Roma e Bisanzio amiche

Per celebrare i 1700 anni della promulgazione dell’Editto di Costantino (detto anche Editto di Milano) e, con essa, il significato della parola «libertà» in ambito religioso, la città cuore della Chiesa ambrosiana ha ricevuto dal 14 al 16 maggio un ospite particolarmente importante: sua santità Bartolomeo I, arcivescovo di Costantinopoli «Nuova Roma» e patriarca ecumenico.

La sua persona rappresenta la Chiesa ortodossa, richiamando nei suoi titoli e nel suo ruolo la storia del cristianesimo d’Occidente e d’Oriente. Si ricordi che il «Grande scisma» del 1054 (indicato dai cristiani dell’Occidente come «Scisma d’Oriente» e conosciuto dagli Ortodossi come «Scisma dei latini») costituì l’evento che ruppe quell’unità che era fondata sulla Pentarchia, vale a dire sulla compresenza del Patriarcato di Roma, di Gerusalemme, di Alessandria in Egitto, di Antiochia e di Costantinopoli. Quest’ultima, già Bisanzio, venne riedificata proprio da Costantino il Grande che la volle come sede del potere imperiale, chiamandola anche con il nome di «Nuova Roma».

Con l’arrivo del patriarca Bartolomeo I a Milano, la Chiesa cattolica ha voluto affermare ancora una volta che la storia del Cristianesimo supera ogni divisione, e che l’abbraccio con la Chiesa ortodossa è il dialogo nel nome della fraternità. Bartolomeo I (Dimitrios Archontonis alla nascita, avvenuta il 29 febbraio 1940 nell’isola di Imbro, in Turchia) è stato eletto dal santo Sinodo il 22 ottobre 1991 arcivescovo di Costantinopoli e patriarca ecumenico, titolo che indica il primo posto di onore presso le Chiese ortodosse: come primus inter pares tra i patriarchi orientali è il punto di riferimento della comunione della Chiesa ortodossa.

Dopo la visita di Bartolomeo I presso la comunità monastica di Bose, avvenuta nel pomeriggio di martedì 14 maggio, tre sono stati i momenti pubblici della visita. Nella mattina di mercoledì 15 maggio, alle ore 11, si è svolta nella chiesa di Santa Maria in Podone (tra le più antiche chiese di Milano, messa a disposizione della comunità greca ortodossa nel 2012) la preghiera con rito ortodosso. In questa prima tappa, Bartolomeo I ha svolto il ruolo di padrone di casa nei confronti del cardinale Scola: unione, fratellanza e amicizia sono i principali caratteri che definiscono i rapporti tra le due Chiese, cattolica e ortodossa. «Abbiamo bisogno di amicizia per il bene della Chiesa», ha detto il Patriarca, «e dobbiamo aiutarci in diaconia». In questa occasione, Bartolomeo I ha rivolto al cardinale Scola l’invito a recarsi ad Istanbul.

Il culmine delle celebrazioni per i 1700 anni dell’Editto di Costantino è stato rappresentato dalla lectio a due voci tra Bartolomeo I e il card. Scola, che si è svolta nel pomeriggio di mercoledì scorso, nella Sala delle Cariatidi presso Palazzo Reale. «Conoscerete la verità e la verità vi farà liberi» (Gv 8,32): è questo il titolo dato ad un momento che è stato emozionante e di intensa carica ecumenica. La riflessione di Bartolomeo I è stata incentrata sul tema della libertà religiosa come luogo fondamentale sul quale si innestano tutti i diritti della persona umana: è la fede cristiana che guida nella comprensione di questo fondamento.

Una «storica decisione» che «aprì nuove strade al Vangelo e contribuì in maniera decisiva alla nascita della civiltà europea»: così le parole di papa Francesco sulla portata storica dell’Editto di Milano (con cui l’imperatore Costantino nel 313 d.C. decretò il diritto alla libertà religiosa) hanno introdotto questa tappa cruciale della visita del patriarca ecumenico a Milano. L’incontro è un «momento di speranza» anche nell’intervento di Brian Farrel, segretario del Pontificio consiglio per l’Unità dei cristiani, che sostiene la difficoltà di «esagerare l’importanza dell’Editto di Milano». Bartolomeo I, nel suo discorso, definisce questo evento storico una «tappa fondamentale nella storia dell’umanità». La libertà, spiega, è un «profondo, eterno, incomprensibile mistero» donato da Dio all’uomo. E, proseguendo, afferma che «questa libertà essendo spesso separata dal suo Datore primo», viene «isolata, divinizzata, acquista un carattere antropocentrico, diventa onnipotente, causando grandi crimini». È la distorsione della libertà di chi crede che significhi soddisfare indiscriminatamente i propri desideri, «senza limiti, decidendo e operando, commettendo ingiustizie nel silenzio di coloro che gli stanno accanto, ammazzando e venendo applauditi: tutto e sempre nel nome della libertà».

