Onora tuo padre e tue madre

Non più tardi di un mese fa notammo su «il nostro tempo» che la polemica tradizionalmente radicale a proposito dei «matrimoni gay» non fosse altro che «una raffica di paradossi», a cominciare da quello originato dalla domanda «come è possibile che gruppi umani che rivendicano la loro “specificità” reclamino allo stesso tempo di essere ammessi all’uguaglianza con gli altri cittadini riguardo al matrimonio “per tutti”, come se questo istituto non fosse fondato su due fattori fondamentali: l’unione fra sessi diversi e la procreazione».

Adesso, dopo la sentenza con la quale la Corte di cassazione ha respinto la pretesa di un padre violento di ottenere l’affidamento del figlio che vive con la madre coinvolta in un’unione omosessuale con un’altra donna, la polemica si è riaccesa in Italia, soprattutto sui giornali laici, richiamando tutta la iperbolica e ingiustificata strategia di una cultura dei “diritti” immaginari, mentre la Francia offriva al mondo lo spettacolo della protesta di centinaia di migliaia di cittadini, uomini e donne, giovani e anziani, cattolici o protestanti o ebrei o musulmani, o infine laici e anche atei, contro, appunto, le “nozze gay” e soprattutto quello che ciò potrebbe comportare qualora il Parlamento francese accettasse la proposta del presidente Hollande del “matrimonio per tutti” in discussione dal 29 gennaio prossimo.

Su quest’ultimo argomento tratta qui accanto l’articolo del nostro corrispondente da Parigi, mentre in due pagine interna (la 10 e la 11) una “riflessione” di Piero Viotto ne illustra i fondamenti filosofici e religiosi. Qui ci preme sottolineare innanzitutto il vero, unico senso giuridico della sentenza della Cassazione. Come ha scritto con molta chiarezza ed efficacia il giudice Giuseppe Anzani su «Avvenire», nel caso in oggetto quello che contava era «sempre e soltanto l’interesse e il bene del figlio», che può e deve essere affidato a chi, fra i due genitori in lite, dimostra nei fatti di poter soddisfare meglio quell’interesse e quel bene.

Afferma a ragione Anzani: «Quando il giudice decide l’affidamento a un genitore e regola le visite dell’altro genitore, in mutilazione necessaria, non celebra feste, riduce naufragi». E se la Suprema corte «abbia detto, en passant, che non c’è prova provata di cosa produca la convivenza omo sull’educazione dei bambini, è opinione che col diritto non c‘entra. Se azzeccata o cannata non dipende dalla Cassazione. Altra scienza, negli Usa e da noi, attesta il contrario».

Il problema però è un altro, e va molto oltre ogni commento specifico su questa sentenza. Lo scopo essenziale della strategia radical-laicista è ottenere il diritto delle coppie omosessuali, maschili e femminili, ad adottare bambini, figli naturali di coppie eterosessuali, o a produrseli attraverso pratiche ginecologiche artificiali.

Ma la discussione in atto non può trascurare il fatto che, come ha scritto sull’«Osservatore Romano» il direttore del Centro di bioetica dell’Università cattolica Adriano Pessina, «un diritto ai figli e all’adozione in realtà non esiste per nessuno, neanche per le coppie etrerosessuali. I figli non sono cose o strumenti di realizzazione, sono persone». E più avanti: «Non basta il desiderio o la volontà di avere figli a costituire un diritto, anzi, bisogna salvaguardare, come patto con le future generazioni, la custodia sociale e culturale di quell’unità nella differenza tra maschile e femminile che è dimensione costitutiva della condizione umana. Nati da uomo e da donna».

Chantal Delsol, filosofa, fondatrice a Parigi dell’Istituto Hannah Arendt, intervistata da «Avvenire» lo ha ripetuto con estrema chiarezza: «I diritti dell’uomo non consistono nel conferire diritti  per obbedire ai capricci di un gruppo. Il capriccio e il desiderio non sono la giustizia. Quando si finisce con il reclamare di “fabbricare” figli, ciò diventa indegno. Nessuno ha “diritto” a un figlio, né i gay, né gli altri. Un bambino è una persona, non uno scherzo».

Per concludere, va ancora osservato che le proposte della cultura gay riguardano, oltre il “non diritto” all’adozione di bambini nati da coppie maschio-femmina, anche il “non diritto” a “fabbricarsi” un figlio attraverso la procreazione medicalmente assistita, cioè con l’uso in provetta del seme fornito da un maschio ignoto alla coppia omosessuale femminile, o dell’utero di una donna estranea alla coppia omosessuale maschile.

Capricci e desideri che non possono essere contrapposti a quanti non li approvano, rimproverando a questi ultimi di essere vittime di un pregiudizio ideologico di natura religiosa. In realtà, dall’Antico Testamento in giù è carattere ineliminabile del pensiero religioso la sua storicità, cioè il riferimento a una realtà sociale e umana incancellabile e destinata a ripetersi dal passato lontanissimo al presente e al futuro.

Il tempo in cui fu proposto da Dio a Mosè (in Esodo 20, 2-17) il quarto comandamento «Onora tuo padre e tua madre perché si prolunghino i tuoi giorni nel paese che ti dà il Signore, tuo Dio» è un tempo in cui la norma è perfettamente compatibile con la legge naturale, rispettosa della differenza maschio-femmina e accettata senza nessuna difficoltà dal genere umano allora vivente, ma anche da allora fino alle presenti generazioni.

Non si capisce dunque perché oggi debba essere messa in discussione in omaggio a “capricci” e “desideri” del tutto innaturali rispetto a una identità umana che, come ricorda Adriano Pessina, è in sé «polare, cioè insieme maschile e femminile», e in quanto tale fa sì che «la famiglia, con o senza figli, sperimenta nell’unione e nella relazione fra le differenze la complessa articolazione  del nostro essere persone umane». «Onorare il padre e la padre» è il riconoscimento pratico, concreto, antropologico (oltre che storico e sempre attuale) che si nasce soltanto da una donna e da un uomo, senza se e senza ma.

Beppe Del Colle

 

 



SIR | Avvenire.it | FISC

PRELUM Srl - P.I. 08056990016