Questa crisi così è nata in America

La crisi finanziaria degli Stati Uniti, scoppiata nel 2007-2008, dopo un decennio di intensa attività con nuovi strumenti finanziari, e apertasi negli anni successivi alla speculazione al ribasso sui debiti sovrani dei Paesi europei, acuisce l’inversione del rapporto tra economia e finanza, causa di enormi distorsioni nell’economia occidentale e di ingiustizie sociali di rilevantissima entità.

La funzione naturale e scientificamente corretta della finanza è servire l’economia reale allocando in modo ottimale i risparmi verso gli investimenti più produttivi. Il suo snaturamento comporta invece la riduzione di se stessa mediante la massimizzazione delle operazioni e dei profitti, con il condizionamento, distorto secondo il fine esclusivo di lucro, degli equilibri (specie distributivi) dell’economia reale.

La globalizzazione finanziaria sregolata, dovuta ad eccessi di individualismo ed egoismo, mina alle fondamenta le società civili dei Paesi occidentali; in perfetta simbiosi e quasi naturale epilogo del relativismo etico, che affligge la civiltà occidentale, secondo uno sviluppo più che bisecolare. Dall’omelia di Benedetto XVI della messa celebrata in San Pietro il 1° gennaio 2013, nella ricorrenza della 46° Giornata mondiale della pace, si possono ricordare queste giuste e preziose parole: «Nonostante che il mondo sia purtroppo ancora segnato da focolai di tensione e di contrapposizione causati da crescenti disuguaglianze tra ricchi e poveri, dal prevalere di una mentalità egoistica e individualistica espressa anche da un capitalismo finanziario sregolato, oltre che da diverse forme di terrorismo e di criminalità, sono persuaso che le molteplici opere di pace, di cui è ricco il mondo, testimonino l’innata vocazione dell’umanità alla pace». Si noti come in questa frase dal contenuto fortissimo si mettono sullo stesso piano «capitalismo finanziario sregolato» causato dal «prevalere di una mentalità egoistica ed individualistica», e «terrorismo e criminalità».

Tre sono le fasi in cui si sviluppa e articola la crisi americana.

1) La creazione, il trasferimento e la moltiplicazione di titoli a lungo termine da parte del sistema bancario statunitense, sino al disancoramento completo dei titoli cartolari dall’economia reale, con continuo drenaggio di liquidità, sino alla inevitabile crisi fallimentare sistemica (fra il 2000 e il 2007).

2) Una politica monetaria “quantitativistica” (consistente nell’emissione di moneta) diretta a salvare la funzione bancaria e finanziaria americana, nonché a frenare la recessione inevitabilmente causata dal fallimento sistemico delle banche (2008-2013).

3) L’attacco del sistema bancario e finanziario statunitense ai cosiddetti “debiti sovrani” dei Paesi europei in una qualche difficoltà, per salvare il dollaro (immesso in quantità spropositate, prima, durante e dopo la crisi), dalla concorrenza della salda moneta dell’Unione europea (2009-2013).

La prima fase di questa vicenda vede la moltiplicazione del credito finanziario come causa della crisi. Essa consiste nell’utilizzo snaturato degli strumenti finanziari della cartolarizzazione dei crediti a lungo termine e dei derivati finanziari, per creare un immenso mercato bancario su cui lucrare ampie commissioni, senza sufficienti garanzie per i risparmiatori; con conseguente crollo dell’immenso castello creditizio di carta così creato.

La prima e più importante innovazione, su cui si fondano la creazione, il trasferimento e la moltiplicazione del rischio di credito, cause della crisi finanziaria, è l’operazione di cartolarizzazione dei crediti a lungo termine. Essa nasce con il nome di securitisation, cioè la costituzione di garanzia per un credito, e si sostanzia in titoli caratterizzati dalla sigla Abs, cioè con la denominazione di Asset backed securities, che significano retro-assicurazioni di titoli di investimento.

