La Sindone del cuore

E’ stata l’Ostensione dei malati, dei poveri, degli ultimi. Quando l’arcivescovo di Torino e custode pontificio della Sindone, mons. Cesare Nosiglia, impone le mani e con dolcezza abbraccia, sorride e benedice i fedeli in carrozzella nelle prime file della navata centrale del Duomo, emozionato e partecipe come un padre del dolore e della sofferenza dei suoi figli, l’atmosfera di intensa spiritualità arriva al cuore di ognuno e avvolge tutti. La commozione è palpabile. In quegli abbracci - sinceri, spontanei, veri - c’è tutta l’umanità del Pastore che conosce e fa sua la sofferenza del suo gregge.

Ma è stata anche la prima Ostensione in mondovisione, un’ora e mezza di trasmissione, sabato 30 marzo, andata poi in onda “in differita” su RaiUno all’interno di «A sua immagine» (un aspetto tenuto riservato fino all’ultimo, motivato dalla necessità di riavere la Cattedrale agibile per la Veglia Pasquale) e soprattutto la prima Ostensione dell’era digitale: Sindone 2.0, l’applicazione che permette di esplorare il Sacro telo su smartphone e tablet, nel primo giorno ha contato oltre 15 mila download (è cioè stata scaricata su 15 mila telefonini). Oltre la metà dagli Stati Uniti (8.500), tremila in Italia, mille in Gran Bretagna. Una Ostensione unica e speciale, perché ad un tempo riservata ai 300 tra malati, accompagnatori e giovani che hanno sfilato davanti al Telo in Duomo e però “condivisa” con le migliaia di spettatori che in ogni parte del mondo si sono collegati accendendo la Tv o in diretta streaming sul web.

Per tutti è stata l’Ostensione del breve, ma intenso videomessaggio di papa Francesco sulla Sindone, «icona di un uomo flagellato e crocifisso». Icona, dunque, come aveva detto Benedetto XVI, e non reliquia. Un’immagine «impressa nel telo» affinchè «parlando al nostro cuore» ci spinga a «salire il Monte del Calvario, a guardare al legno della croce, a immergerci nel silenzio eloquente dell’amore». L’invito del Papa è dirompente: «Lasciamoci raggiungere da questo sguardo che non cerca i nostri occhi, ma il nostro cuore. Ascoltiamo ciò che vuole dirci, nel silenzio, oltrepassando la stessa morte». Poi, il passaggio decisivo: «Questo volto sfigurato assomiglia a tanti volti di uomini e donne feriti da una vita non rispettosa della loro dignità, da guerre e violenze che colpiscono i più deboli». A questa umanità sofferente, rappresentata dai 300 malati ammessi ad assistere all’Ostensione in Duomo, la Sindone comunica una grande pace ed è come se dicesse: «Abbi fiducia, non perdere la speranza».

Morte e risurrezione, dolore e speranza. La cerimonia liturgica in Duomo - non una messa perché non si celebra il Sabato santo, giorno che precede la Pasqua - inizia con la processione guidata dall’arcivescovo mons. Nosiglia e dal vescovo emerito, card. Severino Poletto. Seguono il vicario della diocesi, mons. Valter Danna, e l’ausiliare mons. Guido Fiandino. Di fianco all’altare, davanti alla cappella della Sindone, ancora nascosta dalle tende color porpora che ricordano l’Ostensione del 2010, il set montato nel pomeriggio di venerdì dai tecnici della Rai per la ripresa televisiva. Gli attori Enzo De Caro e Beatrice Fazi aprono la trasmissione. Tutta la cerimonia seguirà sempre questo doppio binario, celebrazione e diretta televisiva: il rischio di perdere concentrazione e seguire le immagini sui teleschermi in una Cattedrale illuminata a giorno è evitato dal clima di profondo raccoglimento. La liturgia propone brani della Passione e morte di Gesù, e poi le musiche, il coro, le testimonianze.

I fedeli, 300 in tutto, oltre 70 le carrozzine, sono come un corpo solo unito in preghiera. Tra loro preti anziani e ammalati ospiti delle Case del Clero, bambini assisiti dall’Ugi, disabili che vivono al Cottolengo. Presenti anche le congregazioni religiose, dalle Figlie di Maria Ausiliatrice alle Missionarie della carità di Madre Teresa di Calcutta, dalle Figlie della carità di San Vincenzo alle suore di Sant’Anna. E ancora malati accompagnati dai volontari dell’Unitalsi, dell’associazione Santa Maria e dello Smom (Sovrano militare Ordine di Malta), oltre a Sermig, Comunità di Sant’Egidio, Amici di Porta Palatina, Apri. Saranno loro a sfilare al termine della cerimonia davanti al Sacro telo, in piccoli gruppi. Si avvicinano in preghiera, davanti alla Sindone restano assorti in venerazione, al ritorno gli occhi come trasfigurati. Tra i malati in carrozzina c’è chi fa il segno della croce, chi invece sorride d’intesa all’amico volontario che l’ha accompagnato, chi invece gli occhi li chiude e lascia parlare il cuore. Hanno ascoltato papa Francesco e fatto proprio il suo invito: «E’ lo sguardo di Gesù, parla al nostro cuore». L’Ostensione è per loro.

