Nei discorsi di Montini verità non sempre capite

Il mezzo secolo trascorso dall’inizio del Concilio vaticano II è stato occasione di conferenze e dibattiti, ha favorito la pubblicazione di articoli, numeri unici di riviste teologiche e volumi su questo fatto centrale della vita della Chiesa nel secolo XX e tuttora determinante per le vicende ecclesiali contemporanee.

Nella vasta messe di opere sull’argomento, che partono da livelli culturali e da punti di osservazione diversi, pare opportuno segnalare per alcune qualità non comuni, almeno nelle opere di carattere divulgativo, il testo «Il Concilio Vaticano II. Storia e recezione a cinquant’anni dall’apertura» (Effatà 2013) di Francesco Saverio Venuto, professore di Storia della Chiesa presso la Sezione di Torino della Facoltà di Teologia.

L’autore presenta gli antecedenti, l’annuncio, la preparazione, lo svolgimento dell’attività conciliare, le tematiche e le decisioni, con informazioni essenziali e con particolare attenzione alle quattro Costituzioni: sulla Liturgia («Sacrosanctum concilium), sulla Chiesa (Lumen gentium), sulla Parola di Dio (Dei verbum), sulla Chiesa nel mondo contemporaneo (Gaudium et spes) ed accenna sobriamente ai nove Decreti e alle tre Dichiarazioni conciliari. Tale peraltro è l’indirizzo della maggior parte delle opere divulgative pubblicate in occasione della ricorrenza cinquantenaria, né da esse si discosta l’opera qui segnalata. Tuttavia tre criteri fondamentali, particolarmente interessanti e proficui, per lo più omessi nelle pubblicazioni divulgative e nel comune sentire e giudicare, caratterizzano in modo altamente positivo l’opera del prof. Venuto.

Il primo è la valorizzazione delle riflessioni e delle indicazioni formulate nel Sinodo straordinario dei vescovi del 1958 sulla applicazione del Vaticano II che perlopiù non vennero utilizzate nella storiografia successiva. Il secondo è il collegamento del lavoro delle Commissioni, dell’Assemblea conciliare e dei testi approvati con i discorsi di Paolo VI per l’apertura e la chiusura delle ultime tre sessioni. Finora era universalmente e giustamente ricordato il grande discorso «Gaudet Mater Ecclesia» proclamato da Giovanni XXIII l’11 ottobre 1962, giorno di apertura ufficiale della prima sessione; il Papa infatti enunciò i principi ispiratori che furono il motore degli avvenimenti successivi. Se si vuole, come pare si debba, continuare la metafora, la guida del Concilio a causa della morte di papa Giovanni, che non poté sottoscrivere né approvare alcun documento conciliare, passò a Paolo VI.

E’ abbastanza singolare che l’attenzione agli interventi montiniani si sia concentrata sulle correzioni, sui modi, che propose e talora impose (Nota esplicativa praevia) e che tali prese di posizione siano divenute oggetto di valutazioni disparate, oscillanti tra la critica più decisa, talora astiosa, fino al consenso entusiasta, talora cortigiano. Lo studio del professor Venuto, pur e proprio perché al corrente di queste opposte valutazioni, esce dalla casistica di basso profilo sui singoli interventi, delinea l’alto progetto ideale che maturò nella mente del Papa e mostra che i principi enunciati da Paolo VI nei predetti discorsi vennero fatti propri dall’assemblea conciliare. Questo nesso non può essere inteso come una precisazione erudita o ridotto a un aspetto secondario, poiché mette nella giusta luce la sinergia, talora dialettica, ma sempre feconda tra il Papa e i padri conciliari.

In particolare l’omelia di chiusura (8 dicembre 1965) per la solenne conclusione del Concilio è un bilancio appassionato, un saggio alto e paradigmatico del pensiero e della prosa montiniana, con un fremito di contenuta trepidazione per quanto avverrà (sogno?, iperbole?, ideale? utopia? caricatura retorica? illusione? delusione? speranza confortatrice). Il tema era già stato delibato nell’omelia del Papa del 18 novembre 1965 che intravedeva, seppur confusamente, alcuni problemi poi divenuti di bruciante attualità nel post-Concilio. Su questi argomenti il volume del prof. Venuto è un contributo prezioso per acquistare validi criteri di interpretazione del Vaticano II.

E’ questa la terza e più significativa caratteristica del volume; offre una robusta sintesi delle questioni ermeneutiche, mostra il contesto storico del dibattito intorno al Vaticano II, espone le letture storiografiche della tendenza progressista e della tendenza tradizionalista, formula osservazioni critiche storicamente documentate e teologicamente pertinenti a queste interpretazioni, infine analizza e condivide con persuasive ragioni il criterio formulato dal perito conciliare Joseph Ratzinger-papa Benedetto XVI: il Vaticano II fu un Concilio di riforma come rinnovamento nella continuità dell’unico soggetto-Chiesa.

In poche pagine (pp. 7-35) il lettore trova i criteri interpretativi fondati sui testi conciliari, sugli studi di teologi, di storici, di tutti i papi da Paolo VI a Benedetto XVI e trova gli strumenti concettuali per non essere plagiato dalla monotona e superficiale ripetizione di opposti luoghi comuni e soprattutto per trarre dal patrimonio conciliare tutta la ricchezza evangelica che attraverso l’agire degli uomini lo Spirito Santo profuse per la Chiesa.

 Renzo Savarino

 



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