![]() Accesso utente |
Banche e finanza all'origine della crisiLa crisi attuale è stata preceduta e introdotta negli Stati Uniti da un’ampia operazione di deregolamentazione del sistema bancario e finanziario, resa possibile dalla cattura del “controllante” da parte del “controllato”, cioè del potere politico al più alto livello da parte dello stesso sistema bancario e finanziario. Esso ha imposto prima al presidente Bill Clinton (1999) e poi al presidente George W. Bush (2004) le proprie direttive giuridiche, a titolo di compenso degli enormi contributi elettorali erogati ad entrambe. Per chi vive in costante adorazione, specie i nostri economisti, del sistema politico-giuridico-economico americano, ricordiamo che la corruzione politica italiana è ben poca cosa rispetto a quella, visti anche i risultati devastanti che ha determinato. La deregolamentazione bancaria è consistita innanzitutto nella abolizione della distinzione tra banche di credito ordinario a breve termine e banche d’affari a lungo termine, introducendo un potente fattore di crisi sistemica: tale è la raccolta di risparmi da restituire a breve, impiegati in prestiti esigibili solo a lungo termine. Segue la minimalizzazione della garanzie patrimoniali obbligatorie delle banche; tale per cui si crea una leva finanziaria nel rapporto (indicatore della moltiplicazione del rischio di credito) tra prestiti totali, specie interbancari, erogati (attivo bancario) e patrimonio, di sempre maggiore potenza, che supera nel 2007 le trenta volte nella media delle banche americane (67 volte per la banca Lehman Brothers al suo fallimento del 15 ottobre 2008). La leva finanziaria è aritmeticamente il fattore di moltiplicazione (moltiplicatore) dei prestiti originari erogati, determinante il castello di carta destinato al crollo. L’attivo della banca, totale dei prestiti erogati, è pari ai depositi drenati dal sistema economico e trasformati in titoli cartolari ceduti in successione moltiplicata; tenendo anche conto del normale processo di moltiplicazione dei depositi, con emissione di assegni, negli attivatissimi rapporti interbancari. Le innovazioni finanziarie introdotte nel decennio precedente la crisi diventano in tal modo commerciabili in mercati privati di qualsiasi regola e controllo, in cui possono operare istituti bancari e finanziari (le cosiddette “banche ombra”) estranei al quadro ordinario bancario-finanziario già deregolamentatissimo, di cui sono emanazione e controfigura. Tali società bancarie, veicoli umbratili, dette Siv, inseriscono una pluralità di titoli Abs e Cds originari in titoli cartolari contenitori detti Cdo (Collateralized debt obligations) o obbligazioni strutturate, da trasferire e moltiplicare, in cui si selezionano titoli con diverso grado di rischiosità. La composizione varia di tali titoli (detti anche “salami”) avrebbe dovuto ridurre (o eliminare statisticamente secondo un dotto economista-matematico americano vincitore di Premio Nobel per la ricerca relativa) il rischio di credito. In realtà l’assoluta non trasparenza del titolo, incredibilmente stimolando rapporti fiduciari comprovati dalla ricerca scientifica, con l’ausilio delle solite agenzie di rating colluse, ne facilitò la cessione-moltiplicazione, contribuendo non poco allo scatenamento della crisi. Sono questi i cosiddetti “titoli tossici” per eccellenza. Tutto il quadro istituzionale deregolato è stato accompagnato, e il meccanismo della crisi è stato facilitato in modo determinante, dalla politica monetaria espansiva della Federal Reserve, diretta a mantenere bassi (se non addirittura bassissimi) i saggi di interesse, per massimizzare l’attività bancaria di intermediazione. Questo meccanismo di moltiplicazione dei titoli di credito, tutti con la stessa ripetuta causa giuridico-economica, con conseguente moltiplicazione del rischio di credito, in sintesi si è quindi fondato sui seguenti fenomeni: a) sul processo di cartolarizzazione (Abs) che facilita la cessione, anche ripetuta, del credito; b) sul raddoppio del titolo iniziale con l’accompagnamento di derivato assicurativo (Cds) cartolare a sua volta cedibile; c) sulla mediazione di Società veicolo ombra (Shadow banking), che eludono l’obbligo di garanzie sia pur minime; d) sulla composizione da parte delle Società veicolo degli strumenti cartolari contenitori Cdo per veicolare in modo massiccio nel mercato interbancario e generale crediti cartolarizzati e relativi derivati, secondo una presunta organicità; garanzia in realtà non del rischio, ma di quantità e velocità di cessioni; e) sul reimpiego delle liquidità drenate nel mercato interbancario nella concessione di nuovi prestiti da cartolarizzare; a loro volta destinati ad essere moltiplicati; f) sulla rinuncia a una sana attività bancaria di selezione (screening) e controllo (monitoring) della solvibilità dei clienti prestatari, perché «intanto i crediti sono destinati ad essere venduti» (originate to distribuite = originare per distribuire) soprattutto ad ignari clienti internazionali; g) infine sul sostegno di agenzie di rating colluse con le banche emittenti i titoli e i derivati finanziari, con evidenti conflitti di interessi e quadri dirigenziali coincidenti. Scopo del tutto è stato il percepire la massima quantità di commissioni (fee banking), dipendenti dal numero di mutui originari contratti e dal numero di passaggi, che è possibile fare con reiterati titoli cartolari, tutti con lo stesso contenuto sostanziale. L’intero castello di carta di titoli di credito, non garantiti da sufficiente liquidità, crolla nel momento in cui, a causa dell’inadempienza dei primi prestatari (accompagnata dal crollo del valore degli immobili ipotecati a garanzia), viene richiesto a catena l’adempimento delle successive posizioni creditizie, a cui il sistema bancario non è in grado di assolvere. La crisi di liquidità diventa sistemica e l’intero sistema bancario entra in una situazione fallimentare. Agli effetti fin qui descritti della crisi finanziaria segue una politica monetaria espansiva della Federal Reserve, in perfetta continuità con l’azione precedente concausa della crisi, di concerto con il ministero del Tesoro, per cercare di frenare la ricaduta della crisi bancaria e finanziaria sull’economia reale; e salvare dal fallimento tutte le più grandi banche e società di assicurazione americane. L’enorme iniezione di moneta nel sistema frena in parte la recessione e l’incremento della disoccupazione, ma in gran parte fluisce a quelle banche e società di assicurazione in situazione fallimentare, le cui azioni vengono acquistate dallo Stato; senza traboccare nel sistema economico. La politica monetaria, come è ben noto secondo l’aforisma della corda molle, serve bene nel tirare (politica restrittiva), ma poco nello spingere (politica espansiva). Contemporanea con questa manovra è l’emissione di titoli di debito pubblico, con enorme incremento del suo stock (108 per cento del Pil per il solo debito federale nel 2012). L’endemica debolezza del dollaro subisce un ulteriore contraccolpo, e viene incredibilmente salvato dal tracollo dal bisogno di moneta internazionale di Cina, India e Brasile. Le banche inondate di dollari riprendono così l’attività speculativa, più che non fornire credito alle imprese in difficoltà, e mettono a punto le modalità per scaricare sul mondo il peso della loro crisi, e attaccare la concorrenza dell’euro. Ettore Peyron
|