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Così Bodrato racconta l'ingannevole bipolarismoGuido Bodrato, esponente della terza generazione Dc, dopo quella di De Gasperi e Sturzo e quella di Fanfani e Moro, può, a giusto titolo, venir considerato un pensatore della politica, poiché attraverso i suoi scritti cerca di studiare e di far comprendere i meccanismi della democrazia. Vi è cioè la convinzione che scavando a fondo nelle idee e alimentando il dibattito pubblico si possa accrescere la consapevolezza delle persone rispetto alle questioni che attraversano la nostra società. Un metodo di lavoro che, un tempo, con i partiti tradizionali era peraltro diffuso in tutte le aree politiche, di destra come di sinistra, e che oggi, nell'epoca di twitter e del grillismo, pare invece esser passato di moda. Ecco allora l'ultimo libro di Bodrato, «L'inganno del bipolarismo» (Cittadella editrice), che raccoglie alcune riflessioni sulla politica di questi ultimi anni e in particolare una serrata critica al sistema bipolare, sia come modello politico astratto sia, soprattutto, per come è stato declinato nella realtà italiana. Alla presentazione del volume, che contiene anche molti articoli scritti per «il nostro tempo» dal 2005 ad oggi, è intervenuto a Torino l'ex segretario del Ppi, Pierluigi Castagnetti, che individua, oltre al tema del bipolarismo che è un po’ lo sfondo dell'intera trama, tre questioni centrali a fare da filo conduttore al discorso di Bodrato: l'insuccesso del Pd; la crisi della democrazia; il ruolo dei cattolici. Riguardo al Pd Bodrato pensa che le difficoltà che intercorrono tra ex diessini ed ex popolari mostrano, in tutta evidenza, come la fusione non fosse la strada migliore da battere. Sarebbe stato meglio un'alleanza tra cattolici democratici e socialdemocrazia rimanendo però forze politiche distinte. Ognuna avrebbe infatti mantenuto intatta la propria identità e il proprio radicamento sociale, senza frettolosi miscugli che, a ben vedere, hanno indebolito entrambi: i cattolici perdendo molti voti moderati, finiti verso destra, e la sinistra dividendosi tra riformisti e massimalisti. Anche perché l'ansia di realizzare a tappe forzate il partito nuovo ha impedito di svolgere un serio dibattito su alcuni temi di fondo. Ci si è illusi di poter accantonare le questioni controverse pensando che il tempo si sarebbe incaricato di risolverle. In realtà in politica, come del resto nella vita, i nodi vengono sempre al pettine. Due temi particolarmente dirimenti sono così rimasti irrisolti: la collocazione europea del partito, in bilico tra popolari e socialisti, e le tematiche etiche. Proprio da lì si poteva partire, cercando una convergenza che invece è mancata, e oggi se ne sentono gli effetti. Non si è riusciti a valorizzare gli obiettivi comuni, l'approdo condiviso pur partendo da premesse diverse. Quando venne scritta la Costituzione fu invece proprio quello il metodo usato per superare le divergenze ideologiche. Pensiamo al tema del lavoro riguardo al quale i cattolici si rifacevano alla Dottrina sociale della Chiesa mentre i socialcomunisti alla lotta di classe prospettata da Carlo Marx. Due punti di partenza differenti, apparentemente inconciliabili, eppure il primo articolo della Carta costituzionale mise d'accordo tutti, nel comune approdo del lavoro inteso come valore a presidio della dignità della persona umana. Secondo tema dell'analisi di Bodrato è la crisi della democrazia. I temi sono molteplici. Uno dei questi è il fatto che il nostro bipolarismo pare incapace, almeno finora, di uscire da una contrapposizione tra i due schieramenti, troppo spesso giocata sulla reciproca delegittimazione. C'è peraltro da chiedersi se nell'Italia di oggi vi sia ancora spazio per una posizione centrista, capace di fare un po' la sintesi tra le due coalizioni di destra e di sinistra. In realtà, alle ultime elezioni, ove pure era presente una credibile opzione centrista, ad essere premiata è stata soprattutto una forza che si pone, per molti versi, al di fuori del sistema politico, e in ogni caso, mette in totale discussione il principio stesso di rappresentanza, a partire dal suo cardine che è la delega politica. Oggi si sente spesso lo slogan «io non delego nessuno» e da lì, a cascata, deriva la crisi della stessa democrazia rappresentativa e del suo strumento per eccellenza: il partito politico come canale di partecipazione popolare. La contrapposizione bipolare ha per di più indebolito l'idea della politica come mediazione e come incontro con chi la pensa diversamente e in questo contesto, terzo elemento di riflessione del libro di Bodrato, ecco emergere proprio l'irrilevanza dei cattolici, la cui cultura di dialogo e di confronto potrebbe essere il presupposto per restituire qualità alla nostra vita pubblica. Magari facendo propria la decisiva distinzione tra la politica e le politiche. La prima caratterizzata spesso dallo scontro ideologico; le seconde volte invece a ricercare, insieme agli altri, soluzioni concrete e realistiche ai problemi che si hanno di fronte. Per fare queste scelte, spesso difficili e soprattutto poco paganti elettoralmente, ci vogliono però forze politiche capaci di anteporre l'interesse di lungo termine a quello di breve periodo. Oggi però i partiti sono più deboli che mai e forse è proprio questa, suggerisce Bodrato, la causa scatenante di molti problemi. Nell'epoca del web ci si è illusi di fare a meno dei partiti, e così le decisioni vengono prese in maniera oscura nei salotti dell'economia e della finanza. La politica senza partiti forti diviene più debole. E senza partiti, a ben vedere, viene messa a rischio persino la stessa democrazia. Aldo Novellini
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