Durante tutta la cerimonia liturgica le pesanti porte di vetro che proteggono la cappella dove è custodita la Sindone restano chiuse. Si aprono solo una volta. Ed è il momento più emozionante. L’arcivescovo scende dalla parte destra del presbiterio e si porta davanti alla Sindone per un breve momento di venerazione. Si aprono le tende. L’atmosfera è di attesa. Poi si aprono le porte scorrevoli. Ed ecco la Sindone: 4 metri di lunghezza per poco più di un metro di larghezza, stesa in orizzontale, sopra la teca, con impressa l’immagine di un uomo crocifisso. Mons. Nosiglia e il mondo intero pregano in silenzio. Poco più di un minuto. Ma è un minuto molto intenso. Davanti agli occhi è come se scorressero vita, morte e resurrezione di Gesù, figlio di Dio, fatto uomo per salvare gli uomini. Ed ecco la preghiera dell’arcivescovo: «Signore Gesù, noi ti rendiamo grazie perché hai preso su di te i dolori di ogni tempo e di ogni uomo. Il tuo volto, le tue mani e i tuoi piedi, il tuo costato e tutto il tuo corpo sono per noi fonte di speranza, perché l’amore è penetrato nel buio estremo del male e del dolore. Donaci la luce della fede, donaci la forza dell’amore, concedici di ascoltare la tua voce che ci chiama a testimoniare nel mondo la vittoria sul peccato e sulla morte».

Il messaggio della Sindone è rivolto soprattutto ai malati, che partecipano in prima persona al mistero del dolore, dice mons. Nosiglia nell’omelia. E aggiunge: «La Sindone richiama il buio del sepolcro di Cristo, ma lascia anche intravedere la luce della sua Risurrezione». Poi la venerazione della Sindone: come nel Vangelo sono le donne ad andare al sepolcro portando olio profumato per la sepoltura di Gesù, così in Duomo sono tre donne - una giovane, una madre e una religiosa – a versare olio profumato in una ciotola posta davanti al Sacro lino. Quindi la testimonianza di un sacerdote, don Domenico Allemandi (La fede, nell’ora della prova), di una suora, Maria Magnino (La Sindone, motivo di speranza) e di un ragazzo, Rocco Peloso (L’amore, che vince il male). Offrono «la sofferenza di tante persone che faticano ad accettare o si ribellano ad un vivere privo del conforto di Cristo». Chiedono «aiuto per imparare parole e gesti per vivere riconciliati nel perdono, per seminare la gioia della sofferenza, per essere compagni di viaggio con chi fa fatica», segno di una storia di amore che Gesù sa scrivere nel cuore di ogni uomo. Rendono grazie «perché attraverso il servizio di volontariato sperimentano la bellezza di donarsi agli altri, e la gioia di ricevere tanto amore dai malati che si incontrano». E risuona l’invito dell’arcivescovo di Torino ai giovani del Sinodo: «Non abbiate paura della croce».

Finita la celebrazione, mons. Nosiglia si ferma con i giornalisti come per fare un bilancio. Prima l’emozione: «Quando ho abbracciato i malati erano emozionati, e anch’io lo ero. E’ l’emozione di trovarsi davanti alla Sindone». Poi il messaggio di papa Francesco: «Il Pontefice ha detto che è la Sindone a guardarci, per darci motivi di fiducia. Un invito a sperare, anche quando la violenza, la sfiducia, la mancanza di lavoro sembrano rendere tutto impossibile». E infine uno sguardo sulla crisi: «La ricostruzione si deve fare partendo dai poveri, dai bisognosi, dagli ultimi. Perché è a loro che Gesù dà quel qualcosa in più per far fronte alle difficoltà. Venerdì durante la Via crucis ho incontrato un gruppo di operai di Mirafiori in cassa integrazione. Ho chiesto se per loro era cambiato qualcosa. Hanno risposto di no. Gli ho detto di continuare ad avere speranza.  Il nostro Paese si ricomincia a costruire partendo dal basso».

Amore, solidarietà, giustizia «sono i mezzi più potenti» per costruire un mondo più giusto, solidale, fraterno. La Sindone nell’Ostensione del Sabato santo ha regalato al mondo questa speranza.

 



SIR | Avvenire.it | FISC

PRELUM Srl - P.I. 08056990016