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Primarie e governo del futuro
Tempo di primarie per il centro-sinistra e per il centro-destra. Quelle del centro-sinistra sono già state definite nelle procedure e si terranno domenica prossima, 25 novembre. Cinque i candidati in corsa: il segretario del Pd Pier Luigi Bersani, il sindaco di Firenze Matteo Renzi, il presidente della Puglia e leader di Sinistra e libertà, Nichi Vendola, l’assessore al Bilancio a Milano nella Giunta Pisapia, Bruno Tabacci, e la consigliera regionale del Veneto, Laura Puppato. Se nessuno dei cinque contendenti otterrà la maggioranza assoluta dei votanti, si andrà, domenica 2 dicembre, al ballottaggio tra i due più votati. Non si tratta di primarie interne tra gli iscritti del Partito democratico, ma di una consultazione allargata a tutti i cittadini che si riconoscono nel centro sinistra per indicare il leader del governo (o dell’opposizione) nelle vicine elezioni politiche del 2013. Il confronto tra i cinque candidati nei vari tour per l’Italia, in una dialettica non priva di asprezze e nella quale i problemi degli schieramenti e delle alleanze hanno preso il sopravvento riducendo i programmi di governo a dichiarazioni generiche, non è stato però privo di interesse, perché ha rivelato un centro-sinistra più vivo e costruttivo di quanto molti politologi avevano immaginato e scritto sui mass media. Indipendentemente dal risultato che si avrà domenica, la scommessa delle primarie è stata quindi vinta e se la partecipazione nei 9 mila seggi che sono stati allestiti ( saranno aperti dalle 8 alle 20 con gli elettori che dovranno sottoscrivere un appello, iscriversi nell’apposito albo e versare 2 euro) sarà consistente, l’indicazione dell’eventuale leader della coalizione di governo dovrebbe risultare ulteriormente rafforzata dal consenso popolare. Questo non deriva dalle manovre dei vertici del Pd, il partito che maggiormente si è esposto nel volere queste primarie. Senza togliere nulla alle candidature di Tabacci e della Puppato, che con la loro partecipazione esprimono tendenze, umori, sensibilità, progetti ben presenti all’interno del centro-sinistra e che vanno aldilà della strategia di un partito fortemente organizzato come il Pd, e ritenendo quella di Vendola espressione di una sinistra differenziata in più punti dalla linea di Bersani, la sfida per la leadership del centro-sinistra si gioca tra il segretario del Pd e il sindaco di Firenze. Ma sarebbe sbagliato ritenere che la partita si traduca in un confronto tra il giovane, Renzi, che vuole «rottamare» l’attuale gruppo dirigente del partito (a cominciare da quelli con parecchie legislature alle spalle) e il “vecchio”, Bersani, alla testa di un partito burocratizzato, con tentazioni ancora egemoniche, che non vuole lasciare la scena. Certo, non sono mancate intemperanze in questa direzione, specie da parte di Renzi all’inizio del suo viaggio col camper, e difese altrettanto intemperanti della propria storia politica personale da parte di non pochi leader del partito, come D’Alema, ma il confronto tra i due candidati ci sembra abbia dimostrato non tanto una diversa linea politica (più che legittima in un partito che si dice pluralista) quanto un approccio più articolato nei confronti dei cittadini (con Renzi che sembra sollecitare l’attenzione di quegli elettori delusi del centro-destra ma che ancora non hanno deciso dove collocare il loro voto, e con Bersani che vuole garantire con la sua linea anche quei cittadini tentati dalle frange massimalistiche). Per entrambi sono i contenuti che dovranno caratterizzare il centro-sinistra nella sua azione di governo. Di qui la scelta di entrambi i contendenti di dichiarare esaurita l’esperienza del governo Monti (pur riconoscendo la positiva del lavoro svolto dal premier, che ha ridato credibilità all’Italia). Di qui anche il rinvio di entrambi a definire le alleanze programmatiche di governo a primarie concluse. Renzi ha dichiarato di non ritenere compatibile con il suo progetto politico non solo Sinistra e libertà ma anche l’Udc. Bersani invece intende coinvolgere Vendola ed è più cauto nei confronti di Casini. Non facciamo pronostici sull’esito delle primarie. Se Renzi o Bersani avranno la maggioranza assoluta domenica, forse potrebbe esserci qualche ripercussione all’interno del Pd nell’assetto degli organi dirigenti (Bersani ha già dichiarato che, quale sia il risultato, non si candiderà per la segreteria al congresso che si terrà dopo le politiche), ma dovrebbe meglio definire la strategia del centro-sinistra. Se si andrà al ballottaggio il 2 dicembre, in una situazione di quasi parità tra i due sfidanti, potrebbero porsi alcuni problemi. Per il successo di Bersani diventerebbero determinanti i consensi confluiti su Vendola, che ha escluso categoricamente ogni intesa con l’Udc e che ha accentuato i suoi giudizi negativi sul governo Monti e sui provvedimenti adottati fino a firmare alcuni referendum abrogativi. Renzi, se vuole essere coerente con le sue dichiarazioni, dovrà invece chiarire qual è l’elettorato moderato cui si rivolge. Quello di Futuro e libertà di Montezemolo, che nei giorni scorsi ha tenuto la sua convention decidendo di partecipare alle politiche? Sia che vinca Bersani, sia che prevalga Renzi, per il centro-sinistra si porrà comunque il problema della legge elettorale, in sostituzione dell’attuale porcellum, che il presidente della Repubblica ha nuovamente sollecitato e che diverrà comunque urgente se le elezioni politiche si terranno l’11 marzo (in concomitanza con le elezioni regionali in Lombardia, Lazio e Molise, già fissate dal governo) con conseguente scioglimento delle attuali Camere a metà gennaio. Il tempo quindi si fa molto stretto e se non si scioglierà il nodo del premio di maggioranza (al partito che si classificherà al primo posto o alla coalizione di governo che dovrà essere dichiarata prima del voto?) c’è il rischio non solo che salti l’election day, ma resti in vigore l’attuale sistema di voto. C’è inoltre il problema del dopo Monti, sollecitato a continuare nella sua attività di governo da diverse voci, dall’Udc al movimento di Montezemolo, a parti consistenti del mondo cattolico, mentre ben diversa è finora la posizione del centro-sinistra. Probabilmente una nuova legge elettorale potrebbe far decidere Monti in un senso o nell’altro. Abbiamo accennato all’inizio di questo articolo alle primarie annunciate dal centro-destra. Si faranno, a quanto ha deciso il vertice del Pdl, e ci sono anche i candidati, ben 11, a cominciare da Angelino Alfano, decisi a presentarsi. Ma non si conoscono ancora i tempi e le modalità di queste primarie, che dovrebbe sancire l’uscita di scena di Silvio Berlusconi (ma ci sarà?) e definire non solo il programma di governo, ma anche le alleanze del centro-destra (con la Lega o con altre formazioni: Casini, Montezemolo, Giannino?). Forse l’esito delle primarie del centro-sinistra potrebbe aiutare a sciogliere i diversi nodi politici che finora sono sempre più aggrovigliati. Con piena soddisfazione del Movimento “Cinque stelle” che sta alla finestra. Ma i grillini non hanno bisogno di primarie, almeno per ora. Antonio AIRO'
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