul luogo (o hanno usato la solita velina della questura)». Ma è proprio sulla rete che volano parole di fuoco. Come quelle di un blogger che se la prende con gli operai del cantiere di Chiomonte: «Essi», scrive, «sono la dimostrazione di quanto facilmente un uomo si possa vendere per trenta maledetti denari. La loro scelta egoista individuale li mette fuori dalla loro comunità e li condanna meritatamente a una difficile convivenza sul territorio. Quel loro essere “operai” non pulisce le coscienze. Rimangono solo crumiri». Parole che sarebbero finite sotto esame da parte della Digos e che preoccupano non poco i lavoratori che tutti i giorni salgono al cantiere, ma anche i sindacati di polizia: l’azione al cantiere di Chiomonte rappresenta «un salto di qualità preoccupante: si aspetta forse il morto per fare qualcosa?», chiede Nicola Tanzi del Sap, che aggiunge: «In Val Susa deve essere inviato l’esercito e la zona dei lavori deve risultare inaccessibile». Da tempo i lavoratori del cantiere di Chiomonte sono bersaglio delle parole e, a volte, delle pietre. Tanto che da tempo con i giornalisti parlano sempre e solo in forma anonima. «Non siamo noi a decidere se la Torino-Lione si fa o no», dice uno di loro: «Noi vogliamo solo lavorare. Potremmo pure andarcene. Tanto, poi, con la fame di lavoro che c’è saremmo subito rimpiazzati, e da gente che arriverebbe non chissà da dove, ma da questa valle». Una valle che, proprio in questo periodo, sta facendo i conti con la possibile chiusura dell’ultima industria pesante rimasta sul territorio, l’acciaieria Beltrame di San Didero, che potrebbe lasciare a casa più di trecento lavoratori. E che potrebbe essere salvata, guarda un po’, proprio dai fondi delle compensazioni per la costruzione della Tav. Contraddizioni? Forse. Rimane il clima difficile in valle di Susa. Anche se, sul fronte No Tav, c’è chi prova a capovolgere la questione «Da giorni», si legge su un comunicato del movimento, «ci sono continui attacchi mediatici e politici alla Valle di Susa e al movimento No Tav. Ma se pensano di intimorirci con le loro dichiarazioni roboanti, si sbagliano. Ribadiamo che tagliare le reti e colpire macchinari sono azioni non violente». A Chiomonte, prosegue la nota «continueremo ad andarci, iniziamo venerdì con la “tre giorni di campeggio”, un anticipo della lunga estate di lotta che il movimento No Tav sta organizzando». La Valle si prepara a un’altra calda estate. Bruno Andolfatto
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