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Ior e giovani, il Papa sincero«Gli uffici sono necessari, ma fino ad un certo punto». Papa Francesco pronuncia queste parole rivelatrici del suo proposito di riformare la Curia romana e con essa il contestato Ior, l’Istituto delle opere di religione, ovvero la Banca vaticana, nella breve omelia durante la messa mattutina che celebra in Santa Marta. E alla messa sono presenti gli impiegati dello Ior. Lo sa il Papa e dice: «Ci sono quelli dello Ior, scusatemi, eh…». Poi aggiunge: «La Chiesa, se cede alla burocrazia, corre il pericolo di trasformarsi in una ong. E la Chiesa non è una ong. E' una storia d'amore… tutto è necessario, gli uffici sono necessari come aiuto a questa storia d'amore. Ma quando l'organizzazione prende il primo posto, l'amore viene giù e la Chiesa, poveretta, diventa una ong. E questa non è la strada». E capitoli di questa storia sono quelli che tutte le domeniche e i mercoledì papa Francesco scrive con la folla dei fedeli. In questa ultima ci sono 100 mila fedeli in piazza. E’ dedicata ai cresimandi e ai cresimati. Impartisce il sacro crisma personalmente a 44 provenienti dalle varie parti del mondo, ragazzi e ragazze dagli undici anni in su, e una donna di Capo Verde di cinquantasette anni. Li chiama per nome uno ad uno, cosparge la loro fronte con l’olio santo, con la formula «Il Signore sia con te», il cresimato risponde «E con lo spirito tuo» e un bacio. All’omelia ancora una volta papa Francesco stimola i giovani verso grandi ideali. «Giocate la vita per grandi ideali. Scommettete su grandi ideali, su cose grandi. Non siamo scelti dal Signore per cosine piccole: andate oltre». Sono stati calcolati 70 mila giovani in questo evento che si inserisce nell'Anno della fede. Vedete, la novità di Dio non assomiglia alle novità mondane, che sono tutte provvisorie, passano e se ne ricerca sempre di più. La novità che Dio dona alla nostra vita è definitiva, e non solo nel futuro, quando saremo con Lui, ma anche oggi: Dio sta facendo tutto nuovo, lo Spirito Santo ci trasforma veramente e vuole trasformare, anche attraverso di noi, il mondo in cui viviamo. Dio «ci dà il coraggio di andare controcorrente, sentite bene giovani. Non ci sono difficoltà, tribolazioni, incomprensioni che ci devono far paura. Con lui», ha sottolineato, «possiamo fare cose grandi». Con le parole di papa Wojtyla ha aggiunto: «Cari amici, spalanchiamo la porta della nostra vita alla novità di Dio che ci dona lo Spirito Santo, perché ci trasformi, ci renda forti nelle tribolazioni, rafforzi la nostra unione con il Signore, il nostro rimanere saldi in Lui: questa sarà una vera gioia». Illustra «la bella visione di un cielo nuovo e una terra nuova», la biblica «Città Santa che scende da Dio» e dove «tutto è nuovo, trasformato in bene, in bellezza, in verità; non c’è più lamento, lutto. Questa è l’azione dello Spirito Santo: ci porta la novità di Dio; viene a noi e fa nuove tutte le cose, ci cambia. Lo Spirito ci cambia». E la visione di san Giovanni ci ricorda che siamo tutti in cammino verso la Gerusalemme del cielo, la novità definitiva per noi e per tutta la realtà, il giorno felice in cui potremo vedere il volto del Signore (quel volto meraviglioso, tanto bello del Signore Gesù) potremo essere con Lui per sempre, nel suo amore. E’ vero che ci sono difficoltà, tribolazioni, ma lo Spirito trasforma «le nostre zone d'ombra, i nostri comportamenti che non sono secondo Dio e lavi i nostri peccati». Non basta questo a Francesco e alla enorme folla. Vuole vederlo da vicino, toccarlo, scambiare con lui lo zuccotto bianco, porgergli i bambini. Allora il Papa anticipa di 20 minuti il Regina Coeli, sale sulla jeep e compie il giro lungo un’ora, facendo fermare e rallentare l’auto bianca. Poi scende e vai dai disabili, li abbraccia con immenso affetto. Di giorno in giorno, di settimana in settimana papa Francesco sorprende per la umana spontaneità, per i suoi gesti semplici, per le iniziative senza intermediari e senza segretari. «Di sua iniziativa ha chiamato per telefono il presidente della Repubblica Napoletano». Proprio così si esprime la fonte ufficiale vaticana. E che cosa ha detto al Presidente della Repubblica? Prima di tutto lo ha ringraziato del telegramma di auguri che gli aveva inviato per l’onomastico. Un evento che li univa: si chiamano Giorgio. In secondo luogo per esprimergli «apprezzamento» per le importanti decisioni che Napolitano, con spirito di sacrificio, stava assumendo: accettare la riconferma a Capo dello Stato e aprire la strada alla formazione del governo. Il portavoce riporta le precise parole del Papa: «Ho chiamato, signor Presidente, per ringraziarla per il suo esempio. Lei è stato un esempio per me. Con il suo comportamento Lei ha reso vivo il principio fondamentale della convivenza: che l’unità è superiore al conflitto. Sono commosso della sua decisione». Stupisce questa ricchezza di sentimenti, questo feeling, questa umiltà che si sintetizza in un’esigenza superiore, in un alto contenuto: l’unità al di sopra del conflitto. E questo è anche un messaggio. C’è da attendersi che alla prima ricorrenza avverrà un incontro tra il Vescovo di Roma e il Presidente degli italiani, per proseguire un lungo dialogo nel reciproco rispetto, nell’indipendenza e nella sovranità autonoma, che ha registrato un crescendo a partire da Pertini e Wojtyla per intensificarsi tra Napolitano e Ratzinger. Intanto ci sarà la visita al Papa del nuovo premier Enrico Letta, mentre a conclusione del suo mandato si è recato in Vaticano Mario Monti. Un colloquio che è durato per ben 20 minuti. Si è parlato non solo dell’Italia e dell’Europa, ma anche degli immigrati, dei profughi, dei rifugiati, temi che stanno particolarmente a cuore a papa Bergoglio, aperto verso i poveri e le minoranze del mondo. Ma il Papa telefona anche a gente comune. Squilla il telefona di padre Cesar Alejandro Pulcinotta, parroco argentino a San Pietro in Montorio. Chi è?, chiede il prete. «Sono papa Francesco». Stupore, un po’ di smarrimento, di incredulità. Dice il Papa: «Padre Niguel mi ha dato il tuo libro su Josè Gabriel Brochero. Me lo hai regalato e io volevo ringraziarti. Mi sembra soltanto semplice buona educazione». Alejandro racconta l’episodio alla radio ancora emozionato. Il libro da lui scritto descrive la vita del prete Brochero che in Argentina sta per essere beatificato. Papa Francesco il primo santo che eleverà agli altari nella solennità della Basilica di San Pietro sarà un altro prete, mons. Oscar Arnulfo Romero, vescovo di San Salvador, ucciso dagli squadristi della morte nel 1990 mentre celebrava la Messa. La brutale esecuzione suscitò grande emozione e sdegno in tutti i Paesi. Nel mondo cattolico è stato considerato «uno dei grandi profeti e martiri della fede». Antonio Sassone
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