I tedeschi si aspettano una riforma religiosa

In prima pagina la «Süddeutsche Zeitung», uno dei più autorevoli giornali tedeschi, pubblica un ritratto di san Francesco, con il titolo «Der Rebell Gottes», il ribelle di Dio. E dedica tutta la seconda pagina al santo d’Assisi, alla sua vita, e al suo significato nel nostro mondo quotidiano.

Questo il modo elegante e intelligente con cui il quotidiano di Monaco intende spiegare la scelta di Jorge Mario Bergoglio come successore di Joseph Ratzinger. Perché si chiama Franziskus? Noi diamo tutto per scontato, in Germania si cerca di capire. Metà della popolazione è luterana, e i cattolici sono quasi alla pari, ma il cattolicesimo teutonico è diverso dal nostro, anche nel sud del Paese, in Baviera e nel Baden-Württemberg (in parte la Svevia dei nostri libri di scuola), così vicini all’Italia.

Secondo alcuni osservatori la stampa, la radio, la tv tedesche si sono dimostrate piuttosto fredde nel commentare la nomina del Papa, il primo che venga dal Sudamerica (anche se la famiglia è di origini piemontesi). Sullo Zdf, il secondo canale pubblico, mentre si attendeva che si svelasse il nome del  nuovo Pontefice, e che il prescelto dal Conclave apparisse al balcone della Basilica vaticana, il commentatore si chiedeva se si sarebbe fatto in tempo prima della partita del Bayern in Champions League. Una dimostrazione di leggerezza, di superficialità? Forse solo di realismo, senza ipocrisia. Milioni di tedeschi non volevano perdersi l’evento storico trasmesso da piazza San Pietro, ma desideravano anche seguire la prova dei loro calciatori (che, per la cronaca, hanno perso e si sono tuttavia qualificati).

I tedeschi sono pragmatici, non bisogna dimenticarlo. E la cronaca da Roma è stata ottima, con spiegazioni chiare e interviste. Gli italiani sono delusi dal fatto che il Papa è ancora uno straniero? Il giornalista sul posto prima ha detto di sì, poi ha intervistato i fedeli sulla piazza, che hanno tutti detto il contrario. Meglio qualcuno lontano dalla curia. E subito dopo si è spiegato il perché di quest’atteggiamento. Una prova di freddezza? E anche di buon giornalismo, senza retorica. Qui, sui giornali e in tv, gli aggettivi che ci piacciono tanto sono quasi vietati. E gli ascoltatori hanno imparato di sicuro qualcosa sul Vaticano, e sull’Italia.

Nel commentare la nomina di Bergoglio non si poteva evitare un giudizio sul «Papa tedesco», Benedetto XVI, che dopo secoli aveva osato dimettersi. La sua nomina, nel 2005, era stata accolta come una liberazione da tutti i tedeschi, anche dai protestanti e dai non credenti. Era la prova che il passato, l’incubo nazista, poteva essere superato, anche se non dimenticato. Poi papa Ratzinger deluse i suoi connazionali, che si aspettavano da lui troppo, anche quello che nessun Papa potrà mai concedere. Le dimissioni, interpretate come un atto di coraggio, gli hanno riconquistato la stima e l’affetto dei “suoi” tedeschi.

Papa Francesco guiderà la Chiesa verso nuove strade, l’aprirà al mondo moderno? «Der moderne reaktionär», intitola «Der Spiegel» sulla copertina dedicata al nuovo Pontefice. Un articolo negativo? Non direi. La rivista di Amburgo esamina la figura di Bergoglio e, obiettivamente, scrive che sarà un Papa vicino alle esigenze sociali, pronto a tutelare i poveri e gli sfortunati, più che ad ascoltare i banchieri, ma per gli altri problemi sul tappeto sarà un conservatore esattamente come il suo predecessore. Ma i tedeschi difendono Bergoglio dalle accuse che lo vorrebbero troppo vicino alla giunta militare argentina. Ha cercato di mediare a favore delle vittime, si sostiene, e come ogni mediatore avrà dovuto prendere contatto con la controparte. E non può essere accusato di complicità. E’ una tematica sempre attuale in Germania, a quasi 24 anni dalla caduta del Muro: come giudicare i tedeschi dell’Est che ebbero un ruolo da protagonisti nella Ddr? Non tutti si macchiarono di colpe, anche se trattavano con il regime. Dipende da caso a caso.

«Ci attendiamo molto», dice Robert Ziollitsch, presidente della Conferenza episcopale tedesca, «sarà più vicino agli uomini». «E’ un gesuita», scrive la «Süddeutsche Zeitung», «e si dimostrerà un grande manager della Chiesa, ma non un freddo dirigente, sarà un Pontefice guidato dalle visioni di un ordine nuovo». «Franziskus, das Rätsel von Rom», intitola la «Welt am Sonntag», l’enigma di Roma. E’ un anticapitalista, certamente, osserva il domenicale, ma è difficile considerarlo un rivoluzionario. D’altra parte, concorda la «Frankfurter Allgemeine», il nuovo Papa è nella tradizione anticapitalista del cattolicesimo, e ciò è un bene. Non si può giudicare un Pontefice come un normale capo politico. La sua sarà una «arme Kirche für die Armen», una Chiesa povera per i poveri. E questa può anche essere considerata una rivoluzione. Sotto Francesco l’apparato di potere del Vaticano diventerà più snello, e rappresenterà la realtà globale. E non solo quella italiana o europea.

Roberto Giardina

nostro servizio da Berlino

 



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