Redditest: a cosa può servire?

Redditi bassi e spese milionarie. In attesa del nuovo redditometro che debutterà il prossimo anno, l’Agenzia delle entrate ha lanciato il Redditest, un nuovo software per misurare la fedeltà fiscale dei contribuenti italiani: una prova anonima per controllare se le proprie spese sono in linea con gli importi indicati nella dichiarazione dei redditi.

Spese per la casa, quelle per le utenze, per i trasporti, per le assicurazioni, il tempo libero, la cura della persona, le vacanze e gli investimenti. Tante le voci prese in esame dall’occhio elettronico. Così chi è a rischio potrà cominciare a darsi una regolata. Basta collegarsi al nuovo sito http://redditest.agenziaentrate.it/ e scaricare il software direttamente sul pc senza lasciare tracce nella Rete. Sono tante le risposta da fornire. Si comincia con il nome, che può anche essere di fantasia per garantire l’anonimato del contribuente, la composizione della famiglia e il Comune di residenza. Si passa poi alle cento voci di spesa indicate dall’Agenzia delle entrate, raggruppate in sette macrocategorie: abitazione, mezzi di trasporto, assicurazioni e contributi, istruzione, tempo libero, cura della persona, spese varie, investimenti mobiliari e immobiliari netti.

Ma sono tante anche le domande: dalla classe energetica dell’abitazione (presente sull’atto di acquisto o nella misura catastale), ai mezzi di trasporto posseduti, dall’energia elettrica alla telefonia. Vengono quindi prese in esame eventuali assicurazioni e contributi volontari. Una sezione particolare è dedicata alle apparecchiature elettroniche: televisori, lettori Dvd, home theater ma anche pc, portatili e tablet. E per chi è separato c’è anche la voce «assegni periodici corrisposti all’ex coniuge», in cui deve essere inserito l’importo destinato appunto all’ex coniuge.

«Si tratta di uno strumento fortemente innovativo, che migliora quello degli anni ’80», ha spiegato Attilio Befera, direttore dell’Agenzia delle entrate, nel corso della presentazione del Redditest. «L’innovazione sta nel fatto che il fisco mette a disposizione un software di autodiagnosi fiscale che precede il redditometro vero e proprio e consente, prima di presentare la dichiarazione, di capire la propria situazione. È bene che i cittadini capiscano che non è strumento di repressione e di controllo, bensì di aiuto».

Se la differenza tra spese e reddito dichiarato è superiore al 20 per cento c’è qualcosa che non va. E, una volta arrivato il redditometro, il fisco potrebbe bussare alle porte di casa. L’indagine comunque non sarà automatica. Il contribuente può fornire spiegazioni e risolvere la questione tramite contraddittorio. Solo in caso di mancato accordo sarà emesso l’atto di accertamento. «Siamo sicuri che ci sono margini di miglioramento», ha aggiunto Befera. «Non si vanno a ricercare i singoli beni, ma si vuole controllare tutte le spese. Non cerchiamo la piccola evasione, ma quella media. E da questo strumento non è colpito il grande evasore, ma l’evasione di massa. Il problema sorge solo quando ci sono grandi differenze e spese significative».

Ma il Redditest servirà davvero a combattere l’evasione fiscale? L’abbiamo chiesto a Carlo Garofolini, presidente dell’associazione dei consumatori Adico.

Redditest. Cosa ne pensa? È davvero utile?

È giusto che esista uno strumento tecnologico che permetta alle persone di capire che rapporto hanno con il fisco. Ma di certo non si tratta di uno strumento utile per colpire gli evasori. In questo modo, infatti, si rischia di mettere in difficoltà ancora una volta i lavoratori dipendenti e coloro che comunque già pagano le tasse. Per i consumatori il provvedimento davvero utile dovrebbe essere la possibilità di scaricare dalla dichiarazione dei redditi gli scontrini e le spese per i professionisti, come elettricisti e idraulici, cosa che, peraltro, è stata chiesta da tempo dalle associazioni dei consumatori. Entrambe le detrazioni, infatti, oltre che agevolare i cittadini, li stimolerebbero a chiedere sempre la regolare fattura di pagamento sia per gli acquisti in negozio che per le prestazioni professionali a domicilio: un modo insomma per far pagare le tasse a tutti.

Qual è dunque, la funzione del Redditest?

Diciamo che si tratta soprattutto di uno strumento di pressione psicologica, poiché non ha alcuna conseguenza, è completamente anonimo e i dati non vengono acquisiti. È un’autovalutazione che dovrebbe spingere le persone a essere più disponibili a dichiarare e dovrebbe incentivare a tenere sotto controllo le entrate, più che le spese. Dalle simulazioni sarebbero almeno 4 milioni i contribuenti incoerenti. Incoerenti, non evasori. C’è una bella differenza. Moltissime persone, per esempio, oggi pagano a rate e spalmano spese onerose in più anni successivi.

Quali gli altri problemi posti da questo nuovo strumento?

Innanzitutto la maggior parte degli italiani non usa internet. E poi per fare una compilazione di questo tipo non esistono strumenti semplici. I consumatori che vogliono provare devono investire tempo ed energia e sono già tante le chiamate che sono arrivate alla nostra associazione per chiedere aiuto nella compilazione. Anche lo stesso principio della verifica è sbagliato. Non bisogna colpevolizzare nessuno. La compilazione della dichiarazione avviene sempre secondo il principio della buona fede. L’Agenzia delle entrate è già in grado di stabilire chi evade senza dover mortificare i cittadini onesti.

E che dire del redditometro?

Da quello che ho potuto leggere finora mi sembra che sia stato fatto di tutto per farne uno strumento adeguato. L’amministrazione finanziaria ha poi sostenuto che sarà introdotto gradualmente e ascoltando le ragioni del contribuente. Ma tra le buone intenzioni e la realtà c’è una grande differenza. Vedremo cosa accade con gli uffici periferici che hanno obiettivi da raggiungere in fretta. Sicuramente con questi strumenti c’è una forte incursione nelle spese del cittadino comune: redditometro, spesometro, accesso ai conti correnti, tetto per l’uso del contante, tracciabilità dei pagamenti. L’anagrafe tributaria avrà a sua disposizione tantissimi dati. Così però si va a finire che il fisco chiede al contribuente cento volte le stesse cose che sa già.

In che modo sarebbe possibile invece intervenire contro chi evade?

Con tutte le banche dati italiane e internazionali, la tracciabilità dei pagamenti e le comunicazioni telematiche, che ormai sono continue, con le banche che hanno sede nei cosiddetti “paradisi fiscali”, basta pochissimo per sapere chi evade, quanto e come. Terrorizzare tutti in modo indiscriminato mi sembra ingiusto. Senza contare che sono tanti i cittadini in regola che si trovano a dover pagare multe esose per aver soltanto sbagliato un codice nel corso della compilazione della dichiarazione dei redditi, o addirittura a ricevere “cartelle pazze” per qualcosa che magari non hanno neppure fatto. E poi il rigore, tanto richiesto nella riscossione delle entrate, dovrebbe essere attuato anche nella riduzione delle spese pubbliche. Ma, chissà perché, tutti i provvedimenti che il governo vuole attuare in questo senso vengono sempre bocciati dalle Commissioni parlamentari.

Cristina CONTI

 



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