La cartolarizzazione di un credito a lungo termine comporta la sua incorporazione in un titolo cartaceo (o nell’equivalente realizzazione elettronica), che facilita la cessione del credito, parificandolo al trasferimento manuale del documento cartolare (o analogo strumento elettronico). Lo snaturamento della cartolarizzazione dalla sua tradizionale funzione di garanzia nasce nel fatto che essa non viene utilizzata per garantire il credito incorporato nel titolo Abs, ma per moltiplicarlo con successive cessioni, scalando il saggio di interesse; e con l’utilizzo dei successivi corrispettivi nell’aprire nuove posizioni creditizie a lungo termine, anziché garantire i risparmi raccolti con debiti a breve termine. Nuovi crediti a loro volta cartolarizzati e moltiplicati. Dalla garanzia dal rischio di credito si passa così alla opposta moltiplicazione del rischio di credito.

La seconda innovazione è costituita dai titoli Cds (Credit default swaps, che vuol dire scambio del rischio di fallimento di un credito). Essi sono dei titoli cartolari (e quindi cedibili facilmente) che assicurano, dietro il pagamento di un premio, l’investitore in un titolo di credito dall’insolvenza del debitore, il cui debito è incorporato nel titolo assicurato. Con tale caratteristica di riferimento ad un titolo sottostante sono descritti i “derivati finanziari”, che nascono con la funzione di ripartire il rischio di credito con un altro soggetto. I Cds sono infatti emessi da banche, società di assicurazione, o appositi fondi detti appunto “fondi di aiuto” (hedge funds) per sopperire alle esigenze di un’altra banca (o di un altro soggetto) acquirente del titolo assicurato.

Lo snaturamento del titolo Cds all’origine della crisi americana avviene nel momento in cui la funzione di garanzia del credito sottostante viene prevaricata dalla funzione di duplicazione del titolo di credito originario, e quindi con ulteriori cessioni del titolo, e di moltiplicazione dei titoli con unica causa originaria; con drenaggio quindi di ulteriore liquidità sul mercato a breve, e relativo reinvestimento in nuovi Cds. Il fine è di realizzare e massimizzare la funzione bancaria del fee banking, cioè di trarre profitto mediante commissioni (fee) dal trasferimento di titoli di credito.

Impropriamente si definisce tale fase originaria come una crisi dei mutui subprime (Subprime mortgage financial crisis), confondendo eufemisticamente la parte con il tutto, e il semplice detonatore con la vera causa profonda: l’impiego speculativo delle innovazioni finanziarie, senza alcun freno e limite normativo; con continuo drenaggio dal sistema economico di liquidità trasformata in crediti fittizi. L’impiego di fondi da parte delle banche, mediante il ricorso a mutui subprime, cioè prestiti a debitori poco solvibili, è attivato per potere ottenere la massima quantità possibile di crediti originari da moltiplicare. La loro insolvenza è quindi il detonatore che fa cadere il castello di carta che, come una piramide arrovesciata, si erge in bilico sul debole punto di appoggio.

Il male è nel castello piramidale di carta e non solo nel suo punto di appoggio. Pericoloso è creare un castello moltiplicato di carta, cioè fondato su un unico credito originario (che fornisce al tutto una unica causa reale giuridico-economica); il peggio poi si realizza se tale credito è anche bacato sin dall’origine. Il solo credito originario, per quanto in sofferenza, non creerebbe alcuna crisi sistemica, se su di esso non si creasse una struttura finanziaria moltiplicata fasulla. Questa è la modernità e “bellezza” scientifica delle innovazioni finanziarie, destinate a creare falsa ricchezza alla speculazione bancaria-finanziaria e scaricare il rischio sui risparmiatori, operatori propri dell’economia reale.

Il tutto è possibile solo nel Paese che ha di fatto il monopolio della emissione di moneta per gli scambi e investimenti internazionali mondiali, per cui il suo utilizzo nelle transazioni internazionali le attribuisce un valore reale; creando l’illusione che qualsiasi titolo espresso in dollari abbia comunque un valore reale in sé.

(1 – continua)

Ettore Peyron



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