Bartolomeo I spiega che la libertà «si trova nell’amore, nella nostra sottomissione, nel nostro servizio per gli altri». Con questi presupposti, aggiunge, «non sussistono motivi religiosi per un violento scontro tra le culture e i principi di Cristianesimo e Islamismo». Ma piuttosto, «le guerre e tutti gli atti di inimicizia tra gli appartenenti alla medesima religione e alle sue variazioni» sono «riferibili ad altre questioni pratiche» e non religiose. Il modo per appianare i conflitti è «lo sviluppo di dialoghi seri e in buona fede».

Nella mattina di giovedì 16 maggio, infine, nella Basilica di Sant’Ambrogio, si è svolta la preghiera ecumenica dell’arcivescovo. Prima dell’inizio della liturgia il saluto di monsignor Erminio De Scalzi, vicario episcopale per gli eventi e gli incarichi speciali della diocesi: «Oggi in questa Basilica accade qualcosa di memorabile: il successore di Andrea e il successore di Ambrogio pregano insieme l’unico Signore. Con questo gesto, nel terreno buono delle nostre chiese si mette un seme di riconciliazione e di speranza». E, proseguendo: «Andrea è il primo dei chiamati, il protocletos, colui che conduce altri a Gesù: suo fratello Pietro, il ragazzo dei cinque pani, e quei greci che volevano vedere Gesù. Anche Ambrogio ci conduce a Gesù: ci sembra di sentire ancora la sua voce che in questo luogo diceva: “Cristo è tutto per noi”. Questa è la missione che accomuna le nostre Chiese: l’annuncio del Vangelo per portare i fratelli, soprattutto le nuove generazioni, all’incontro con Gesù».

La celebrazione si è svolta in lingua italiana ed è stata animata dal Coro bizantino del Conservatorio di Acharnes e della Cappella musicale del Duomo di Milano. I concelebranti, seduti davanti all’altare, hanno rappresentato l’unione delle due Chiese cristiane: nell’omelia, il Patriarca e l’Arcivescovo hanno commentato a turno i testi scelti per la liturgia della Parola (un testo dagli Atti degli apostoli, 26 e un testo dal Vangelo di Giovanni, 17). Al termine della celebrazione, il cardinale Scola ha donato a Bartolomeo I il nuovo Evangeliario ambrosiano e una capsella (cassetta utilizzata nei primi secoli del cristianesimo per custodirvi reliquie sacre) contenente preziose reliquie di sant’Ambrogio e di santi milanesi martiri e confessori della fede. Proprio nella Basilica di Sant’Ambrogio si trovano le spoglie del patrono della Chiesa di Milano e degli altri due santi patroni, Gervaso e Protaso, la cui venerazione accomuna i cattolici e gli ortodossi: dopo la celebrazione, Bartolomeo I e il cardinale Scola sono scesi nella cripta a pregare, di fronte ad esse per le due Chiese.

L’evento della visita del Patriarca di Costantinopoli a Milano ha sottolineato, quindi, come dopo 1700 anni si possa vivere la libertà religiosa nel nome della fratellanza, nel segno di Cristo. «Non cessiamo di pregare, di augurarci e di chiedere che tutti comprendano che la rappacificazione, la riconciliazione, la tolleranza, la mitezza, la clemenza, virtù che onoravano sant’Ambrogio, possano avere riscontro positivo nella società, con le parole e con i fatti», ha affermato il Patriarca. «Fino a quando questo non accadrà, la Chiesa di Cristo non cesserà di generare martiri, essendo Chiesa di eroi e atleti nella fede del Signore. E non cesserà di generare martiri nello spirito».

E, concludendo: «Non abbiamo paura di resistere alla corrente della globalizzazione distruttiva e agli attuali stili di vita materialistici: viviamo secondo i comandamenti del Vangelo comportandoci con saggezza e in santificazione continua. Imitiamo Costantino il Grande e sant’Ambrogio, le cui reliquie sono custodite in questo Tempio “per rallegrare e deliziare” il nostro cuore, noi che siamo radunati per annunciare “quello che vi accadrà nei tempi futuri” (Gen. 49,1). Amen».

Michela Beatrice Ferri



SIR | Avvenire.it | FISC

PRELUM Srl - P.I. 08056990016