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Adozioni internazionali un calo da combattereRidare fiducia nell’adozione, rendendo più praticabile il percorso anche attraverso un dialogo e un sostegno maggiori. Nel nome del bambino, il cui interesse è il fulcro dell’intero processo. E’ questa la sfida lanciata dall’Aibi, l’Associazione amici dei bambini che dal 1986 è impegnata a combattere l’emergenza abbandono. Una sfida che oggi è ancora più ardua, vista la crisi dell’adozione internazionale. Ci aiuta a fare luce su questa complessa quanto delicata realtà il presidente dell’Aibi Marco Griffini. L’adozione internazionale è in crisi per la difficile congiuntura economica? Diversamente da quanto si potrebbe pensare, il motivo principale non è questo. La ragione è invece da ricercare in una cultura negativa nei confronti dell’adozione. Le coppie, infatti, non rinunciano durante l’iter, ma già a priori. Non prendono nemmeno in esame l’idea di adottare un bambino, ritenendo che il percorso sia troppo gravoso. Un muro invalicabile, dovuto a procedure complicate e troppo lunghe. A questo risultato ha portato una cultura vista soltanto dalla parte degli adulti: la “scrematura” della coppia e la verifica della sua preparazione, senza considerare quello che sarebbe il bene del bambino. Ritengo, invece, che la coppia sia una risorsa preziosa e come tale vada valorizzata. La sua idoneità è già insita nel sentirsi “mamma e papà” di un minore abbandonato. Anziché essere selezionati, i futuri genitori vanno presi per mano, accompagnati, aiutati ad affrontare i probabili ostacoli, in modo da riuscire a superarli adeguatamente. Dal 2006, l’anno della svolta, le idoneità all’adozione internazionale dichiarate dai tribunali per i minorenni sono drasticamente diminuite: da 6.273 nel 2006 a 3.179 nel 2011. Da questo dato prende spunto la vostra proposta per una nuova legge dell’adozione internazionale… Certamente. Serve una riforma. Occorre snellire il sistema e rendere l’adozione gratuita per le famiglie meno abbienti. L’idoneità a diventare genitori deve essere sostanziale e data da enti autorizzati e ben identificati: oggi sono troppi e alcuni molto piccoli. Dovrebbero invece essere ridotti ad una ventina e presentare maggiori requisiti di professionalità. Essere, quindi, meglio organizzati e presenti, con più sedi in Italia e strutture all’estero. Questo, peraltro, favorirebbe anche la riduzione dei costi, in base alle logiche di mercato. Quali sono i Paesi più coinvolti nell’adozione internazionale? Russia, Colombia, Brasile e, negli ultimi tre anni, Cina. Le difficoltà che si incontrano all’estero sono di tipo burocratico, legate al numero di viaggi previsto e ai documenti da esibire. La Colombia e la Cina stanno dando buoni esiti. Da un lato l’adozione è in crisi e dall’altro è in crescita il fenomeno dell’abbandono: lo scenario è allarmante... Le stime dell’Unicef indicano che si è passati dai 145 milioni di minori abbandonati nel 2004 ai 168 milioni del 2009. Un quadro così disarmante deve far riflettere e indurre a rilanciare l’adozione. Invece non si fa nulla per addolcire il percorso verso questa soluzione. La situazione è ancora più drammatica se si considera che l’80 per cento dei bambini senza famiglia finisce per infoltire la schiera dei soggetti a rischio: suicidi, delinquenza, prostituzione. Occorre cambiare prospettiva. L’adozione deve essere vista dalla parte del bambino e non come un problema della coppia. Il bambino abbandonato ha diritto ad essere adottato. Come si presenta la realtà delle adozioni nazionali? Da alcuni anni il numero si aggira intorno alle mille adozioni all’anno, e non tende ad aumentare. Ad ottobre il Tar del Lazio ha accolto il nostro ricorso contro il ministero della Giustizia per la realizzazione della Banca dati dei minori adottabili. Tale Banca dati, che deve essere attivata entro la fine del 2012 e aggiornata con cadenza trimestrale, prevede la messa in rete da parte dei 29 tribunali italiani dei minori di un database relativo ai bambini dichiarati adottabili nonché ai coniugi aspiranti all’adozione nazionale e internazionale, con indicazione di ogni informazione utile a garantire l’adozione in breve tempo. Grazie a questa sentenza, si aprono possibilità concrete per dare una famiglia adottiva a tutti i bambini abbandonati. E si svilupperebbe un fronte nuovo: quello delle coppie miste, pensiamo alle italoamericane, che desiderano prendersi cura di un minore italiano. Il nostro timore ora è che il ministero di Giustizia ponga ancora qualche ostacolo. Cosa fare per contrastare l’abbandono? Debellare i miti culturali di cui sono schiavi i bambini abbandonati e che di fatto ostacolano l’adozione. Il primo è rappresentato dal retaggio, fortemente radicato, secondo cui il bambino che è assistito non è più considerato abbandonato e quindi può fare a meno di una famiglia. Il secondo è quello della famiglia d’origine, verso cui subentra una falsa pietà: anche se papà e mamma non sono più in grado di educare il figlio, il minore ne è comunque ostaggio e viene “usato” come cura terapeutica. La verità è che non si guarda alla risoluzione migliore per il bambino. Nel vostro manifesto si parla di «accoglienze innovative»: cosa sono? Si tratta di quattro proposte. La prima è riconoscere la kafala come affidamento preadottivo per permettere ai numerosi minori orfani originari di Paesi con legge coranica, dove non viene pronunciata l’adozione, di diventare figli legittimi. Le altre riguardano l’introduzione di vacanze estive per promuovere l’adozione dei bambini più grandi e l’introduzione dell’affidamento internazionale per accogliere i minori dei Paesi in emergenza umanitaria e togliere i bambini dagli istituti, sia come misura temporanea sia in vista di un successivo progetto adottivo. Infine, riconoscere i provvedimenti, pronunciati in Paesi che hanno ratificato la Convenzione de L’Aja del 1993, che prevedono il mantenimento e l’adozione del nascituro durante la gestazione, sotto il controllo dell’autorità giudiziaria. Noi la chiamiamo “l’adozione in pancia” ed è uno strumento di prevenzione dell’aborto: il feto al momento della sua gestazione viene ritenuto adottabile, ma la conferma della sentenza di adozione si ha solo alla sua nascita con la decisione della madre. A che punto è la vostra proposta di legge? Abbiamo attivato una campagna di sensibilizzazione che sta riscuotendo parecchio interesse. Al momento il manifesto è già stato sottoscritto da quasi 10 mila persone. Lo presenteremo al nuovo Parlamento. Da quando abbiamo avviato la raccolta firme, molte coppie si sono rivolte a noi con l’idea di ritentare l’iter dell’adozione. Un segnale incoraggiante… Quale consiglio dare alle coppie che desiderano adottare un bambino? Mai fermarsi davanti alle difficoltà. Il bambino abbandonato attende di essere accolto in una famiglia e non perde la speranza. Non la devono perdere neanche le coppie, ma tenerla viva e non arrendersi. Chi vuole adottare un bambino deve poterlo fare. L’adozione è un diritto naturale. E’ il più grande atto di giustizia che una coppia possa fare. Sarah Tavella
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