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Informazione e verità: media e Chiesa oggiComplesso è il tema del confronto tra don Antonio Sciortino, direttore di «Famiglia cristiana» e Giovanni Valentini, editorialista di «Repubblica», che si è svolto al Petruzzelli di Bari, domenica 21, nell’ambito della manifestazione «La Repubblica delle idee». L’argomento il «Vangelo dei media» sottende diversi aspetti. Primo fra tutti il modo di comunicare della Chiesa oggi, il modo di essere dell’informazione, ma anche il modo di essere della Chiesa, il suo rapporto con il mondo e la modernità. «Se la Chiesa non usa i media, non riuscirà a comunicare con essi”, ha osservato don Sciortino. I giovani vivono una grossa parte del loro tempo in Rete ed è lì che bisogna raggiungerli. «La Chiesa non può fare a meno di confrontarsi con la Rete e con i social network», ha spiegato il direttore di «Famiglia cristiana» nel libro-intervista «La morale, la fede, la ragione», realizzato con Valentini e pubblicato qualche settimana fa da Aliberti. «Basterebbe solo questo dato per giustificarlo: oggi, il 90 per cento dei giovani tra i quattordici e i ventinove anni è iscritto a Facebook e lì si costruiscono un profilo e un'identità». E’ con la Rete, con il mondo di Internet che la Chiesa deve instaurare un rapporto, se vuole raggiungere le nuove generazioni. In quest’ottica i paolini svolgono la loro missione. Evangelizzare con i media è il carisma particolare della congregazione voluta da don Giacomo Alberione all’inizio del Novecento. «Un carisma», ha spiegato don Sciortino, «che non è in contrasto con l’informazione. Se la Chiesa non usa i media non riuscirà a evangelizzare. Tuttavia, occorre entrare nella loro logica, adeguarsi e questo presuppone una seria professionalità. Non sempre nella Chiesa c’è cognizione di cosa vuol dire fare informazione. Un articolo non è un’omelia. Spesso è più efficace un Twitter del Papa rispetto ad una enciclica». I nuovi media pongono una sfida al mondo ecclesiale. «L’impatto di Internet», ha commentato Giovanni Valentini, «ha costretto tutti noi a ripensare il modo di fare informazione». «La Chiesa deve stare al passo coi tempi», ha aggiunto il direttore di «Famiglia cristiana». «Certo, non può cambiare il suo messaggio, ma, talvolta, si pone più attenzione alla forma che al cuore di esso. La tentazione peggiore è quella di perpetuare quello che si è sempre fatto. Il Vangelo non cambia, ma il modo di comunicarlo deve tener presente i nuovi linguaggi. Siamo noi che dobbiamo adeguarci agli uomini di oggi. Il Vangelo deve contaminare la cultura moderna e viceversa affinché sia meglio compreso. Il Concilio Vaticano II, che è un concilio pastorale, ha cercato di introdurre nuovi modi per parlare all’uomo di oggi. La grande rivoluzione del Concilio è il concetto di Chiesa come “popolo di Dio” dove tutti hanno la stessa dignità, e il ruolo di corresponsabilità dei laici». Non si può nascondere, tuttavia, che la realtà è diversa. Si è perso il valore della collegialità nel governo della Chiesa, la funzione di servizio all’umanità della gerarchia, e nelle istituzioni ecclesiali si è manifestato il tarlo della “sporcizia”. La denuncia è venuta addirittura da un Pontefice. «Ma la Chiesa non è tutto questo», ha sostenuto don Sciortino. Così sintetizza Eugenio Scalfari nella prefazione al libro «La morale, la fede, la ragione»: «Le risposte di don Sciortino alle domande di Valentini distinguono gli errori fatti dagli uomini che di volta in volta hanno guidato la Chiesa, dalla comunità ecclesiale vista complessivamente e formata da tutti i credenti. La Chiesa può sbagliare per colpa dei suoi rappresentanti, i quali a loro volta possono sbagliare in buona fede o anche per le debolezze e i vizi ai quali non hanno saputo resistere, ma la Chiesa resta sempre e comunque la Sposa di Cristo e impara dagli errori e cresce imparando. Perciò nel pensiero di don Sciortino non è mai stata tradizionalista; ha conservato le tradizioni e la loro memoria, ma sempre è stata aperta alla modernità dell’epoca cercando con la sua predicazione di evangelizzarla o almeno di modellarla». Esempio autentico è stato il cardinale Carlo Maria Martini, che da arcivescovo di Milano ha avuto sempre un confronto serrato con la società civile. «Mi colpì il fatto che si aprisse alla società civile con la Scuola della parola», ha ricordato l’editorialista di Repubblica. «Il cardinale nel rapporto con i media osservava che i giornali danno sempre cattive notizie». «Sono le notizie che fanno vendere», ha commentato Valentini. «I giornali non valorizzano la normalità». «A volte», controbatte invece il direttore di «Famiglia cristiana», c’è un eccesso nel sollecitare il voyeurismo dei lettori. Nessun argomento deve essere tabù, ma deve essere affrontato con competenza. La prospettiva cristiana aggiunge un di più di responsabilità. Non è vero che il bene non fa notizia e la reazione dei lettori nei confronti di tali notizie non è negativa. Come la Chiesa deve raccontare la bellezza e la verità, così deve essere per i giornalisti». Il giornalista deve cercare la verità nei limiti del possibile umano, sostiene Valentini; don Sciortino aggiunge che occorre trovare dei criteri per discernere tra la pula e il grano. Alla verità, insomma, bisogna avvicinarsi il più possibile. Pasquale Pellegrini
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