"Rinuncio con piena libertà"

«Non vi ho convocato solo per questo». Le parole del Papa nella Sala del Concistoro, lunedì 11 febbraio, fanno sussultare alcuni dei cardinali che erano lì per tre canonizzazioni di beati, fra cui i martiri di Otranto. «Ma», prosegue il Papa nel latino ufficiale e semplice della Chiesa, «anche per comunicarvi una decisone di grande importanza per la vita della Chiesa».

Lo smarrimento si legge su quegli stessi volti e anche su quello di chi, non più di due o tre, sapeva. Benedetto XVI indossa la mantellina e la stola dai colori tra il rosso e il violaceo, quasi un abito distintivo reintrodotto da Giovanni XXIII. Prosegue in tono grave: «Dopo aver ripetutamente esaminato la mia coscienza davanti a Dio, sono pervenuto alla certezza che le mie forze, per l’età avanzata, non sono più adatte ad esercitare in modo adeguato il ministero petrino».

Mancano venti minuti a mezzogiorno. Il documento di vent righe arriva alla sala stampa che lo traduce in sette lingue. In un attimo la notizia fa il giro del mondo, superando i confini, geografici e ideologici, compresa la barriera mediatica cinese. Choc, smarrimento, stupore, perfino incredulità. Sentimenti che lasciano però velocemente il campo a considerazioni positive. Capi di Stato e di governo, esponenti politici, saggisti, scrittori sacri e profani, uomini di cultura, direttori di giornali riconoscono nella decisione del Papa un atto di grande coraggio, di umiltà. Una risposta ai tempi nuovi, complessi, che richiedono grande energia, relazioni a raggio planetario, continui spostamenti attraverso Paesi, Stati e Continenti.

I giornalisti corrono al centro stampa, la gente comune si precipita in Piazza San Pietro, entra nella Basilica a pregare. Capisce la decisione del Papa. L’aveva spiegata in quelle venti righe ai cardinali, i suoi più intimi collaboratori, senza chiederne l’assenso. E’ lui che decide. E’ lui che ha deciso. «Sono ben consapevole che questo ministero, per la sua essenza spirituale, deve essere compiuto non solo con le opere e con le parole, ma non meno soffrendo e pregando. Tuttavia, nel mondo di oggi, soggetto a rapidi mutamenti e agitato da questioni di grande rilevanza per la vita della fede, per governare la barca di san Pietro e annunciare il Vangelo, è necessario anche il vigore sia del corpo, sia dell’animo, vigore che, negli ultimi mesi, in me è diminuito in modo tale da dover riconoscere la mia incapacità di amministrare bene il ministero a me affidato». Ed ecco la decisione finale. «Per questo, ben consapevole della gravità di questo atto, con piena libertà, dichiaro di rinunciare al ministero di Vescovo di Roma, Successore di San Pietro, a me affidato per mano dei cardinali il 19 aprile 2005, in modo che, dal 28 febbraio 2013, alle ore 20, la sede di Roma, la sede di San Pietro, sarà vacante e dovrà essere convocato, da coloro a cui compete, il Conclave per l’elezione del nuovo Sommo Pontefice».

Con molta pacatezza e tranquillità, il Papa ha completato la sua decisione. I cardinali ne prendono atto. Quasi subito il decano, Angelo Sodano, parla di «fulmine a ciel sereno». Ma il Papa si rivolge ancora ai cardinali, chiamandoli «carissimi fratelli» per ringraziarli «di vero cuore per tutto l’amore e il lavoro con cui avete portato con me il peso del mio ministero e chiedo perdono per tutti i miei difetti. Ora affidiamo la Santa Chiesa alla cura del suo Sommo Pastore, Nostro Signore Gesù Cristo, e imploriamo la sua santa Madre Maria, affinché assista con la sua bontà materna i Padri cardinali nell’eleggere il nuovo Sommo Pontefice». Infine il definitivo commiato come Capo Supremo della cattolicità. «Per quanto mi riguarda, anche in futuro, vorrò servire di tutto cuore, con una vita dedicata alla preghiera, la Santa Chiesa di Dio».

