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E' ora di dire all'Italia la veritàBrutti segnali si sono visti negli ultimi giorni in Parlamento per quanto riguarda l’economia, soprattutto nell’ottica di quel futuro nel quale è ancora lecito attendersi la graduale ripresa di un percorso di sviluppo. L’inizio, ormai evidente, di una campagna elettorale senza esclusione di colpi è gravida di conseguenze perché può rapidamente rendere vani i pesanti sacrifici finora affrontati. Il minacciato declassamento da parte dell’agenzia Standard & Poors ne è un segno evidente. Il motivo della preoccupazione è banale nella sua semplicità: la ricerca del consenso per vincere e per mantenere il potere può fare facilmente leva sulla stanchezza e sulle difficoltà vere sopportate dalle persone. A chi sta soffrendo per i sacrifici, è difficile spiegare che si può rapidamente distruggere un’economia funzionante in un suo equilibrio pur sempre migliorabile, mentre è molto più arduo rimetterla sul sentiero di un processo di sviluppo assente da anni. Grande è quindi la tentazione di interrompere o fortemente mitigare le scelte severe, operate per consentire la necessaria riconversione, nell’intento di acquisire i desiderati voti. E’ triste constatare che, sia pure con qualche differenza di intensità, l’atteggiamento è presente in tutte le forze politiche: anche i cosiddetti miglioramenti apportati a molte proposte di governo, salvo alcuni casi, sono stati in realtà arretramenti rispetto ad una linea politica ottimale. In quest’ottica, proprio il malcontento serpeggiante, incoraggiato da certa stampa dissennata, crea un ideale terreno di cultura perché possano maturare scelte elettorali ben lontane da quelle indirizzate verso il progresso e lo sviluppo. C’è un sostanziale e netto bisogno di verità. Troppe volte, nelle manifestazioni di studenti (non si sa quanto davvero informati correttamente), di parte del sindacato, di alcune componenti del mondo cattolico, assai sensibili al dolore evidente di chi incontra, ma altrettanto disattente alle reali possibilità di porvi rimedio, si sente affermare l’infruttuosità dei sacrifici affrontati, a fronte della stasi o della diminuzione dell’occupazione e della mancata crescita della ricchezza distribuibile. Occorre avere l’onestà di spiegare che nessuno può accelerare un iter per sua natura lungo e complesso e che quindi, perseverando nella linea adottata, lo sviluppo non potrà che essere graduale, anche lento e dilazionato nel tempo. Se di sviluppo vero si vuole parlare; perché di sviluppo apparente se n’é fatta sperimentazione in passato ed è esattamente quello che ha condotto il Paese alla difficile situazione odierna. Troppe volte si odono accuse al perverso sistema bancario che, per fare elevati profitti (dei quali non v’è traccia nei bilanci), praticherebbe tassi di interesse destinati a strozzare investimenti e iniziative. Deve essere compreso intanto che quel sistema deve pagare ogni mese salari a molte migliaia di persone e che una parte non piccola di tali persone non produce reddito bancario, ma deve esperire controlli volti a contrastare illeciti finanziari, operazioni di riciclaggio di danaro sporco, e simili. Anche in questo caso poi è necessario fare capire che fino a quando un Paese è a rischio di non onorare i propri debiti, la necessità di tenerlo in piedi (vedi la Grecia e il Portogallo) obbliga a contrarre ulteriori risorse tornando a indebitarsi; essendo però aumentato il rischio per i potenziali creditori di non riavere i propri quattrini alla scadenza, questi si cautelano chiedendo remunerazioni atte a cautelarli, ovvero tassi di interesse più remunerativi. Ne deriva che il poco risparmio, ancora presente nel sistema, si dirige verso quegli impieghi sottraendo così risorse alla possibilità delle banche di svolgere il ruolo, che sarebbe loro proprio, di finanziare imprese o iniziative diverse se non allineando raccolta e impieghi alle stesse condizioni. Il significato concreto della lotta all’innalzamento dello spread sta tutto qui. E’ chiaro che dire queste cose ad un elettorato non porta molti voti. Il rischio serio è che, come qualche parte ha già iniziato a fare, si dia fiato alle trombe delle facili promesse di togliere tasse, svincolarsi dalle imposizioni europee, dell’assegnare colpe a nemici come la Germania che, semplicemente, hanno adottato prima la via del rigore, per riprendere o acquisire posizioni di dominio. Per l’economia, cessato il governo Monti, peraltro per sua natura destinato a non durare oltre i limiti assegnatigli, i rischi sono molto seri: auguriamoci che chi intende assumersi questa giusta e onorevole responsabilità abbia l’onestà di dire agli italiani la verità tutta intera non alimentando aspettative insostenibili e chiarendo le tappe del cammino da percorrere, ancora molto difficile, per quanto animato da seri motivi di speranza. Giovanni Zanetti
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