Napoli, l'agomia della politica

Ieri l’incendio della Città della Scienza, punto di convergenza di forze sane della città per il rilancio della cultura a Napoli, nata su un’area di Bagnoli dov’era l’Italsider; oggi il sequestro di tutta l’area di Bagnoli, che fu dell’Italsider e di Eternit, per una bonifica ambientale solo “virtuale” costata 107 milioni di euro.

L’accusa è stata emanata dalla procura, che ha chiesto e ottenuto il sequestro di tutta l’area, ipotizzando gravi reati di disastro ambientale e truffa. Si parla di rifiuti industriali sotterrati, di idrocarburi versati in mare. Ventuno gli indagati, tra cui due ex-vice sindaco e il direttore generale dei lavori di «Bagnolifutura», i quali si dichiarano completamente estranei ai fatti dolosi e fiduciosi nella magistratura.

Sul versante invece del commercio si registra una recrudescenza nel conflitto commercianti-Comune per l’istituzione di un’ampia zona a traffico limitato, la Ztl, voluta dall’amministrazione per riqualificare la Napoli storica e per rilanciare la difesa ambientale e il turismo. Serrate minacciose, petardi, violenze verbali hanno infiammato le vie più belle del capoluogo campano in questi ultimi giorni, coinvolgendo, incomprensibilmente, anche i commercianti di via Toledo che da anni usufruiscono del rilancio commerciale dovuto proprio alla pedonalizzazione della loro strada

Veniva ricordata l’ultima serrata dei commercianti di trent’anni fa fatta contro il racket e la micro e macro criminalità: oggi invece ci si rivolta contro un sindaco che ha dichiarato fin dall’inizio la sua volontà di rilancio della città e della sua offensiva contro il racket e la criminalità. Per quanto riguarda l’area di Bagnoli, la magistratura farà il suo corso per accertare le responsabilità, eventuali infiltrazioni criminali, mandanti e collegamenti. Per la Ztl, invece, ci troviamo di fronte ad un problema politico strumentalizzato chiaramente sia dalla criminalità che dalle opposizioni che cercano di approfittare del malcontento dei commercianti per scalzare il sindaco De Magistris.

Solo due iceberg di una situazione di generale crisi economica e sociale che si trascina da anni e la cui responsabilità primaria è essenzialmente politica. Lo dice bene il filosofo napoletano Aldo Masullo, quando, nell’affermare che la democrazia porta inevitabilmente con sé sempre un’anima tragica dovuta alla coesistenza di una necessità e un’impossibilità (da una parte l’individuo, dall’altra la difficoltà a realizzare corrette relazioni sociali), che degenera spesso in forme violente, aggiunge che Napoli è l’espressione sintomatica di questa tragedia.

Quello che avviene in questi giorni esprime ancora una volta una città in bilico tra il tutto e il nulla, tra paradiso e inferno, tra bellezza e degrado, tra lavoro e disoccupazione, tra pace e criminalità, tra desiderio di rinascita e impossibilità ad attuarla. Generalmente quando si pensa a Napoli si corre col pensiero alla camorra o alla sua trasfigurazione letteraria e filmica in «Gomorra», vertiginosa discesa agli inferi che Roberto Saviano ha osato, accollandosi tutte le tragiche conseguenze esistenziali. Forse la vita di Saviano, sorvegliato a vista e costretto a muoversi nell’artificio per la condanna a morte emessa dalla criminalità, è l’espressione estrema proprio della tragedia che si consuma nella vita di tanti cittadini, sospesi tra il desiderio di un riscatto democratico e civile e l’impossibilità di attuarlo.

Dobbiamo però anche dire che Saviano ha infranto il mito della esclusiva napoletanità di «Gomorra», facendoci intravedere i suoi gangli nefasti ormai estesi nell’intera penisola, se non nel mondo. Purtroppo, chi oggi paga il prezzo più alto per questo contrasto violento e mai risolto qui a Napoli, è la politica, in molti casi travolta, corrosa, inquinata, depauperata della sua virtù, con conseguenze disastrose sul piano della vivibilità, non riuscendo più a tentare una, se pur minima, conciliazione tra l’individuo e la realtà politica.

La crisi diffusa dei partiti storici e le ripetute crisi delle amministrazioni comunali lo testimoniano. E questo ormai da decenni, creando sempre più tra cittadini e politica un vuoto pericolosissimo. Di qui l’implosione di un sistema che non riesce più a trovare il bandolo della matassa, e a riequilibrarsi. Gli ultimi episodi citati lo evidenziano con clamore, innescando processi reattivi a catena che cadono come macigni sulla classe politica di ieri ma anche su quella di oggi.

Nasce una domanda impellente e drammatica. E mai possibile che gli illeciti, le ruberie, le degradazioni, le violazioni di tutti i fondamentali diritti umani debbano essere difesi solo nelle aule giudiziarie, dove paradossalmente sul banco degli imputati vediamo uomini della politica? Che l’escalation vergognosa cominciata con “Mani pulite” non si sia potuta più fermare? Non dovrebbero essere questi nostri politici a garantire legalità, giustizia, trasparenza equità amministrativa, difesa dei più deboli? Non dovrebbero essere loro ad alzare la voce per difendere l’uomo e la società dai soprusi, dalle ruberie, dalle infiltrazioni criminali?

E invece, nell’incoscienza più becera, alcuni tra loro continuano a regalarci il teatrino macabro degli insulti, delle accuse reciproche, delle maldicenze. Mentre i commercianti serravano le saracinesche, un partito di opposizione al sindaco raccoglieva firme per sfiduciarlo, con manifesti affissi ai muri da turpiloquio. Non si rendono conto, questi degeneri politicanti che, in tal modo, la politica viene ulteriormente declassata, gettando sempre più il cittadino nello sconforto psicologico e alimentando la cultura di «Gomorra» che, tra gli sghignazzi e l’ironia, va estendendosi anche tra persone apparentemente rispettabili.

Vorremmo sentire i politici napoletani gridare con forza: il degrado di Bagnoli, o di Scampia o di Pianura sono crimini, la mancanza di lavoro è un’offesa alla Costituzione, la mancata difesa del diritto del malato è una piaga sociale, il diritto all’istruzione per tutti una necessità, e poi vederli lavorare indefessamente su queste piste. Nascerà mai a Napoli una tale classe politica? Che sappia piantare in questa tragica realtà un alberello di vita nuova e aprire uno squarcio di luce nell’orizzonte oscuro?

Non abbiamo perso la speranza perché vediamo oggi, nonostante tutto, tanti cittadini di ogni fede e cultura, anche in politica, che hanno messo al primo posto nel loro cuore la passione per l’uomo, per le sue necessità. E lavorano per questo. E sono uomini e donne che nell’impegno continuo, alla luce del sole, che per pura grazia ancora splende su questa città, senza essere “eccellenze”, sacrificano la vita per questa rinascita. Un esempio per tutti alla Sanità, quartiere tra i più difficili della Napoli storica, dove un gruppo di giovani insieme al loro parroco, don Antonio Loffredo, sta tentando ogni giorno di entrare in questa “tragedia” del suo popolo per offrire piccole ma incisive risposte d’amore concreto. Creando lavoro per i giovani, dando speranza a chi è stato in carcere, valorizzando ogni essere umano attraverso l’arte e la bellezza.

Pasquale Lubrano

 



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