Il documento porta la data del 10 febbraio, cioè domenica. Quindi non è possibile che alcuni non ne fossero a conoscenza. E un atto straordinario che ripete quello di Celestino V compiuto 719 anni prima e da altri sei pontefici nella storia. Ma solo questo di papa Ratzinger genera un clamore mondiale immediato in virtù della velocità delle comunicazioni e della grandezza del personaggio.

Le domande fioccano senza sosta. Perché? Quali sono le motivazioni? Il Papa è malato? Vengono rivolte a padre Federico Lombardi, che questa volta è solo nel lungo tavolo della sala stampa di fronte a diecine di giornalisti di ogni Paese e lingua, fotografi, telecamere. No, il Papa non è malato. Le ragioni che lo hanno indotto a questo passo storico le ha spiegate egli stesso. Le dimissioni conseguono a una lunga riflessione, a una convinzione che anche il Papa, se le forze fisiche e psichiche, ossia «il vigore del corpo e dell’animo», diminuiscono, ha il diritto e anche il dovere di dimettersi. Lo aveva detto due anni prima a uno scrittore tedesco che ne trasse un libro. A sostegno l’«Osservatore Romano», l’organo ufficiale, interviene per confermare che la decisione era maturata durante il viaggio in Messico e a Cuba.

Sicuramente l’aveva confidato al fratello prete, mons. Georg. Il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, nel colloquio privato avuto nel contesto del concerto del 4 febbraio l’aveva trovato molto affaticato, «provato e consapevole di una fatica difficilmente sostenibile». Ora non nasconde la sua emozione. Parla di «straordinario coraggio e straordinario senso di responsabilità» ed esprime «grandissimo rispetto» per l’atto compiuto. Sulla stessa lunghezza d’onda i commenti di altri grandi della Terra. Il presidente americano Barack Obama, con una nota ufficiale della Casa Bianca, esprime il proprio apprezzamento per papa Benedetto XVI, di cui ha seguito l’attività negli ultimi quattro anni. Insieme alla moglie Michelle assicura preghiere per il Papa e augura «la scelta migliore a coloro che si riuniranno presto per scegliere il successore». La Cancelliera Angela Merkel, che lo accolse nella visita in Germania, parla di «una scelta che suscita il mio più grande rispetto», il presidente francese François Hollande. afferma che «la decisione è altamente rispettabile». «Molto rispetto» per la decisione del Papa, «tanto più che non è in linea con la tradizione», anche dal presidente della Ue Herman van Rompuy.

«Molto scosso» il presidente del Consiglio Mario Monti. Il card. Angelo Bagnasco era presente al Concistoro. Assicura al Papa «la profonda gratitudine e l’affettuosa vicinanza dei vescovi italiani per l’attenzione costante che ha avuto per il nostro Paese e per la guida sicura e umile con cui ha indirizzato la barca di Pietro». Commenti anche da tutte le Chiese e le confessioni religiose. Il suo pontificato ha segnato «le migliori relazioni tra la Chiesa e il rabbinato», rileva un portavoce del rabbino capo d'Israele, Yona Metzger. Il gran imam di al Azhar, principale istituzione teologica sunnita musulmana, Ahmad el Tayyeb, si è dichiarato «scosso» dalla notizia, ricevuta durante una riunione a porte chiuse per eleggere il nuovo gran Mufti d'Egitto. Dal patriarcato di Mosca è stato sottolineato «l’atto di coraggio personale e di umiltà». «Un atto di grande onestà da parte del Papa» per il portavoce della chiesa copta egiziana, il vescovo Angelos. «Sono scioccato e affranto dalla notizia delle dimissioni del Pontefice» è invece il commento del cardinale Keith O'Brien, capo della Chiesa cattolica scozzese.

Antonio SASSONE

 



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