Il vero problema? L'ateismo

Dopo la lettura dell’articolo di monsignor Giuseppe Trucco sulla situazione della Chiesa dopo il concilio Vaticano II, desidero esprimere alcuni pensieri tenuto conto della mia esperienza di oltre 52 anni di sacerdozio nella diocesi di Torino. A me sembra che il problema centrale sia quello dell’ateismo. Dobbiamo chiederci: qual’è l’idea che oggi la gente si è fatta di Dio? Come vincere l’ateismo moderno?

Già il Concilio nella Gaudium et spes (n. 20), parlava di dodici forme di ateismo oggi dilaganti. Circa questo ateismo noi cristiani abbiamo qualche forma di responsabilità? Dicono i teologi che la nostra vita dipende dall’idea che noi abbiamo di Dio. Ma questa idea nasce evidentemente dall’insegnamento che ciascuno riceve. Qual è il volto di Dio che in questi anni post-conciliari la Chiesa ha insegnato e trasmesso a questo uomo post-moderno?

Parto da quanto scrive Enzo Bianchi nel suo libro «Il mantello di Elia»: «Noi cristiani siamo spesso eredi di un cattivo insegnamento sulla beatitudine. Dobbiamo imparare invece che la beatitudine non sta al termine del nostro agire, non è la finalità di ciò che noi facciamo, non è neppure ciò che dobbiamo meritare: se è realmente evangelica, la beatitudine sta all’inizio, come la fonte da cui procedono le azioni buone e belle, non come conseguenza!».

Già frere Roger di Taizé nel suo libro profetico «La tua festa non abbia mai fine» scriveva: «Se la festa scomparisse dal mondo degli uomini… Se un bel mattino ci svegliassimo in una società ben organizzata, funzionale, secolarizzata al punto tale da annullare il senso del mistero, della poesia, senza nessuno spazio possibile per la preghiera, per l’intuizione, l’affettività… Se la coscienza oppressa dei cristiani rifiutasse una felicità offerta da Colui che sul monte delle beatitudini, sette volte dichiarò “Beati…”, se gli uomini dell’attivismo non trovassero più quella sorgente a cui attingere lo spirito di festa, una festa ancora viva nel profondo dell’uomo dei continenti del Sud… Se la festa si cancellasse dal Corpo di Cristo, la Chiesa, vi sarebbe ancora sulla terra un luogo di comunione per tutta l’umanità?». Come non mai nella storia della Chiesa, l’attuale Papa ha intuito il problema e cerca di richiamare, specie nell’insegnamento dei giovani, che la fede è il principio della vera gioia della vita.

Gesù ha detto «Beati quelli che crederanno» (Gv 20,29): è di qui che occorre partire per insegnare agli uomini quanto diceva sant’Agostino: «Dio è la felicità infinita. Nessuno è felice come Dio, nessuno fa felice come Dio». Dio è in se stesso la massima beatitudine, essendo il massimo bene, pienezza della verità, vita, amore e libertà, vuole espandere e diffondere, nel tempo e nell’eternità, la partecipazione a questa sua realtà di Dio, affinché noi possiamo essere il più possibile felici come lui.

Non è facile oggi evangelizzare, facendo capire che Dio è l’assoluta e massima felicità pensabile ed esistente, e solo conoscendolo e amandolo si può essere veramente felici nella vita. Quando Gesù disse: «Andate e predicate» (Mt 28,20) ha espresso il suo desiderio di Risorto di effondere il più possibile sull’umanità il suo Spirito Santo, fonte della Festa senza fine, che vince il male, il peccato, la morte e tutto ciò che può offuscare il cuore umano.

E’ necessario che la Chiesa ritrovi questa via apologetica, indispensabile per suscitare e fare rinascere nel cuore il desiderio di Dio, di colui che solo può essere il salvatore dalla tristezza che è uno dei mali più diffusi oggi, frutto di un ateismo che ha distrutto nei cuori la speranza! Se è vero infatti che l’uomo post moderno vive come se Dio non ci fosse, è altrettanto vero che nessuno è insensibile alla domanda: è possibile una vita bella, buona e beata? Basta leggere le decine di libri di persone convertite, usciti in questi ultimi anni, per dedurre che davvero presto ci sarà dopo la «primavera dello Spirito Santo» (così è stato definito il Concilio) l’estate, cioè la fioritura di quanto lo Spirito sta spargendo in profondità nei cuori, un anelito profondo di una festa senza fine, che solo in Dio trova il suo appagamento pieno e reale.

Don Mario Foradini

Parroco di San Secondo, Torino



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